Stars at Noon

Stars at Noon

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Presentato in concorso al Festival di Cannes 2022, Stars at Noon ha i contorni del film fuori tempo massimo, l’ennesimo vagare tra i generi e i contesti (storici o meno) di Claire Denis. Qui si ondeggia in maniera superficiale tra erotismo e spy story, in un susseguirsi di slittamenti narrativi stranianti e amplessi deprivati della carica ormonale. Il Nicaragua sembra un pretesto esotico, come la pandemia, evocata un po’ a caso. Come il sesso, tanto da rimpiangere persino Orchidea selvaggia.

US Go Home

Trish, una giovane e bella giornalista statunitense, bloccata senza passaporto in Nicaragua nel bel mezzo di un’elezione e costretta a prostituirsi per raccattare qualche dollaro americano, incontra per caso Daniel, un viaggiatore inglese nel bar di un hotel. Finiscono a letto insieme, ma non è evidentemente solo per soldi. Sembra essere l’uomo perfetto per aiutarla a fuggire dal paese. La ragazza si rende conto troppo tardi che, al contrario, proprio a causa del suo misterioso amante, si sta addentrando in un groviglio inestricabile di segreti e pericoli… [sinossi]

Claire Denis mette liberamente mano al romanzo di Denis Johnson, abbandona almeno in parte l’idea di «ricostruire […] la rivoluzione sandinista», si affida alla magnetica e filiforme bellezza di Margaret Qualley e cerca di tenere in piedi una sorta di spy story anni Ottanta\Novanta narrativamente slabbrata, zeppa di sesso alquanto patinato e ben poco ormonale. Selezionato in concorso al Festival di Cannes 2022, Stars at Noon non ci riconcilia col cinema della Denis.
È sospeso nel tempo e nello spazio il suo film: potrebbe essere ambientato ovunque e in qualsiasi momento, tanto è distaccato dalla realtà che mette in scena. Panama: no, Nicaragua. Il 1984: no, praticamente l’altro ieri. Soldati in ordine sparso, individui loschi dietro l’angolo, un inglese belloccio e una ragazza troppo bella-svestita-disinibita per passare inosservata. E un po’ di mascherine e cartelli covid, ma en passant.

Potrebbe anche andare bene così, come per le motivazioni che restano fuori campo di Daniel o il background sostanzialmente inesistente di Trish – si veda la videochiamata con John C. Reilly, il capo redattore statunitense che scarica subito la ragazza, forse giornalista, forse no. In fin dei conti, alle traiettorie della passione e dell’amore non si comanda: perdersi nel vortice di un paese esotico lega da sempre con la componente erotica, ma è un meccanismo abusato, abbastanza rischioso, soprattutto se accompagnato da un intellettualismo – nella scrittura, nella messa in scena – che si prende troppo sul serio ed è privo di guizzi, ironia, misura.
Volendo smontare e rimontare Stars at Noon per soppesarne le due anime, ci resterebbero in mano due blocchi: da un lato, l’intricata spy-story, che sfugge le regole del genere, infischiandosene del realismo e dello stesso meccanismo, ma senza offrire tangibili alternative; dall’altra, la parabola amorosa di Trish e Daniel, composta sostanzialmente da nudi di Margaret Qualley e amplessi da copertina. In questo senso, viste le potenzialità erotiche della giovane attrice, già apprezzata nell’ultimo film di Tarantino (ma anche nella serie Maid), potremmo considerare Stars at Noon una sorta di dilatazione un po’ stonata e un po’ lisergica del ruolo da ninfetta in C’era una volta a… Hollywood: in questo senso, visto anche l’insistere un po’ feticista sui piedi della Qualley, potremmo (ri)considerare Stars at Noon come unfilm di soli corpi. Anzi, vista l’impalpabilità di Daniel, un film su un solo corpo, una sorta di ode a un’adolescenza prolungata, a una leggiadria che solitamente svanisce presto per lasciare posto ad altre forme della bellezza. In qualsiasi caso, davvero troppo poco per questa tropical malady che cerca quarti di nobiltà arruolando anche Benny Safdie.

Info
La scheda di Stars at Noon sul sito del Festival di Cannes.

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