La casa dell’amore
di Luca Ferri
Presentato nella sezione Forum della 70 Berlinale, La casa dell’amore è l’ultimo capitolo della trilogia di Luca Ferri dedicata ad ambienti domestici. Il film ruota attorno a Bianca, prostituta transgender che esercita nel proprio appartamento nella periferia di Milano, personaggio di grande spessore che il regista sa cogliere in tutto il suo candore.
La dea di Roserio
Bianca è una transgender di 39 anni. Vive a Milano e di professione fa la prostituta. Il film racconta un punto fermo – Bianca dentro il suo appartamento – e di come da questa apparente staticità filtri all’interno dell’abitazione un intero piccolo mondo fatto di abitudini, incontri, cicli e imprevisti in attesa del ricongiungimento con Natasha, sua compagna di una vita. [sinossi]
Un lettore dvd appare in mezzo alle innumerevoli scarpe, in fila nello scaffale di Bianca, la protagonista de La casa dell’amore, presentato nella sezione Forum della 70 Berlinale. Nell’ambito di un cinema rigoroso, come quello di Luca Ferri, coadiuvato dai dop Pietro de Tilla e Andrea Zanoli, dalla precisa composizione dell’immagine, questo è un segnale ben preciso di un approdo al digitale, nell’ambito di una trilogia, quella del regista sugli ambienti domestici, che è passata dal 16mm di Dulcinea, al VHS di Pierino. Un formato dove comunque si mantiene la ratio di 4:3, funzionale alla dimensione di interni, in un film dove non c’è mai un esterno e dove, solo una volta, si vede il paesaggio di fuori, un caseggiato della periferia milanese, attraverso una finestra come in Dulcinea.
I richiami agli altri capitoli della trilogia tornano. Bianca, come Pierino, usa, ancora oggi, un taccuino cartaceo per annotare meticolosamente i suoi appuntamenti, e ascolta i messaggi di una segreteria vocale come quella telefonica di Dulcinea. Se il cinefilo Pierino è un uomo d’altri tempi, se Dulcinea ci porta alla Milano degli anni Novanta, così il mondo che ruota attorno a Bianca sembra anacronistico, come in un rifiuto della modernità. Bianca possiede in casa degli oggetti obsoleti, vintage come un vecchio pc tipo 386 o dei cellulari tipo Motorola, mentre un suo bizzarro cliente mangia la carne Montana in scatoletta. In una conversazione telefonica con un cliente viene detto esplicitamente l’indirizzo di casa, dove esercita. Siamo nella periferia nord-ovest di Milano, nel quartiere di Quarto Oggiaro, nei paraggi di viale Certosa, a due passi dal quartiere Roserio di testoriana memoria. Il casone che si vede alla finestra conferma questa dimensione della Milano delle periferie cara a Testori e Bianca potrebbe essere la versione contemporanea di un personaggio dello scrittore, come la Gilda del Mac Mahon. La casa di Bianca ospita non solo i suoi clienti ma anche alcuni personaggi che fanno parte di un suo cenacolo intellettuale. In uno di questi incontri un signore anziano canta La povera Rosetta, la canzone popolare milanese dedicata a una prostituta uccisa dalle forze dell’ordine ai primi del Novecento («un angelo di Rosetta, era di piazza Vetra»). Nella casa di Bianca campeggiano i manifesti di una mostra degli anni Novanta, l’epoca di Dulcinea, dello scultore Cesare Riva. Si scoprirà solo verso la fine che l’artista era il padre di Bianca. Luca Ferri mette questa rivelazione come un colpo di scena, per mettere di fronte lo spettatore ai suoi moralismi inconsci di natura classista, facendolo stupire del fatto che un uomo riconosciuto di cultura possa avere un figlio che esercita la professione più antica del mondo, cambiando per di più sesso.
Oltre al richiamo a Rosetta, ne La casa dell’amore vengono fatti altri riferimenti all’antica professione di mercificazione del corpo. All’inizio del film un misterioso uomo di spalle, che parla con Bianca celandola per ora alla visione, cita ogni riferimento dei Vangeli in cui compaia una prostituta, sottolineando l’atteggiamento indulgente di Gesù. Un bizzarro cliente, pure religioso (a interpretarlo il programmatore culturale della Cineteca Nazionale Domenico Monetti), parla di Lilli Carati, l’attrice che finì la sua carriera scivolando nel cinema a luci rosse per problemi di tossicodipendenza. Anche Luca Ferri, come Gesù, non giudica Bianca, mantenendo un approccio al personaggio molto simile a quello dei film sulle perversioni sessuali di Jan Soldat. I pochi momenti in cui è ripresa all’opera rivelano una sorta di meccanicità, di routine anche quando opera con una collega nel ménage à trois. Nei confronti dei suoi clienti è chiaro il senso di fornire un servizio nelle migliori condizioni, lei che, nel magnificare la comodità del parcheggio sotto casa sua, con un cliente al telefono, si definisce più comoda dell’autogrill. Nel film emerge piuttosto il candore del personaggio, già presente nel suo nome d’arte, la sua purezza e castità morale. Lei che è innamorata e vive il suo amore a distanza con Natasha. L’amore del titolo non è quello per i clienti, è un amore che arriva dall’arte del padre, la cui mostra si intitolava “Frammenti d’amore”, è l’amore per Natasha, per gli amici e per il suo gatto, è l’amore per la vita. Castità è anche quella formale del cinema di Luca Ferri, che opera per sottrazione e con rigore nella composizione, a differenza del cliente filosofo e della sua decorazione pacchiana sul corpo di Bianca. Ancora, nel cinema di Ferri, un interno cosparso di quelle bottiglie che richiamano le nature morte di Morandi o a quelle di sakè nelle inquadrature geometriche di Ozu. Bastano poche e misurate e ponderose panoramiche per riassumere la vita di Bianca: il poster della mostra del padre, lo scaffale pieno di libri d’epoca, il bagno con tutti gli utensili, i peluche. Ancora, dopo il ‘maggiordomo’ di Dulcinea, c’è l’ossessione per la pulizia, che è anche quella del corpo, nel lavarsi, nella depilazione di ascelle, testa e sopracciglia. Una purificazione, una depurazione del corpo per renderlo glabro, alla fine della quale Bianca ci guarda con un volto che sembra quello del bambino delle stelle nel finale di 2001: Odissea nello spazio.
Info
La scheda de La casa dell’amore sul sito della Berlinale.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: La casa dell'amore
- Paese/Anno: Italia | 2020
- Regia: Luca Ferri
- Sceneggiatura: Luca Ferri
- Fotografia: Andrea Zanoli, Pietro de Tilla
- Montaggio: Chiara Tognoli
- Interpreti: Assila Cherfi, Bianca Dolce Miele, Dario Bacis, Delfina Unno, Domenico Monetti, Natasha De Casto, Umberto Baccolo, Walter Zombie
- Produzione: Effendemfilm, Lab 80 film
- Durata: 77'
