The Wailing

The Wailing

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Presentato fuori concorso al Festival di Cannes, The Wailing è un film dal cuore nerissimo: intenso, ingannevole, spietato, questo thriller dai risvolti orrorifici non spreca un secondo dei suoi centocinquantasei minuti, imboccando ben presto sentieri inattesi. Notevole il cast: Kwak Do-won finalmente in un ruolo di primissimo piano, il “giapponese” Jun Kunimura, il solito gigioneggiante Hwang Jeong-min, la “ragazza senza nome” Woo-hee Chun.

Il Male

La placida quotidianità di un villaggio coreano è turbata da una serie di omicidi, violentissimi e inspiegabili. La piccola comunità rurale piomba nel caos e nel terrore: la presenza di un anziano viandante giapponese che abita tra i boschi attira l’attenzione degli abitanti del villaggio, tra sospetti, illazioni e superstizioni. Di fronte all’incompetenza della polizia locale, incapace di trovare l’assassino o di fornire una spiegazione sensata, alcuni abitanti chiedono aiuto a uno sciamano… [sinossi]

Prima The Chaser. Poi The Yellow Sea. Adesso The Wailing. Fatti due conti, Na Hong-jin è oramai una certezza, un nome da seguire passo dopo passo, da pedinare senza esitazioni.
Presentato fuori concorso al Festival di Cannes, The Wailing è un film dal cuore nerissimo: intenso, ingannevole, spietato, un thriller dai risvolti orrorifici che non spreca un secondo dei suoi centocinquantasei minuti, imboccando ben presto sentieri inattesi. La sceneggiatura di Na cambia rotta più volte, mescola le carte, smonta le nostre certezze e quelle del protagonista, mutando pelle e genere.
Si sorride in The Wailing: per l’inadeguatezza della polizia, uno dei punti fermi del cinema sudcoreano, e per alcune sequenze che declinano con beffarda ironia la messa in scena della violenza, del sangue, della morte. Poi il sorriso diventa amaro, mentre il povero Jong-goo cerca di capire, cerca disperatamente di capire: il colpevole, i colpevoli, il confine tra Bene e Male… ma Na Hong-jin ha architettato un mistery densissimo, e così la disperazione della detection diventa anche nostra. E ci si può anche commuovere. Che finale, The Wailing. Con quel dolore palpabile, con una sequenza che sembra quasi un melò, mentre si cerca ancora di capire. Disperatamente. The Wailing ha davvero un cuore nerissimo.

Alla terza regia e sceneggiatura, ben sei anni dopo The Yellow Sea, Na Hong-jin sembra partire dall’archetipo dei thriller della New Wave sudcoreana, l’imprescindibile Memories of Murder (2003) di Bong Joon-ho, per poi superare agevolmente le barriere del genere. Sulla carta, un’operazione assai rischiosa. Ma è nella coesistenza dei generi, nella capacità di accumulare suggestioni non solo orrifiche ma anche sovrannaturali, che The Wailing si rivela sorprendente: Na riesce a tenere a bada le possibili derive grottesche, affidando al personaggio del poliziotto Jong-goo il ruolo di trait d’union tra i piani narrativi.
A calarsi perfettamente nel ruolo del poliziotto di campagna Jong-goo, pacioccone e apparentemente inadeguato, è il caratterista Kwak Do-won (The Attorney, The Man from Nowhere). Sulle sue spalle Na carica tutti i detour razionali e irrazionali. Nelle due sequenze più dilatate (il rito sciamanico e l’attesa della mattina), quando deflagra drammaticamente il dubbio, Jong-goo si rivela non solo il catalizzatore emotivo della pellicola, ma un vero e proprio doppio spettatoriale, un osservatore interno/esterno.

Ancora una volta, a parte il plus valore della scrittura e della regia di Na (l’inquietudine strisciante delle sequenze oniriche, la messa in scena dei delitti, la potenza visiva e tragica del rito sciamanico), l’industria cinematografica sudcoreana mette in mostra l’inscalfibile solidità delle sue fondamenta tecnico-artistiche, a partire dal livello del cast – il “giapponese” Jun Kunimura, il solito gigioneggiante Hwang Jeong-min, la “ragazza senza nome” Woo-hee Chun. L’eccezionalità di Na Hong-jin, a differenza di altri talentuosi registi come Kim Jee-woon (I Saw the Devil, The Good, the Bad, the Weird) o Park Hoon-jung (New World, The Tiger), è nella capacità di saper tenere sotto controllo la struttura narrativa, di lavorare di sottrazione anche quando la pellicola accumula suggestioni, di lasciare decantare le immagini anche quando il ritmo è incessante. E di essere, senza esitazioni, crudele.

Info
La scheda di The Wailing sul sito del Festival di Cannes.
Il trailer originale di The Wailing
La conferenza stampa cannense di The Wailing.
The Wailing sul sito del Kofic.
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