Clergy
di Wojciech Smarzowski
Crudelissima e straripante (anche troppo) satira anticlericale, impensabile da noi, Clergy è un esplicito atto d’accusa nei confronti della Chiesta cattolica polacca, tra pedofilia, corruzione, libertinaggio e vari altri vizi annessi e connessi. In concorso alla 43esima edizione del Polish Film Festival di Gdynia.
S’i fossi foco arderei la chiesa
Pochi anni prima, un incendio in una chiesa vide coinvolti tre preti, che si salvarono fortunosamente. I tre festeggiano in una notte da balordi quella ricorrenza, poi tornano alle loro occupazioni. Uno, Lisowski, lavora nella curia di una grande città e sogna il Vaticano; l’altro, Trybus, invece si trova a vivere in campagna, dove aiuta le persone più deboli sfruttandole però economicamente; il terzo, Kukula, ha perso la fede dei suoi parrocchiani che lo accusano di pedofilia. [sinossi]
Un film come Clergy, presentato in concorso alla 43esima edizione del Polish Film Festival di Gdynia, non potrà non far scandalo in Polonia, ponendosi come violento e sardonico atto d’accusa nei confronti della Chiesa locale, che nel paese di Wojtyla è potente come non mai, ed anzi è ormai diventata essa stessa incarnazione del potere, finendo in qualche modo anche per rivalersi rispetto agli anni in cui subiva la persecuzione da parte del regime comunista.
Trovarsi dunque al cospetto di un film come Clergy, diretto da Wojciech Smarzowski (Traffic Department), fa impressione, disabituati come siamo ormai da tempo in Italia al concetto stesso di film-scandalo (ne parlavamo qualche anno fa proprio con Franco Maresco, uno degli ultimi autori ‘scandalosi’, al fianco di Ciprì, con Totò che visse due volte e prima con Lo zio di Brooklyn). Fa impressione, sia perché è stato possibile realizzare un film come Clergy, sia perché un regista (e dei produttori, e dei finanziatori, e un festival che lo seleziona) ha avuto il coraggio di farlo.
Pensiamo, per tornare un momento a noi, solo alle ultime leggere commediole dirette da Carlo Verdone, che alludono al mondo ecclesiastico – non si sa bene perché e per cosa, forse per far riferimento a un romanesco anti-clericalismo alla Luigi Magni ormai totalmente dimenticato. Ebbene in film come Io, loro e Lara Verdone interpreta un prete che si definisce moderno e anti-convenzionale perché fuma sigarette (!), mentre nel più recente Benedetta follia l’attore e regista romano è impegnato come sarto dei vescovi (forse a sottintendere che nella Capitale la Chiesa dà ancora da mangiare a parecchie persone). Tali buffetti scherzosi impallidiscono clamorosamente al cospetto del comportamento dei protagonisti di Clergy, capaci dei peggiori atti impuri. Non solo fumano, bevono, vengono meno al dettato di castità, figliano, si truffano a vicenda, ma persino sarebbero capaci di uccidere e, pur di salire le scale gerarchiche, sarebbero disposti ad affossare il prossimo, altro che ad amarlo o a sopportarlo.
Di fronte a tale bailamme di perversioni, viene a tratti anche il sospetto che Smarzowski si diverta sin troppo a scandalizzare, lasciandosi andare a ogni tipo di esasperazione grottesca: dal festino iniziale in ricordo di un incendio in cui i tre protagonisti sono fortunosamente sopravvissuti (un incipit che, tra l’altro, resta la parte migliore del film), alla nuova grande sede episcopale che – in maniera simbolicamente esplicita – viene costruita sul fango, fino al turpiloquio costante e fino al ribaltamento delle frasi amorevoli da buon prete («Sia lodato Gesù Cristo». «Sempre sia lodato», a corredo delle azioni più bieche).
Rispetto ai sardonici fuochi d’artificio della prima parte, che fanno più pensare a delle pasquinate che a della vera e propria satira, Clergy va progressivamente assumendo toni più sulfurei e infernali (ovviamente, le fiamme sono un elemento decisivo), colorandosi però di una riemersione del rimosso che viene mal costruita in una serie di flashback grossolanamente tesi a sottolineare il tema della pedofilia.
In questa fase, Smarzowski sembra perdere completamente le fila del racconto, accumulando colpi di scena su colpi di scena, troppo affezionato all’assunto secondo il quale nessuno si può dire innocente all’interno di quel mondo ecclesiastico che lui affresca con furia a tratti ingenuamente infantile («Chi è senza peccato, scagli la prima pietra», ammoniva in tal senso giustamente Qualcuno).
Però, a forza di stordirci con le sue giravolte narrative, Clergy riesce ad azzeccare il colpo decisivo, grazie al quale si riesce veramente a fare un discorso più ampio, allargando il discorso a tutta la società polacca post-comunista. Questo avviene quando si allude in maniera esplicita alla fase di Solidarność, in quei primi anni Ottanta in cui Papa Wojtyla sosteneva apertamente il movimento degli scioperi contro il regime comunista. Qui, in una sequenza dal potente grado simbolico, capiamo finalmente il discorso: che siano proprio quei primi anni Ottanta la scaturigine di tutti i mali della Chiesa polacca contemporanea? Che il vero atto impuro sia l’aver confuso, ancora una volta (come d’altronde è successo per millenni in Italia), il potere temporale con quello potere spirituale?
E allora si finiscono per perdonare parte degli eccessi, così come si finisce per perdonare l’andamento grossier della narrazione che sembra voler concentrare in un unico film diversi possibili episodi di una serie TV, così come – ancora – si concede di chiudere un’occhio di fronte a certe leggerezze visive (qualche discutibile effetto speciale per simulare le fiamme). Questo perché, in fin dei conti, Clergy vale per quello che è, un film-scandalo di stampo prettamente popolare – e tutt’altro che intellettualistico – che ha il compito di far vacillare un minimo le coscienze. E si spera che qualcuno abbia il coraggio di portare questo film anche in Italia, non solo per le affinità che da noi si possono trovare nel presente e – soprattutto – nel passato, ma anche perché grava ormai da qualche tempo una cappa di appoggio incondizionato a Papa Francesco, che sa tanto di ulteriore – e forse definitivo – tassello da pensiero unico.
Info
La scheda dedicata a Clergy sul sito del Polish Film Festival di Gdynia.
- Genere: comico, drammatico, grottesco
- Titolo originale: Kler
- Paese/Anno: Polonia | 2018
- Regia: Wojciech Smarzowski
- Sceneggiatura: Wojciech Smarzowski
- Fotografia: Tomasz Madejski
- Montaggio: Paweł Laskowski
- Interpreti: Adrian Zaremba, Arkadiusz Jakubik, Iwona Bielska, Iza Kuna, Jacek Braciak, Janusz Gajos, Joanna Kulig, Katarzyna Herman, Robert Wieckiewicz
- Colonna sonora: Mikołaj Trzaska
- Produzione: Atlas Sztuki, Great Private Equity, Kino Świat, Krakowskie Biuro Festiwalowe, Moderator Inwestycje, Narodowy Instytut Audiowizualny, Profil Film Jacek Rzehak, Showmax B.V., Studio Metrage, Tovares
- Durata: 133'