Solothurner Filmtage 2020 – Presentazione
In corso fino al 29 gennaio il Solothurner Filmtage 2020, giunto alla 55esima edizione, con la nuova direzione artistica di Anita Hugi. In programma, oltre al concorso principale e a varie altre sezioni e focus, anche un omaggio a tre storiche cineaste della Svizzera romanda, Patricia Moraz, Christine Pascal e Paule Muret.
La commedia Moskau Einfach! di Micha Lewinsky, ispirata al caso inaudito di schedature politiche messo in atto dalle autorità svizzere durante la Guerra Fredda, ha aperto il 55. Solothurner Filmtage, con la nuova direzione artistica di Anita Hugi che prende così il posto di Seraina Rohrer. Una continuità al femminile la cui impronta è anche visibile nell’omaggio di questa edizione del festival a tre storiche cineaste della Svizzera romanda, Patricia Moraz, Christine Pascal e Paule Muret. Il Rencontre di quest’anno è invece dedicato a Heidi Specogna, nota per i suoi reportage sull’America Latina e sulla Repubblica Centrafricana, come Pepe Mujica – Lektionen eines Erdklumpens e Das kurze Leben des José Antonio Gutierrez.
Il concorso principale vede competere dodici opere, tanto documentari quanto film di finzione, prodotte o coprodotte da compagnie svizzere, laddove il “coprodotto” può portare anche a territori diversi da quelli elvetici, vista anche la presenza diffusa dei capitali svizzeri in tante opere internazionali. Un esempio è il Portogallo, per la precisione il quartiere Reboleira di Lisbona, ritratto da Basil da Cunha in O fim do Mundo, già presentato a Locarno. Presentati tra gli altri anche My English Cousin di Karim Sayad, che segue la vita di Fahed immigrato algerino in Inghilterra; Where We Belong di Jacqueline Zünd, documentario sulla psicologia dei bambini con genitori separati; African Mirror di Mischa Hedinger, documentario sullo scrittore viaggiatore René Gardi; Who’s Afraid of Alice Miller? di Daniel Howald, che segue il figlio della nota psicologa infantile dopo la sua morte.
Altre dodici opere invece si contenderanno il Prix du public 2020. Tra queste Baghdad in my Shadow, già presentato a Locarno, del regista svizzero di origine irachena Samir, che segue alcuni personaggi in un café iracheno di Londra; Bruno Manser – Die Stimme des Regenwaldes di Niklaus Hilber, storia dell’attivista che si è battuto contro la deforestazione in Borneo; Delphine et Carole, insoumuses di Callisto Mc Nulty raccolta un capitolo della storia del femminismo nelle vite dell’attrice Delphine Seyrig e della filmmaker Carole Roussopoulos; Les particules di Blaise Harrison, film fantastico sulla misteriosa sparizione di un ragazzo nella zona del CERN; Love Me Tender di Klaudia Reynicke, già passato a Locarno, storia di una ragazza che soffre di agorafobia; Madame di Stéphane Riethauser, doppio ritratto di una nonna e suo nipote omosessuale, il regista stesso.
Ricchissimo il panorama documentari con opere quali Tutto l’oro che c’è di Andrea Caccia che sta viaggiando per tanti festival dallo scorso IFFR; Monsieur Pigeon di Antonio Prata, storia di un uomo che vive in mezzo ai piccioni a Parigi; No Apologies, film militante di un collettivo di registi su un centro di rifugio autogestito da migranti a Losanna; L’île aux oiseaux di Maya Kosa e Sergio da Costa, già presentato a Locarno, ambientato in un centro di recupero di uccelli feriti; Gottlos Abendland di Felix Tissi, sulla Grecia quale culla della civiltà europea; Naturales Historiae di Pauline Julier su come diverse scuole di pensiero interpretino la natura; Golden Age di Beat Oswald, dopo la prima di Visions du Réel di Nyon, su un’eccentrica residenza per anziani a Miami; Les heures heureses di Martine Deyres già a Nyon, sul famigerato ospedale psichiatrico di St-Alban en Lozère. Nel panorama fiction ritroviamo invece La Gomera di Corneliu Porumboiu, ormai il prezzemolo dei festival dopo Cannes; Bergmàl di Rúnar Rúnarsson, già a Locarno, ritratto della vita islandese in brevi quadri; Les hirondelles de Kaboul di Eléa Gobbé-Mévellec e Zabou Breitman, film d’animazione ambientato nella capitale afghana sotto i Talebani.
E poi ancora un panorama di cortometraggi e di opere d’animazione, un programma di “Upcoming Talents” con i corti degli studenti di cinema, e il concorso per il “Best Swiss Video Clip”. Anche quest’anno le Giornate di Soletta, alias Solothurner Filmtage, alias Journées de Soleure, propongono una vetrina nutritissima su una cinematografia da scoprire.