Kingsman – Il cerchio d’oro

Kingsman – Il cerchio d’oro

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Mirabolante spy-action, Kingsman – Il cerchio d’oro raddoppia compulsivamente l’eccentricità del precedente capitolo, tanto da far pensare che questa ossessiva ricerca dell’imprevedibile non porti ad altro che a una scoppiettante prevedibilità.

Non sono ancora maturo per il secondo ‘ri-vedere’

Quando il loro quartier generale viene distrutto e il mondo è tenuto in ostaggio, la missione dei Kingsmen li porta a scoprire un’organizzazione di spie alleata, basata negli Stati Uniti, chiamata Statesman e precedente alla formazione dei Kingsmen. In una nuova avventura che testerà la forza e l’arguzia degli agenti ai limiti estremi, queste due organizzazioni d’elite si uniranno per combattere contro il nemico comune per salvare il mondo… [sinossi]

È tutto giocato sul raddoppiamento Kingsman – Il cerchio d’oro, secondo film di Matthew Vaughn dedicato ai sarti agenti segreti nati dal fumetto di Mark Millar. Un raddoppiamento che non è solo quello di un sequel mascherato, visto che non poche sequenze chiave e l’idea narrativa del film sono mutuate dal capitolo originale Kingsman – Secret Service, quanto anche dalla trovata – divertente in partenza, ma a conti fatti sprecata – della speculare moltiplicazione di spie: i Kingsmen infatti, una volta attaccati e semi-distrutti, si rendono conto che oltre a loro esistono degli altri agenti segreti privati che non sono al servizio di nessuno Stato, gli americani Statesmen; e questi come copertura utilizzano il business del whisky al posto di quello della moda.

Il copione dell’imprevedibilità a tutti i costi, che connota la filmografia di Matthew Vaughn (basti citare Kick-Ass) come anche di altri esponenti del neo-action contemporaneo (si pensi a Guy Ritchie), finisce dunque – anche a seguito della pigra scelta di adagiarsi sull’idea del duplicato – per risultare pericolosamente prevedibile.
Non solo la cattivona Julianne Moore ha un obiettivo sostanzialmente identico a quello che aveva Samuel L. Jackson nel capitolo precedente, perseguendolo più o meno con le stesse modalità, ma anche la soluzione del rifugio in una giungla del Sud Est asiatico, oltre ad aver troppo il sentore dell’Apocalypse Now coppoliano, appare una stravaganza che resta inerte e astratta, se non per l’appunto ancora nel segno del raddoppiamento. E allora, visto che mettere a confronto americani e inglesi fa sempre molto ridere (ma solo agli americani e agli inglesi), ecco un’altra “trovatina” che si va ad accumulare alle altre: la rozzezza del lazo statunitense contro l’eleganza del completo britannico (Statesmen contro Kingsmen), l’iperrealismo pseudo-hopperiano dei diner nella giungla in contrapposizione al british kitsch-pop di Elton John (che è stato rapito e viene costretto a esibirsi per la Moore), e così via.

Certo, ci si diverte vedendo Kingsman – Il cerchio d’oro, ma ogni volta, a ogni sequenza – prima di fronte all’ennesimo tentativo di replicare la rissa nel pub che veniva sfruttata già due volte nel primo episodio, poi di nuovo nel fare i conti con l’assenza dalla scena di Colin Firth, e infine nel giocare con la prova estrema dell’annegamento – si ha la sensazione del déjà-vu, di quello stesso déjà-vu che Vaughn sembra voler rifuggere più di ogni altra cosa, spingendo sempre più il pedale non sull’eccesso (che sarebbe pure un bene), quanto sull’eccentrico fine a se stesso.

Va a finire che l’aspetto più riuscito di Kingsman – Il cerchio d’oro sia la messa in scena di un presidente americano completamente idiota, criminale nel suo voler abbattere il narcotraffico (spera che la popolazione mondiale venga effettivamente decimata in seguito al virus fatto inoculare da Julianne Moore), volgare e tronfio. E ogni riferimento a Trump è assolutamente non casuale.
Ma questo dettaglio – che ci permette di vedere il presidente degli USA allearsi con il Male non tanto perché si è segretamente accordato con esso quanto perché è semplicemente beota – ci costringe forse a ‘rigirare’ concettualmente Kingsman – Il cerchio d’oro. E se, allo stesso modo di come Trump è purtroppo il più alto rappresentante della vera-posticcia politica contemporanea, fosse questo il vero cinema contemporaneo?
Un cinema che punta all’esplosione incontrollata dei suoi materiali e che si bea dello spreco di se stesso e dei suoi spunti (raramente si è visto, ad esempio, un Jeff Bridges così male utilizzato). Un cinema che trova il suo ultimo senso nella piroetta pirotecnica: nel primo episodio esplodevano teste, qui prima di morire si comincia a ballare per via di una sorta di effetto galvanico. Un senso del nonsense.

Info
Il trailer di Kingsman – Il cerchio d’oro su Youtube.
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