Borg McEnroe
di Janus Metz
Biopic europeo con l’approccio e l’afflato spettacolare di molto cinema hollywoodiano, Borg McEnroe mette in scena una delle più note rivalità sportive della storia, restando tuttavia a un livello superficiale sul piano della ricostruzione biografica. Alla Festa del Cinema di Roma.
Un dualismo involuto
1980: dopo aver vinto per quattro volte consecutive il prestigioso torneo di Wimbledon, il campione svedese Bjorn Borg si prepara ad affrontare il difficile match contro l’unico tennista che possa insidiare il suo podio, l’americano John McEnroe. In palio, per lo svedese, c’è lo storico quinto titolo consecutivo, oltre alla permanenza nell’Olimpo del tennis mondiale. Sul rettangolo di gioco londinese, i due si preparano così a dar vita ad uno dei più estenuanti ed entusiasmanti confronti che la storia del tennis ricordi… [sinossi]
Una rivalità sportiva che si trasforma nello scontro tra due mondi, due modelli sociali, due opposti modi di intendere la competizione agonistica. È semplice, e universale, l’idea da cui muove Borg McEnroe, biopic che si propone di raccontare uno dei più noti antagonismi sportivi di tutti i tempi: quello che tra fine anni ’70 e inizio ’80 vide contrapposto il campione di tennis svedese Bjorn Borg all’astro nascente americano John McEnroe.
Non solo il Vecchio Mondo contro il Nuovo, in un dualismo che si articolò attraverso una lunga serie di incontri (il film prende in considerazione quello che è forse il più noto, la spettacolare finale di Wimbledon del 1980): ma anche due caratteri opposti e complementari, la lucida e calvinista dedizione al lavoro contro l’istrionismo istintivo, il rigido, quasi inumano controllo emozionale contro l’irascibilità (apparentemente) elevata a modus vivendi.
Non può non venire in mente, almeno apprezzando l’impostazione che lo script ha dato al film di Janus Metz Pedersen (documentarista qui al suo esordio in un lungometraggio di fiction) un altro film su una storica rivalità sportiva, ovvero Rush di Ron Howard: anche lì al centro della trama c’era un dualismo, che dallo sport andava a toccare l’approccio stesso alla competizione e le biografie personali dei due protagonisti.
Rispetto al film di Howard, e alla sua marcata riproduzione di un dualismo che vuole assumere una dimensione epica, il lavoro di Metz si propone una rilettura più complessa e sfaccettata, cercando di riflettere sul contrasto tra immagine pubblica (in un periodo in cui la presenza dei media non era – ancora – così invadente e pervasiva quanto lo è oggi) e dimensione privata dei due personaggi. L’ormai abusata struttura a flashback, articolata sulle giuste variazioni cromatiche e di grana della fotografia (con le immagini più “spesse” e calde a descrivere l’infanzia e adolescenza dei due protagonisti) va a delineare due biografie che precisano, articolano e in parte smentiscono la vulgata che accompagna i due personaggi: il film ci presenta così il gelido Borg, gentleman per eccellenza ed esempio di virtù “nordiche”, come un adolescente impulsivo, irascibile e con seri problemi di gestione della rabbia, incapace di accettare anche la semplice ipotesi di una sconfitta; mentre l’attaccabrighe McEnroe viene al contrario delineato come un ragazzino con forti tratti di introversione e una spiccata attitudine al calcolo, soffocato nelle sue aspirazioni dalla rigida educazione familiare. Tratti che, protratti nelle rispettive sfere private del presente (i rituali ossessivo/compulsivi di Borg, la dettagliata pianificazione degli incontri del suo avversario) finiscono per convergere nella voglia di entrambi di svettare. Senza compromessi.
Borg McEnroe cerca così di valorizzare l’abusato motivo della rivalità sportiva, oltre a quello della dialettica razionalità/istintività portata in nuce dai due personaggi, andando a inserirvi elementi tesi (in parte) a rovesciarne gli assunti. Una scelta che però la sceneggiatura tiene (volutamente?) a un livello embrionale, disseminando il racconto di spunti non sviluppati, che finiscono per lasciare un alone di curiosità (e insoddisfazione) allo spettatore che fosse digiuno di notizie biografiche sui due. La figura di McEnroe, in particolare (il cui interprete, Shia LaBouf, vince comunque il confronto col rivale Sverrir Gudnason), resta in ombra, sacrificata da un impianto narrativo che appare sbilanciato (almeno nella ricostruzione del passato) sulla figura dello svedese. Ci si ferma, nella ricostruzione della vita del campione americano, a una ricognizione esteriore e stereotipata, che finisce per far assumere al personaggio il mero ruolo di complemento (a prescindere se ciò fosse, o meno, l’intento della sceneggiatura) all’ingombrante figura del rivale. La limitazione dell’elemento della tensione agonistica e personale, l’assenza di una dimensione autenticamente “epica”, di confronto/scontro personale oltre che sportivo (sfavorita anche dalle circostanze: i due campioni, infatti, non ebbero contatti diretti nel periodo preso in esame) non trova quindi il suo bilanciamento nell’elemento biografico, superficiale e involuto in tutto lo script.
Borg McEnroe, co-produzione tra Svezia, Danimarca e Finlandia con l’approccio e l’afflato spettacolare di molto cinema hollywoodiano, si segnala comunque per la sua impeccabile confezione, per un’efficace direzione d’insieme del cast (anche il coach col volto di Stellan Skarsgård fa il suo) nonché per una ricostruzione del match finale di buona resa spettacolare. Più che le risapute scelte di montaggio nella (difettosa) alternanza passato/presente del racconto, va segnalata l’intelligente ricostruzione di un confronto sportivo che, per coloro che vi assistettero, segnò indubbiamente un’epoca: chi, guardando il film di Metz, non fosse a conoscenza dell’esito finale dell’incontro, potrà trovare sicuramente un valore aggiunto dalla visione. Per tutti gli altri, resta il rimpianto per un biopic che sciupa sostanzialmente le buone potenzialità del soggetto, scegliendo la strada della ricostruzione tutta esteriore (impeccabile quanto inerte) alle interessanti asperità che i due protagonisti avrebbero potuto offrire.
Info
Il trailer di Borg McEnroe su Youtube.
La scheda di Borg McEnroe sul sito della Festa del Cinema di Roma.
- Genere: biopic, drammatico, sportivo, storico
- Titolo originale: Borg/McEnroe
- Paese/Anno: Danimarca, Finlandia, Svezia | 2017
- Regia: Janus Metz
- Sceneggiatura: Ronnie Sandahl
- Fotografia: Niels Thastum
- Montaggio: Per K. Kirkegaard, Per Sandholt
- Interpreti: Björn Granath, Christopher Wagelin, Claes Ljungmark , Colin Stinton, Dag Malmberg, David Bamber, Demetri Goritsas, Ian Blackman, Jane Perry, Janis Ahern, Leo Borg, Linnea Tagesson, Robert Emms, Ronnie Sandahl, Scott Arthur, Shia LaBeouf, Stellan Skarsgård, Sverrir Gudnason, Tom Datnow, Tuva Novotny
- Colonna sonora: Carl-Johan Sevedag, Jon Ekstrand, Jonas Struck, Vladislav Delay
- Produzione: Danish Film Institute, Film i Väst, Finnish Film Foundation, Nordisk Film, Nordisk Film- & TV-Fond, SF Studios, SF Studios Production AB, SVT, Swedish Film Institute, Yellow Film & TV
- Distribuzione: Lucky Red
- Durata: 107'
- Data di uscita: 09/11/2017