Nostalghia

Nostalghia

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Primo film di Andrej Tarkovskij lontano dall’URSS, Nostalghia è un testo complesso, ricchissimo, fino all’ossessione, che con stile rigoroso e ieratico restituisce ogni sfumatura del tormento di un artista.

Morte in Italia

Accompagnato dall’interprete Eugenia, il poeta russo Andrej Gorčakov è in Italia per fare ricerche su un compositore – compatriota ed esule – del XVIII secolo. L’incontro con un poeta locale lo spingerà a farsi carico di nuovi tormenti e di una missione da portare a termine. [sinossi]

È un film di domande senza risposta Nostalghia, una complessa, disperata interpellazione sulla fede, la follia, sull’arte e il ruolo dell’artista. La traccia narrativa è esile nel suo dipanarsi quanto ponderosa nei temi che trasporta con sé. Il percorso è quello di una ricerca impossibile che avviene quando già tutto è stato trovato, altrove, nel passato, nella patria, nella casa materna.

Nostalgia: dal greco νόστος “ritorno” e ἄλγος “dolore”, indica uno stato d’animo relativo a un altro tempo e un altro luogo. Quello del nostos è un concetto che implica un ritorno, doloroso, al luogo d’origine e in ultima istanza al ventre materno, un concetto che in Occidente è assimilato alla morte, ultimo ritorno possibile. Come d’altronde ben stigmatizzava Kubrick in 2001: Odissea nello spazio, una similitudine che appare calzante anche in virtù del legame di Tarkovskji con la fantascienza, che trova compimento in Solaris e Stalker.

Primo film di Tarkovskij fuori dall’URSS, nell’esilio, in questo caso italiano, dettato da necessità di libertà creativa, Nostalghia ci restituisce, attraverso il personaggio di Andrej Gorčakov un’autodiagnosi del regista, quasi un chirurgico atto autoptico, melanconico e crudele. Con i suoi piani sequenza ieratici, mirabilmente orchestrati dal regista e dal direttore della fotografia Giuseppe Lanci, Nostalghia ritrae infatti la profonda crisi di un artista, un poeta, che rifiuta persino il conforto della bellezza, anzi, è “stanco della bellezza”. Così come è poco interessato all’amor carnale, che pure avrebbe a disposizione sotto le sembianze rinascimentali del personaggio di Eugenia. Ma non è nella relazione tra uomo e donna, tra Andrej ed Eugenia, personaggio giustamente messo da parte dopo un monologo rivelatore della sua isteria sessuale, che Nostalghia trova il suo centro, quanto piuttosto nell’incontro con il poeta italiano Domenico (l’attore bergmaniano Erland Josephson, protagonista del successivo e ultimo film di Tarkovskij, Sacrificio). Un incontro che avviene sotto il segno di un riconoscersi e di un appropriarsi del reciproco passato, e che conduce verso il comune destino di sacrificio.

Bisogna avere fede, ci grida sommessamente Tarkovskij, e questa appartiene in maniera più naturale agli infanti e ai folli. E per esteso ai poeti. Ogni rituale sacrificale appare alla ragione ridicolo e non a caso il personaggio di Eugenia rifiuta di inginocchiarsi quando è al cospetto della Madonna del parto di Piero della Francesca. Per Domenico invece il sacrificio è atto performativo, frutto di una lunga, bramosa programmazione. E il fatto che questa performance, di fronte a una schiera di spettatori deliranti e al suono distorto dell’Inno alla gioia, avvenga a cavallo della statua di Marco Aurelio al Campidoglio suggerisce per Tarkovskij un’adesione allo stoicismo dell’imperatore filosofo e alle sue Meditazioni. Come sottolinea Slavoj Žižek nel suo saggio dedicato al cineasta russo, il sacrificio in Nostalghia è governato da un’insensatezza infantile, per cui ecco che il rituale richiesto ad Andrej, ovvero percorrere la vasca di Bagno Vignoni con una candela accesa, è certo gesto meno pirotecnico di quello di Domenico, ma parimenti alimentato dall’adesione a quel gioco ossessivo per il quale il bambino può postulare che “se non salterò su quella precisa pietra della pavimentazione il mondo finirà”. Ci vuole fede per crederlo. E dunque in Domenico riconosciamo anche il ruolo dello jurodstvo russo, lo “stolto in Cristo” della religione ortodossa che, come l’idiota dostoevskiano e il fool shakespeariano, rifugge l’omologazione con atti orgogliosamente insensati, atti di pura fede. E dunque, aggiungerebbe Tarkovskji, di poesia.

Ma, in realtà, quanti artisti e “folli” contiene il protagonista di Nostalghia? Oltre a se stesso, c’è l’oggetto della sua ricerca, il compositore Pavel Sosnovskij, poi c’è Domenico, più volte inoltre le sue parole diventano quelle di Arsenij Tarkovskij, padre del regista. Infine, fuori e dentro il film, ci sono Andrej Tarkovskij e Tonino Guerra, che firmano la sceneggiatura.
Ma l’intera struttura del film nega questa molteplicità e, con i suoi passaggi dal presente al passato, dal qui all’altrove, esprime il concetto che la poesia è unica, si colloca in un sincretismo temporale e in un non-luogo attingibile a tratti, dove il poeta si può solo immergere. Come nel tepore della vasca di Bagno Vignoni, sulle orme di Santa Caterina.
E in tal senso, pensando all’incontro tra Tarkovskij e Tonino Guerra, Nostalghia si può leggere anche, in filigrana, come il risultato di una grande amicizia, un’amicizia di quelle dove, riprendendo le elucubrazioni del personaggio di Domenico, 1+1 non fa 2, ma 1.

Info:
La scheda di Nostalghia sul sito del Palazzo delle Esposizioni.
Il trailer di Nostalghia.

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