Torino 2016 – Presentazione
David Bowie che si muove sul palco è l’immagine scelta per Festival di Torino 2016, un omaggio che è anche dichiarazione di intenti. Tra passato punk e futuro che è forse a sua volta passato. Come il cinema.
David Bowie è ancora in scena, nel manifesto di Torino 2016 tratto da Absolute Beginners di Julien Temple, così presente sotto la Mole negli ultimi anni da essere “costretto” a rimanerne fuori proprio durante la retrospettiva dedicata al punk…Quello proposto dalla trentaquattresima edizione del festival torinese non è però solo un omaggio a uno dei tanti, troppi artisti venuti a mancare nel corso di quest’anno, ma anche il simbolo di ciò che il TFF ambisce a essere, il punto di incontro tra passato, presente e futuro del cinema, tra ciò che è stato, ma resiste ancora nelle immagini sullo schermo, ciò che è e forse potrà essere – quel concorso aperto solo a opere prime, seconde e terze. Una dichiarazione di intenti che trova una ulteriore conferma nella selezione presentata come d’abitudine alla stampa romana in mattinata e a quella sabauda nel tardo pomeriggio. Il qui e ora della Torino 2016 è un non-luogo/ogni-luogo che va dai Ta’ang in fuga dalla guerra civile del film di Wang Bing (già presentato alla Berlinale e ospitato nel ricco fuori concorso della sezione TFFdoc, accanto tra gli altri agli affascinanti Wrong Elements di Jonathan Littell e Colossale sentimento di Fabrizio Ferraro, e agli otto minuti di La Femme aux cent visages di Jean-Daniel Pollet, anno domini 1966) fino agli spazi siderali, magari quelli raccontati dai classici più o meno noti della fantascienza, presenti nella seconda parte della retrospettiva dedicata al genere e intitolata “Cose che verranno. La Terra vista dal cinema”.
La formula del Torino Film Festival non è cambiata nel corso degli anni, almeno da quando le redini, prima come vicedirettrice e ora come direttrice, le tiene Emanuela Martini; i lettori di Quinlan, gli spettatori torinesi e il nugolo di accreditati e addetti ai lavori, sanno dunque benissimo cosa aspettarsi. Sfogliare il programma del festival non significa andare alla ricerca di qualcosa di ignoto, ma scoprire quali film sono stati selezionati, quali autori torneranno una volta di più sugli schermi del cinema Massimo, del Reposi, del Lux, quali gemme del passato sarà possibile (ri)vedere in copie a volte restaurate – e a volte restaurate bene o male – e a volte no. Dal concorso al già citato TFFdoc, passando per Onde e Festa Mobile per approdare dalle parti del sempre più corposo Afterhours, osservare il futuro/passato attraverso gli occhi dello sci-fi e gettarsi a capofitto nell’epopea punk; eccolo il programma di Torino 2016, kermesse che cerca ogni anno di trovare la postura adatta per accudire i cinefili di stretta osservanza – quest’anno c’è anche un omaggio a Haroun Farocki, lavorato da Onde insieme alla fondazione Sandretto Re Rebaudengo – senza dimenticare il pubblico, così folto e appassionato da rendere il festival un’anomalia, soprattutto se si considera la natura generalista dell’evento.
Perché per poco più di una settimana Torino si trasforma nell’epicentro di un microcosmo che vede ancora nel cinema quel che spesso non gli viene più attribuito: il compito di raccontare il mondo senza appiattirsi su un’unica immagine possibile che lo rappresenti. Modificando le forme, traviando i contenuti, reinventandosi di volta in volta per poter (r)esistere anche oltre il proprio tempo. Diventare immortali. C’è Intolerance di David W. Griffith che compie cento anni, e accanto a lui giovani virgulti del futuro; ci sono gli adolescenti di quarant’anni fa, che abbandonavano le famiglie borghesi per un’etica punk che fu presto commercializzata, e in gran parte svilita, e ci sono gli adolescenti di oggi, i bambini di oggi. Ci sono autori che tutto il mondo celebra (e chi se lo fosse perso a Berlino potrà recuperare lo stupendo A Lullaby to the Sorrowful Mystery del recente Leone d’Oro Lav Diaz; ma poi anche, per rimanere in area orientale, i nuovi Sion Sono, Garin Nugroho, Kiyoshi Kurosawa…) e nomi di culto, che è diventato abituale incontrare dalle parti della Mole Antonelliana. Uno su tutti? Sébastien Betbeder, presente al festival con ben due titoli: Marie et les naufragés e Le Voyage au Groenland, visto in ACiD all’ultimo Festival di Cannes.
Senza badare troppo alle categorie di riferimento (un festival pop? Può essere… Un festival d’essai? Anche, perché no…) Torino 2016 si presenta agli spettatori ancora una volta come un evento-monstre, in cui sarà difficile divincolarsi tra un film e l’altro, scappando da una sala a rotta di collo fino all’altra, pronti ad affrontare notti al Massimo – con l’horror – e al Reposi – con il punk – nutrendosi a cornetti e caffè tra i titoli di coda di un film e quelli di testa del successivo. Abitudini che altrove si sono oramai perse, o non ci sono mai state, ma che fanno di Torino un punto di svolta, a un passo dalla fine dell’anno. E dall’arrivo del futuro. Visto dalla Terra, ma soprattuto dal cinema.