La strega in amore

La strega in amore

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Episodio bizzarro nella carriera di Damiano Damiani, La strega in amore è un oggetto singolare che contamina il gotico italiano con il racconto fantastico, il kammerspiel psicologico in luogo chiuso, qualche accento di commedia e timide provocazioni erotiche. Assai più curioso che riuscito, contiene anche una delle pochissime partecipazioni al cinema della diva teatrale Sarah Ferrati.

Ti vedo cambiata (non invecchiata, ma diversa, ecco)

Incapace di assumersi impegni con le donne, lo sciupafemmine Sergio Logan si accorge di essere pedinato da giorni da una misteriosa signora attempata, Consuelo Llorente. Presentatosi all’abitazione della signora, Sergio scopre che Consuelo è in cerca di un nuovo bibliotecario per l’archivio del defunto marito, e che la donna ha fatto di tutto per accaparrarsi proprio Sergio in quel ruolo. Alla magione l’uomo fa la conoscenza anche di Aura, la fascinosa figlia di Consuelo, dalla quale si sente subito attratto. Più tardi, Sergio entra in conflitto con Fabrizio, l’attuale bibliotecario che non ne vuol sapere di farsi sostituire dal nuovo venuto… [sinossi]

Seppur primariamente ricordato per la sua produzione di cinema d’impegno civile, Damiano Damiani mostra in realtà una filmografia ben più multiforme. Altre incursioni, come quelle nel western o para-western (Quièn sabe?, 1966; Un genio, due compari, un pollo, 1975), hanno assunto nel tempo una maggiore risonanza e riconoscibilità. Ulteriori cimenti, come nella commedia amarissima La rimpatriata (1963) o nel cinema tratto da fonte letteraria di L’isola di Arturo (1962) o La noia (1963), conservano un buon apprezzamento da parte della critica. Decisamente meno nota è l’incursione nel gotico/fantastico di La strega in amore (1966), che tuttavia non costituisce un unicum assoluto nella produzione dell’autore friulano, dal momento che, per grandissima approssimazione, Damiani si dedicherà circa quindici anni dopo nientemenoché all’horror americano con Amityville Possession (1982). Se da un lato l’avventura americana può essere però interpretata come una ghiotta occasione su un piano di mero mestiere e professione, dall’altro La strega in amore si delinea come uno degli episodi più singolari dell’intera produzione damianiana. Sarebbe interessante indagare in che modo Damiani sia stato coinvolto da un’operazione non solo distante dalle sue consuetudini professionali più conosciute, ma anche dalle pratiche gotiche di casa nostra. Perché certo, La strega in amore ricorda da vicino tutto un filone nostrano ben radicato lungo gli anni Sessanta (Mario Bava, ça va sans dire), ma sceglie comunque modalità espressive abbastanza inedite anche rispetto alle pratiche più diffuse di tal genere.

Ispirato al romanzo “Aura” del messicano Carlos Fuentes, La strega in amore impasta infatti suggestioni da racconto fantastico con riflessioni sul rapporto uomo/donna discretamente pertinenti a tutta una produzione italiana coeva e più o meno blandamente provocatoria. Agli afrori di gotico italiano La strega in amore affianca la claustrofobia dell’ambientazione (più o meno) in un unico luogo, una fastosa magione baroccamente arredata, e lo stringersi del racconto intorno a uno sparuto numero di personaggi. Gotico, kammerspiel psicologico da reciproco gioco al massacro, ed erotismo, ovviamente tenuto a briglia corta ma anche corroborato da allusioni e riferimenti timidamente spregiudicati. Se dunque l’ibridazione dei generi è già insita nel progetto, ulteriori variazioni derivano dal tono scelto da Damiani, una temperatura narrativa stranissima, decisamente sui generis, allentata e divagante, che non trascura anche flebili accenti di trattenuta commedia. Stavolta la guerra dei sessi passa attraverso l’incontro di un superficiale sciupafemmine, Sergio Logan, con un’attempata vedova di età indefinibile, Consuelo Llorente, e con la giovane Aura che alloggia presso di lei. Sulle prime diffidente e recalcitrante, Sergio si trova a poco a poco imbrigliato dal fascino della giovane Aura, e sembra di capire che l’arrivo del malcapitato alla magione sia stato calcolato da Consuelo e Aura per sostituire il bibliotecario Fabrizio (un giovane Gian Maria Volonté, alle prese con un personaggio di tratto buffo), caduto dalle grazie delle due mantidi. Fabrizio non è altro che l’immagine futura di Sergio, schiavizzato da un rapporto di dipendenza dal quale è impossibile fuggire se non percorrendo la via della morte.

