X – A Sexy Horror Story

X – A Sexy Horror Story

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Diretto da un ispirato Ti West, X – A Sexy Horror Story è uno slasher atipico nel moderno panorama del genere, che del cinema del passato (qui la fine degli anni ‘70) ricrea non solo la patina, ma anche e soprattutto la sostanza.

Fare sesso e morire in Texas

Nel 1979, una piccola troupe prende in affitto un’isolata residenza del Texas rurale per girare un film pornografico. Giunti sul posto, tuttavia, i membri del gruppo notano da subito il fare poco amichevole dei proprietari del luogo, un’anziana e inquietante coppia di coniugi… [sinossi]

In un cinema horror in cui il filone citazionista e vintage è diventato ormai un sottogenere, un trend tanto redditizio quanto spesso infarcito di cliché, fa piacere vedere, ogni tanto, un film che di certo cinema prende non solo la patina esterna, ma anche e soprattutto la sostanza. Diretto da un regista tra i più interessanti del panorama indipendente degli ultimi decenni come Ti West, X – A Sexy Horror Story è quasi un corpo estraneo nell’attuale panorama del genere horror/slasher; un’opera in cui il citazionismo è parte di una costruzione narrativa e filmica che vuole guardare davvero, senza ammiccamenti furbeschi e concessioni al gusto contemporaneo, alle atmosfere del cinema a cui si rifà. Uno sguardo che stavolta corre un po’ più indietro rispetto agli onnipresenti anni ‘80, risalendo alle basi stesse di quel cinema; a quei seventies, cioè, che avevano visto nascere – in seno a una costola della New Hollywood – autori come Tobe Hooper e Wes Craven, che avevano dato una scossa al genere ponendo le basi per ciò che avremmo visto nel decennio successivo. Proprio da quel filone coi piedi ben piantati nell’exploitation, in un cinema sporco e di rottura, capace di usare il genere come provocazione – e insieme rappresentazione a tinte fosche di certa provincia americana – nasce questo lavoro di Ti West. Un lavoro che non a caso flirta anche con un genere pornografico che, ancora lontano dalla produzione di massa dei decenni successivi, conservava in se un potenziale a sua volta “rivoluzionario” e di rottura.

A partire da una prima inquadratura che, grazie al buio ai bordi dell’immagine, rimanda a quell’1.37:1 che spesso vedremo fare capolino nel film (nello specifico, nelle immagini del filmato girato dai protagonisti) X – A Sexy Horror Story punta a rendere in modo filologico l’estetica dell’exploitation di marca seventies, in una fotografia densa e spessa, a volte sovraesposta, che simula efficacemente il 35mm. I rimandi a Non aprite quella porta, opera che in qualche modo rappresenta la base di partenza per il film, sono evidenti e dichiarati fin dalle prime battute; dai protagonisti che si approssimano a quello che sarà il luogo della mattanza (con tanto di sosta premonitrice in autogrill) all’incontro con l’inquietante coppia di anziani, in un contesto rurale e assolato in cui pare di respirare, fin dall’inizio, decadimento e morte. Ma il film di Ti West inanella con gusto una serie di altre citazioni, da Venerdì 13 a Quel motel vicino alla palude, arrivando a Shining e Psyco, e passando persino per uno dei film che per primi, a fine anni ‘70, esplorarono il tema dell’industria del porno, ovvero Hardcore di Paul Schrader. La cosa che tuttavia colpisce positivamente, di questo reticolato di rimandi al cinema del passato (non solo horror), è la sua coerenza e la sua capacità di risultare quasi sempre centrato e giustificato, tanto narrativamente quanto nelle atmosfere. Come insomma – in altro contesto – ha fatto Tarantino in C’era una volta… A Hollywood, West è stato capace di ricreare tanto il periodo messo in scena, quanto la sua rappresentazione cinematografica.

Se la mattanza portata sullo schermo nella parte centrale di X – A Sexy Horror Story è quanto di più prevedibile – vista anche la stretta fedeltà del film a un filone slasher da cui non si registrano deviazioni – meno scontato è ciò che Ti West racconta nel frattempo. Nei due personaggi interpretati (bene) da Mia Goth si registra infatti un continuo rispecchiarsi, un’attrazione/repulsione che si traduce da un lato in dolente rimpianto per il passato, dall’altro in malcelato terrore per un futuro più nebuloso di quanto non si vorrebbe credere. La più volte ribadita voglia di Maxine di sfondare nel mondo del porno, di conquistare il successo alle sue condizioni (voglia che, nella sequenza conclusiva, troverà una più solida giustificazione), trova il suo contraltare nella maschera grottescamente decaduta di Pearl; personaggio, quest’ultimo, vagante – fisicamente e metaforicamente – tra le nebbie di un passato di cui inizia a sfumare anche la memoria. In questo senso, il film gioca efficacemente col montaggio alternato, mettendo in parallelo il film girato dai protagonisti e le reali vicende di Pearl e di suo marito Howard, e recuperando in una sequenza anche lo split screen che tanto cinema indipendente (da Brian De Palma in poi) aveva utilizzato proprio negli anni ‘70. Proprio le inusuali scelte di montaggio – che a volte fanno sfumare una sequenza nell’altra attraverso un’efficace alternanza di frame – rappresentano un altro punto che allontana il film di Ti West da molto horror moderno, preoccupato da un lato di sovraccaricare il ritmo, dall’altro di linearizzare il più possibile il racconto.

Va comunque sottolineato che X – A Sexy Horror Story resta innanzitutto un prodotto di genere, un’opera che tocca gioiose punte di gore in modo consapevole, e anche divertito. Tuttavia, laddove si paragoni il film – per fare un esempio – a quello Studio 666 uscito nelle nostre sale solo due settimane fa (altro esempio di horror che guarda consapevolmente al passato) va detto che il film di Ti West mantiene a suo modo una sostanziale sobrietà, oltre a un più marcato sottotesto sociale. In fondo, nella più volte ribadita ossessione del redneck Howard per il diritto costituzionale a sparare – a patto che la vittima oltrepassi la proprietà – si vede la più plastica rappresentazione di una società che resta immobile, nei decenni e oltre. Più di quarant’anni fa, quel mondo rurale, violento e intimamente razzista, che guarda con sospetto un nero anche se ha da poco “servito la patria”, portava esattamente le stesse istanze di oggi. Nel period horror – ci si passi la definizione – del film di West, si può leggere così la più efficace descrizione di un immobilismo reazionario che pare destinato a protrarsi, immutabile, per altri decenni. Intanto, predicatori vecchi e nuovi – insieme a poliziotti poco perspicaci – potranno continuare a puntare il dito sulle rappresentazioni cinematografiche come fonte di qualsiasi devianza, che siano horror, pornografiche, o altro.

Info
X – A Sexy Horror Story, trailer.

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