Insyriated

Insyriated

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Impeccabile quanto programmatico, Insyriated di Philippe Van Leeuw scuote la nostra coscienza civile, ma lascia un po’ troppo trasparire l’essere il frutto delle accorte macchinazioni del suo autore. Alla Festa del Cinema di Roma.

Nella tela del ragno

L’energica Oum Yazan cerca disperatamente di tenere insieme la propria famiglia mentre fuori imperversa la guerra. Dall’esterno penetra nella sua casa il frastuono delle bombe e dei mitra. C’è acqua a malapena e uscire rappresenta un pericolo costante a causa dei cecchini sui tetti. Nella casa Oum ospita una giovane coppia con un bambino, il cui appartamento è stato distrutto e ora pianifica una fuga. Chi è che bussa alla porta? Potrebbe essere il marito che Oum Yazan sta aspettando con così tanta ansia, oppure è qualcuno che, fuori, cerca oggetti di valore? L’appartamento che una volta era il focolare domestico è diventato una prigione. [sinossi]

Probabilmente i tempi non sono ancora maturi per raccontare compiutamente l’attuale conflitto siriano al cinema, d’altronde la guerra è ancora in corso e gli esiti piuttosto incerti. Sceglie dunque saggiamente la via della metafora il regista belga Philippe Van Leeuw con il suo Insyriated, tragico apologo sulle conseguenze di un conflitto sulla vita quotidiana delle persone. Impeccabile e al tempo stesso programmatico, Insyriated gioca sul sicuro sfoderando le infallibili unità aristoteliche (spazio, tempo, azione), echi neorealistici e un incipit con dilemma morale alla Asghar Farhadi.
Completamente ambientato in un appartamento, il film si dispiega nel corso di 24 ore, da un’alba all’altra, mettendo in scena le dinamiche di potere che si generano in un nucleo familiare, temporaneamente allargato per via della guerra in corso.

Tutto ruota attorno alle scelte della mater familias, Oum Yazan, incarnata dalla star palestinese nonché internazionale Hiam Abbass, celebre soprattutto per i suoi ruoli in Il giardino di limoni e La sposa siriana, nonché apparsa di recente anche in Blade Runner 2049). Oum, proprio come i più icastici personaggi del neorealismo nostrano (quasi un alter ego di Anna Magnani) è pronta a tutto per proteggere la propria prole, e il suo spirito di conservazione ha un che di ferino che trascende i dettami dell’etica. D’altronde, da dietro le tende del suo salotto, riecheggiano i colpi esiziali di un cecchino appostato sul tetto e i bombardamenti di quando in quando fanno tremare le mura di casa terrorizzando i suoi giovani figli e l’anziano suocero (il marito è fuori e, a causa del cecchino, non riesce a rincasare).
Inoltre, in casa ci sono la fidanzata del figlio maggiore e una famiglia di vicini il cui appartamento è ora distrutto, ma questi ultimi, ovvero Halima, Samir e il loro figlioletto in fasce sono solo di passaggio, l’indomani fuggiranno in Libano. È ancora mattina presto quando la domestica di casa scopre che Samir è stato colpito dal cecchino nel cortile di casa, Oum le impone però di tacere l’accaduto, per impedire ai suoi familiari e alla povera Halima di soccorrere l’uomo e incorrere nella medesima sorte. Uscire allo scoperto sarebbe poi rischioso per tutti. Nessuno, tantomeno il misterioso franco tiratore, deve sapere che loro sono ancora lì. Quando poi un manipolo di sciacalli d’appartamento riesce a penetrare nella sua casa, Oum si ritrova a fare altre scelte, sempre meno condivisibili.

Presentato nella sezione Panorama alla Berlinale e ora inserito nella selezione Tutti ne parlano della Festa del Cinema di Roma, Insyriated è un’efficace e concentrata raffigurazione di un’ordinaria giornata di guerra, i cui echi irrompono nell’apparente quiete domestica a più riprese lasciando sui personaggi tracce che sarà difficile cancellare. Alla sua seconda regia, dopo The Day God Walked Away, film dedicato al genocidio in Rwanda, il direttore della fotografia di origine belga Philippe Van Leeuw sceglie dunque di approcciare il conflitto siriano senza di fatto mostrarlo, concentrandosi sulle conseguenze che esso produce sul comportamento umano.
Con mano ferma e notevole rigore, approntato il suo ideale palcoscenico (la casa), l’autore vi inserisce gli attori, li governa con mano ferma, ne gestisce i movimenti con cura quasi maniacale. In principio, Van Leeuw attraversa i corridoi domestici in maniera fluida, tenendosi però sempre molto a ridosso dei personaggi, quasi isolandoli dall’ambiente circostante, per meglio incentivare la tensione generata dalla loro costante esposizione al pericolo, esterno e interno, dal momento che la casa si va trasformando gradualmente da nido protettivo a prigione e Oum da salvatrice a figura dittatoriale.
Quando poi il film raggiunge il suo climax, ecco che Van Leeuw passa a frammentare lo spazio con un montaggio più serrato, d’altronde, l’appartamento è diventato assai meno percorribile dopo l’ingresso dei malfattori. L’orchestrazione stilistico-geometrica è dunque ben predisposta, il gioco al massacro può esplodere senza indugio, mentre diventa sempre più chiaro che l’iniziale dinamica servo-padrone (il silenzio imposto da Oum alla domestica) non solo trascende l’etica, ma di fatto, ora, ne detta le regole.

Quanto al personaggio di Oum, non si può dire, come d’altronde per gli altri, che abbia una sua vita propria né un qualche cambiamento, le sue azioni sono prevalentemente istintive e deprivate di ogni psicologismo. Per cui ben presto diventa chiaro quanto tutto in Insyriated abbia un valore prettamente metaforico e i personaggi siano solo dei “ruoli” temporaneamente occupati dagli attori in scena. Van Leeuw, dal canto suo, non giudica la sua protagonista, rilancia allo spettatore il compito di decidere cosa sia giusto e cosa sbagliato.
Per cui ci ritroviamo sì “insiriati”, come d’altronde già il titolo del film ci suggerisce, ma siamo altrettanto consapevoli di quanto l’autore abbia accuratamente predisposto i suoi ingredienti a questo fine. Catturati nella sua accorta tessitura non possiamo però fare a meno di pensare che la nostra reazione è, in fondo, la cosa più autentica e sincera dell’intero film.

Info
La scheda di Insyriated sul sito della Festa del Cinema di Roma.

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