Il mystery è decisamente di fiato corto, complice un titolo che inopinatamente spiega tutto in quattro parole. Non faremo torto a nessuno svelando che Aura e Consuelo sono in realtà due facce della stessa figura demoniaca che non ne vuol sapere di invecchiare, e che tramite misteriosi poteri è capace di conservarsi negli anni grazie (pare) all’imprigionamento di una figura maschile, di volta in volta mutevole quando lo spolpamento del maschio è giunto alla sua fine, o quando semplicemente la donna, con gelido cinismo, inizia ad annoiarsi di lui. Si potrebbe speculare molto sui significati metaforici ai quali il film allude, dai riflessi psicologici sadomaso nella dipendenza affettiva tra uomo e donna alle paure tutte pertinenti all’universo maschile di fronte all’indecifrabilità del femminile e al rischio di finirne divorati. In quegli anni, nel cinema italiano piaceva molto interrogare le dinamiche uomo/donna inscrivendole in nuovi psicologismi alla moda e cercando più o meno scopertamente la provocazione. In tal senso, La strega in amore riflette alla lontana suggestioni simili ma al contempo sembra volersi tenere discretamente e consapevolmente distante proprio dalla provocazione. Certo, negli scambi tra la conturbante Rosanna Schiaffino e il monocorde Richard Johnson si fanno liberi cenni alla dimensione erotica senza troppi veli e finzioni, ma siamo ben lontani da qualsiasi idea di turbamento, e non crediamo che dipenda soltanto dai 55 anni che ci separano dall’apparizione del film nelle sale. Sono decisamente più efficaci, invece, l’atmosfera sospesa e l’ambientazione decadente, che producono reali effetti stranianti affidati a un ritmo narrativo lasco e ripetitivo, forse in cerca di un inedito mood da fiaba ancestrale e moderna più che di brividi, spaventi o sussulti erotici.

Detto molto francamente, l’allentamento narrativo che caratterizza il film dà luogo in realtà a effetti ambivalenti, a metà tra il fascino di un racconto collocato ai confini della razionalità e lo scarso coinvolgimento provocato da una narrazione dispersiva e slabbrata. Fiaba antica/moderna e qualche risolino ghignante sottotraccia, come la cinica risata strozzata di una strega. Se qua e là si finisce noi stessi irretiti dal fascino delle due streghe e dell’enorme magione in cui si muovono, ciò è dovuto perlopiù al contributo dei collaboratori di Damiani, dalle scenografie di Luigi Scaccianoce ai costumi di Pier Luigi Pizzi, al bel bianco e nero di Leonida Barboni, alle musiche sottili di Luis Bacalov. Altri meriti sono da ascrivere alla prova di Sarah Ferrati, diva teatrale in una delle sue pochissime partecipazioni cinematografiche, che trova il giusto accento torbido/inquietante nel tratteggiare la figura dell’anziana Consuelo Llorente. Sembra comunque di percepire un evidente disagio da parte di Damiani. Non è dato sapere se La strega in amore sia frutto di un suo intimo progetto o se sia stato chiamato semplicemente a dirigerlo – nei titoli Damiani è accreditato anche alla sceneggiatura insieme a Ugo Liberatore, ma nel cinema italiano è stata prassi consolidata per anni inserire il regista tra gli sceneggiatori a prescindere dalla sua effettiva partecipazione alla stesura. La natura ibrida dell’insieme, di per sé interessante per la commistione di diversificate suggestioni, finisce per lasciare impressioni più decisive di scarsa ispirazione e convinzione da parte di un autore alle prese con uno script al quale non riesce a imprimere con determinazione una precisa strada da percorrere.

Con Alfredo Bini alla produzione, La strega in amore si delinea anche per un contenitore cucito intorno al fascino di Rosanna Schiaffino, all’epoca sua consorte. Con la sua cotonatura tipicamente anni Sessanta, la Schiaffino si mostra perfettamente funzionale al profilo di una moderna mantide stregonesca, ben piantata nella realtà dei suoi anni ancorché dotata di facoltà paranormali. Suscita il senso rassicurante di una donna Sixties alla moda, dentro la quale si annidano insospettati e atavici fantasmi. Tuttavia, qualcosa di vagamente simile al brivido è garantito solo dalla presenza di Sarah Ferrati, dal volto arcigno e spigoloso, elegante e demoniaca fin dalla sua prima apparizione. Una Consuelo sottilmente dominatrice e sempre sul punto di perdere il controllo, specie se qualcuno allude alla sua età. Mai dire a una donna “Ti vedo cambiata”.

Info:
La scheda di La strega in amore su Wikipedia.
Il trailer de La strega in amore.

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