Settimana della Critica 2016 – Presentazione
Dopo l’edizione del trentennale si riparte da Giona Nazzaro, nuovo delegato generale, e da un gruppo di esordi anarcoidi e furiosi. Il resoconto della presentazione della Settimana della Critica 2016, svoltasi come da tradizione a Roma.
La presentazione capitolina della Settimana della Critica 2016, trentunesima edizione della sezione collaterale della Mostra dedicata alle opere prime, apre come d’abitudine la corsa alla conferenza stampa nella quale verrà svelato il programma completo della kermesse lagunare. L’edizione numero trentuno della SIC segna un punto di svolta a suo modo epocale: dopo dieci edizioni il delegato generale non è più Francesco Di Pace, che ha concluso il suo mandato nel settembre del 2015, con la vittoria di Tanna, film prodotto da Vanuatu e Australia e diretto da Martin Butler e Bentley Dean, ma la mansione è passata a Giona Nazzaro, coadiuvato nel compito da una commissione di selezionatori composta da Luigi Abiusi, Alberto Anile, Beatrice Fiorentino e Massimo Tria. La missione della Settimana della Critica è però rimasta immutata: cercare di trovare un senso al cinema contemporaneo attraverso gli esordi, con sette opere presentate in concorso e un’apertura e una chiusura escluse dalla competizione.
In attesa di poter entrare nel merito del lavoro portato a termine da Nazzaro e dalla sua squadra (e per questo sarà necessario attendere le giornate lidensi), è interessante notare la novità riguardante i cortometraggi italiani che accompagneranno le proiezioni dei lunghi: sette lavori sulla breve distanza diretti da giovani registi e aperti alle derive più disparate, dalla finzione narrativa al documentario, dal film saggio alla sperimentazione. A far da cappello a questo nugolo di lavori (alcuni titoli: Atlante 1783 di Maria Giovanna Cicciari, Colazione sull’erba di Edoardo Ferraro, Era ieri di Valentina Pedicini) un corto diretto da Marco Bellocchio, Pagliacci, prodotto dalla Kavac Film insieme a Fare Cinema, i corsi estivi di Bobbio curati da anni dal regista piacentino.
Non sembra casuale la scelta di ospitare anche un breve lavoro di Bellocchio, un autore che ha fatto della ricerca del “nuovo” (termine la cui interpretazione può aprire le vie più diverse e ramificate) il punto cardine della propria filosofia, non solo sotto l’aspetto meramente educativo. E il nuovo è anche ciò che si attende dai nove titoli scelti per dare vita alla Settimana della Critica 2016, consci di quanto sia arduo pretendere dal cinema uno shock, e la certezza di trovarsi di fronte a qualcosa di mai visto prima. Meglio allora avvicinarsi a questi nove giorni all’interno della Mostra – e la SIC negli ultimi anni si è consolidata come la realtà più interessante e, perché no, teorica, dell’intero festival – con la speranza di potersi imbattere in un gesto cinematografico forte, consapevole, non appiattito su logiche produttive stanche o seriali, ma in grado di approcciarsi alla Settima Arte con sguardo indipendente, imbastardito, anarcoide.
L’impressione, nel passare in rassegna i titoli selezionati, è che la strada intrapresa possa essere quella giusta. Dalle Filippine arriva Singing in Graveyards di Bradley Liew, con protagonista quel Pepe ‘Joey’ Smith che fu tra i membri dell’anfetaminica rock band giapponese Speed, Glue & Shinki (per chi ignorasse di cosa si sta parlando, il consiglio è quello di recuperare il fondamentale Japrocksampler di Julian Cope, o almeno di recarsi sul sito dedicato); il Canada risponde con Prank di Vincent Biron, commedia grottesca all’apparenza fuori controllo, così come lo slasher-movie Prevenge della britannica Alice Lowe, scelto come apertura della SIC, o Are We Not Cats dello statunitense Xander Robin, che invece la chiuderà. Il titolo italiano, su cui com’è inevitabile si riversava gran parte della curiosità della stampa presente alla Casa del Cinema, è Le ultime cose, esordio nella finzione della documentarista Irene Dionisio, un film che chiude un ideale trittico di opere prime “estive” con Un figlio di Suranga Deshapriya Katugampala (in concorso solo poche settimane fa a Pesaro) e The Challenge di Yuri Ancarani, che sarà invece presentato a Locarno a inizio agosto.
Un’analisi più accurata della selezione potrà essere possibile solo durante la Mostra, come scritto in precedenza, ma il programma della Settimana della Critica, di cui Quinlan è per il terzo anno consecutivo media partner, promette di non deludere. A tal proposito, l’oggetto del mistero è senza dubbio Drum di Keywan Karimi, regista iraniano di origini curde condannato lo scorso febbraio a un anno di prigione, 223 frustate e al pagamento di una multa di 20 milioni di rial – quasi 600 euro – per “offesa alla sacralità islamica”; lui a Venezia non potrà essere ovviamente presente, ma il suo film supererà i confini di una legge folle, per raggiungere il pubblico. Forse il segno dei tempi, e del ruolo dell’arte, sta tutto qui.