The Italian Banker

The Italian Banker

di

The Italian Banker, terza regia di “finzione” per Alessandro Rossetto, compone con i precedenti Piccola patria ed Effetto domino un trittico sulla decadenza e la bancarotta – umana prima ancora che economica – del Veneto. Tratto da una drammaturgia di Romolo Bugaro – che assiste il regista nella sceneggiatura – il film mantiene un impianto teatrale, paradossalmente punto di forza e allo stesso tempo limite dell’opera.

Una banca popolare

Nei saloni di una grande villa veneta, si sta svolgendo una festa esclusiva. Molti di loro hanno perso milioni a causa del crollo della Banca Popolare del Nordest. Fra una coppa di champagne e un giro di ballo, le tensioni personali si intrecciano alla frustrazione collettiva. La violenza esplode in concomitanza con l’arrivo dell’ex direttore della banca. Ma con l’alba arriverà una buona notizia. [sinossi]

Terza opera di finzione per Alessandro Rossetto, The Italian Banker condivide con i precedenti Piccola patria ed Effetto domino entrambi presentati alla Mostra di Venezia, mentre quest’ultimo film è stato accolto nel programma del barese Bif&st – il tentativo di mettere in immagini la crisi, esistenziale ed economica, del Veneto, italiana terra dell’abbondanza la cui borghesia per il cineasta patavino è oramai sull’orlo della bancarotta. Ben oltre il citato orlo si trovano invece i protagonisti di The Italian Banker, che Rossetto ha desunto dall’opera teatrale Una banca popolare di Romolo Bugaro, qui impegnato a collaborare attivamente in fase di scrittura: gli uomini in giacca e cravatta e le donne in abito da sera che stanno festeggiando nei saloni dell’immensa villa palladiana sono lì a brindare alla propria disfatta, perché una Banca Popolare del nord-est è fallita, trascinando in un fiume di macerie tutti i correntisti. Rossetto sposa dunque da un lato un realismo feroce, avvinghiato alla giugulare della Storia, visto che di casi analoghi la cronaca nazionale ne ha visti molti dopo la crisi del 2008, ma dall’altro lo mescola alla dimensione allegorica, de-naturalizzando tanto la messa in scena quanto il racconto. Un’operazione intellettuale coraggiosa, e che corre seriamente il rischio di essere fraintesa, o addirittura scambiata per velleità estetica: il bianco e nero asciutto e rigoroso lavorato da Matteo Calore è il punto di partenza e di arrivo dell’immagine su cui si basa il senso stesso del film. Alla prima prova professionale nel cinema non documentario (quasi in contemporanea con questo Calore ha lavorato sul set di Welcome Venice di Andrea Segre) il direttore della fotografia e il regista spostano l’immagine nel campo dell’astratto, uscendo volutamente dai legacci che avvincono il colore alla contemporaneità. Una scelta che forse rende maggiormente asettica la visione, meno corporea e dunque a debita distanza dai personaggi in scena, ma che appare anche come una forte dichiarazione di intenti.

Non manca di ambizione, dopotutto, Rossetto. Non manca di ambizione perché tenendosi in disparte, sottraendosi in modo cocciuto dal centralismo capitolino che domina la produzione cinematografica italiana, rimarca la volontà di ridisegnare le traiettorie di uno sguardo assopito nella prassi. Il vuoto dello spazio sfarzoso, inutilmente sfarzoso nella sua dichiarata disperazione – il fallimento è il grembo, il liquido amniotico in cui galleggiano gli imprenditori festanti del film – è anche il frutto di una ricerca dello sguardo che sappia mettere al centro dell’obiettivo una regione dominata dal rispetto delle proporzioni matematiche ma anche dalla ricchezza degli ornamenti. Rigore e sfarzo, l’ossimoro su cui si fonda il palladianesimo riecheggia in The Italian Banker, nella scelta delle inquadrature, nell’oggettività schiacciante e anche un po’ castrante dello sguardo. Nel vuoto degli spazi si riverbera il vuoto di un’umanità delusa da se stessa, dalla propria vertigine di potenza. Lo spazio è eroso, decaduto, in rovina come questi corpi di uomini e donne che ballano, brindano, litigano, si accoppiano, si eccitano e si sfanno davanti agli occhi degli spettatori.

Nel suo voler mantenere l’impianto teatrale ordito da Bugaro The Italian Banker trova paradossalmente allo stesso tempo il suo punto di forza – in parte già descritto: si aggiungono a quanto già affermato le belle interpretazioni del cast corale – ma anche il suo limite maggiore, perché il film stesso, un po’ come buñuelianamente i suoi protagonisti, non riesce mai a evadere, a trovare il momento giusto per non soffocare all’interno dello spazio/scena in cui in qualche misura è rinchiuso. Si rischia dunque di ridurre il tutto a un’operetta morale, a una metafora del tempo vissuto, e soprattutto di ritrovarsi a girare in tondo, ubriachi ma senza più la piena consapevolezza di ciò a cui si sta assistendo. Nonostante questo è da scongiurare la possibilità che anche quest’opera terza di Rossetto finisca nel dimenticatoio, perché di sguardi come il suo, e di prospettive sull’Italia come quelle mostrate in The Italian Banker si avverte un gran bisogno. La postura civile di fronte a un Paese incivile, un’opera severa e austera in una nazione di barzellette, di colori sgargianti, di insegne luminose per attirare gli allocchi – come cantava oltre trent’anni fa Giovanni Lindo Ferretti.

Info
Il trailer di The Italian Banker.

  • the-italian-banker-2021-alessandro-rossetto-03.jpeg
  • the-italian-banker-2021-alessandro-rossetto-02.jpeg
  • the-italian-banker-2021-alessandro-rossetto-01.jpeg

Articoli correlati

Array
  • Venezia 2019

    Effetto domino (2019) di Alessandro Rossetto - Recensione | Quinlan.itEffetto domino

    di Secondo film di finzione per il documentarista Alessandro Rossetto, Effetto domino è una grande epopea immobiliare ambientata nel nord est italiano che resta sospesa tra la metafora universale e la tragedia familiare. A Venezia 76 nella sezione Sconfini.
  • In sala

    Piccola patria

    di Alessandro Rossetto esordisce nel cinema "di finzione" con uno scandaglio doloroso della vita nella provincia veneta. In concorso nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia.