Don’t Worry

Don’t Worry

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Presentato in concorso alla Berlinale 2018, Don’t Worry è un solido biopic sul fumettista John Callahan. Alle prese con un personaggio talentuoso e sfaccettato e temi complessi come l’alcoolismo e la tetraplegia, Gus Van Sant riesce a trovare un più che apprezzabile equilibrio tra l’umorismo nero di Callahan e le numerose tragedie della sua vita. Le derive lacrimose, didascaliche e verbose sono controbilanciate dagli inserti animati, dalle tavole di Callahan, dalle performance di Joaquin Phoenix, Jonah Hill e Jack Black.

I Think I Was An Alcoholic

John Callahan ha un debole per le battute scorrette e ha un problema con l’alcol. Una notte, dopo aver conosciuto il simpatico e sfrenato Dexter, decide di attraversare Los Angeles per raggiungere una nuova festa. Imbottito di alcool fino allo stordimento, si addormenta in macchina sul sedile accanto a Dexter, altrettanto ubriaco, e si sveglia la mattina dopo in ospedale. Un incidente l’ha reso tetraplegico. Inchiodato a vita sulla sedia a rotelle, in continua lotta con la bottiglia, si aggrappa al suo innato senso dell’umorismo per riscoprire il significato della propria esistenza. Ad aiutarlo, la bella Annu, il bizzarro Donny e i poco convenzionali incontri dei suoi alcolisti anonimi… [sinossi]
My only compass for whether I’ve gone too far
is the reaction I get from people in wheelchairs,
or with hooks for hands.
John Callahan

Nella serie animata per il piccolo schermo Pelswick (2000-02), creata da John Callahan per Nickelodeon, il protagonista tredicenne Pelswick Eggert sfreccia per i marciapiedi e le strade con la sua sedia a rotelle. Dal taglio più adulto rispetto a Pelswick e tra le prime serie realizzate interamente con Macromedia Flash, John Callahan’s Quads! (2001-02) si apre con l’incidente che costa a un alticcio Raily O’Raily colonna vertebrale e mobilità. Ancora una sedia a rotelle, come quella che è inevitabilmente al centro del cortometraggio autobiografico I Think I Was An Alcoholic, realizzato da Callahan nel 1993. È invece del 1991 il corto How Much Is That Window in the Doggie?, che conferma l’umorismo nero e politicamente scorretto del fumettista statunitense. La sedia a rotelle, Macromedia e la (s)correttezza: forse bisogna partire da qui per soppesare il lavoro di Gus Van Sant con Don’t Worry, biopic insidioso come le sabbie mobili.

Van Sant gioca più volte con la sedia a rotelle di Callahan. Lo vediamo sfrecciare, perdere il controllo, cadere rovinosamente. E poi ripartire. Sempre. A tutta velocità. L’effetto è straniante, tra il comico e il drammatico. Un bel modo per imparare a conoscere un uomo e un artista sui generis, costantemente sopra le righe.
L’animazione con Macromedia ha degli abnormi limiti strutturali, ma si adatta perfettamente alla semplicità e rudezza delle tavole di Callahan. Lo stile grafico del fumettista statunitense è perfettamente legato alla natura e allo spirito dei propri personaggi, volutamente distanti dalla perfezione, dal politicamente corretto. Brutti. Deformi. Reali.
La correttezza di Van Sant si riflette nella scorrettezza di Callahan. Don’t Worry non è un film facile. Non è un biopic facile – quasi tutte le pellicole biografiche sono trappole. Da sempre bifronte, il cineasta di Louisville non ha problemi nel maneggiare didascalismi mainstream o bizzarrie indie. Legato alla pittura, al cinema sperimentale, ai videoclip e a Callahan, Van Sant ci immerge in un microcosmo che conosce bene: lo stesso Callahan, d’altronde, ha raccontato senza censure se stesso, lasciando a Van Sant (e a noi) gran parte dei tasselli per cercare di ricomporre il puzzle. Si veda, ad esempio, la ricostruzione filologica della scena dell’incidente: una riproduzione live action della bozza che aveva disegnato Callahan in I Think I Was An Alcoholic.

La macrosequenza con Jack Black, che ci porta fino all’incidente tra una risata e l’altra; le performance di Joaquin Phoenix, Jonah Hill e Black; preziosismi non superflui, come l’utilizzo dello split screen; gli inserti animati e le tavole fulminanti di Callahan; l’umorismo tagliente di Callahan, anche nella quotidianità, traboccante ironia e autoironia. E quella sedia a rotelle che continua a correre. Don’t Worry ha solide fondamenta e ci restituisce un ritratto fedele di un artista che ha vissuto sempre in precario equilibrio. Un inno al genio (e amico) sfortunato, ma anche un condivisibile invito a una maggiore comprensione verso gli altri e verso se stessi.
Gus Van Sant si conferma regista a proprio agio coi biopic – ovviamente Milk, ma una buona palestra sono stati, in un certo senso, Will Hunting – Genio ribelle e Scoprendo Forrester, senza dimenticare gli stralci di realtà di Elephant e Last Days.

Info
Il trailer originale di Don’t Worry.
La scheda di Don’t Worry.
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