Un mondo a parte

Un mondo a parte

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Con Un mondo a parte dopo oltre venti anni Riccardo Milani torna ad ambientare una vicenda in Abruzzo; lo fa riprendendo il tema dell’uomo di città a contatto con un habitat a lui poco consono, e allargando la visuale a molte delle discussioni più accese della contemporaneità.

Poesia Boscareccia

Per il maestro elementare Michele Cortese sembra aprirsi una nuova vita. Dopo 40 anni di insegnamento nella giungla romana, riesce a farsi assegnare all’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico: una scuola composta da un’unica pluriclasse, con bambini dai 7 ai 10 anni, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Grazie all’aiuto della vicepreside Agnese e dei bambini, supera la sua inadeguatezza metropolitana e diventa uno di loro. Quando tutto sembra andare per il meglio però, arriva la notizia che la scuola, per mancanza di iscrizioni, a giugno chiuderà. Inizia così una corsa contro il tempo per evitarne la chiusura in qualsiasi modo. [sinossi]

Chissà se Michele Cortese, il maestro lodigiano trapiantato da trentacinque anni a Roma che finalmente vede accettata la sua richiesta di essere trasferito a Rupe immaginario e microscopico paesino dell’Alto Sangro (in realtà si tratta di Opi, una delle cittadine incluse nell’area protetta del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise), ha mai avuto modo di conoscere durante la sua vita capitolina il collega Vincenzo Lipari, che da professore di lettere in un istituto tecnico sulla Tiburtina rimpiangeva i bei tempi in cui si ritrovò a insegnare proprio nella Marsica, in quel San Monaco Ruparo che è nella realtà San Sebastiano dei Marsi. È davvero interessante notare come Un mondo a parte, tredicesimo film di finzione per Riccardo Milani, si riallacci in qualche modo all’esordio Auguri professore che nel 1997 prese l’abbrivio da Solo se interrogato di Domenico Starnone nel tentativo di ricalcare i fasti del di poco precedente La scuola di Daniele Luchetti (a sua volta tratto dai testi di Starnone). In una certa qual misura la nostalgia di Lipari, che vagheggiava il trascorso abruzzese diventa la novità che spinge Cortese, a sua volta disilluso dal tran-tran romano – anche se la rappresentazione della periferia cittadina appare un po’ troppo tranchant, dominata com’è da figuri che fin da piccoli risolvono tutto a minacce e violenza – e quindi desideroso di confrontarsi con la natura incontaminata, dove al posto del traffico ci sono lupi ululanti, branchi di cervi, aquile in volo. Era da ventuno anni, dalla lotta operaista al centro de Il posto dell’anima, che Milani non tornava ad ambientare la propria narrazione in Abruzzo: della regione era originario il personaggio interpretato da Paola Cortellesi in Scusate se esisto!, ma la parte più recente della produzione di Milani trovava più consono il territorio romano come location, magari con qualche puntata in provincia. Dopotutto la filmografia del sessantaseienne regista è in qualche modo spaccata in due: da un lato la commedia amarognola, il dramma puro, perfino la tragedia che si fanno spazio dall’esordio fino a Piano, solo, circa un decennio più tardi, e dall’altro il tentativo riuscito di divenire un mattatore del box office, con meccanismi oliatissimi – spesso affidati alle eccellenti doti attoriali della consorte Cortellesi, attiva sovente anche in fase di scrittura – che hanno permesso ai vari Benvenuto Presidente!, Mamma o papà?, Come un gatto in tangenziale e il suo seguito, e Ma cosa ci dice il cervello di dominare il botteghino.

In una certa qual misura Un mondo a parte sembra volersi riallacciare agli esordi, e non è casuale che dopo non pochi film che erano in realtà fotocopie di originali transalpini (c’erano infatti già stati Papa ou Maman di Martin Bourboulon, e poi Tout le monde debout di Franck Dubosc divenuto Corro da te e infine Grazie ragazzi che riprende Un triomphe di Emmanuel Courcol) Milani sia tornato a una storia completamente propria, sradicata dall’epicentro produttivo nazionale per tornare a ragionare sulle zone liminari, su ciò che solitamente resta fuori dallo schermo, e non viene preso in considerazione. E allora forse in tal senso va letto il titolo, che riprende quello dell’appassionante film con cui esordì alla regia Chris Menges nell’oramai lontano 1988: lì si parlava di marxismo, apartheid, lotta contro le diseguaglianze, e qui Cortese vorrebbe che le nuove generazioni combattessero fieramente la lotta contro il cambiamento climatico. Ma c’è qui e un ora, un hic et nunc, che parla di come la resistenza nella scuola sia per la sopravvivenza stessa degli istituti, in zone disabitate perché il Capitale ha richiamato le forze altrove, e probabilmente ha richiamato anche i desideri altrove. D’altro canto anche i quattro protagonisti de La guerra degli Antò volevano lasciare Montesilvano per andare a fare i punk ad Amsterdam, per poi tornare vitellonescamente con le pive nel sacco. La lotta è da combattere nei paesini, una lotta di dignità e di sopravvivenza di luoghi che hanno una cultura a sua volta dismessa, dimenticata, abbandonata. I bambini sanno chi fu Cesidio Gentile detto “Jurico”, poeta-pastore – poeta e pastore – che da illetterato si mise a discettare del mondo e della natura; ma diverranno adolescenti insoddisfatti, privi di prospettive, e anche loro agogneranno solo fuggire quei luoghi arrivando addirittura a pensare di togliersi la vita perché impossibilitati a esprimere la propria identità.

Ne mette davvero molta di carne al fuoco Milani, tra profughi ucraini, imprenditori che vogliono dissanguare il territorio, giovani che provano a diventare agricoltori, leggi che possono essere un po’ aggirate perché è giusto farlo, immigrati marocchini che oramai parlano in dialetto meglio degli autoctoni, palestre e piscine abbandonate al degrado, riferimenti a La restanza di Vito Teti, invettive contro un sistema che ha reso gli insegnanti la vera classe proletaria contemporanea – ma per lo più senza prole – e chi più ne ha più ne metta. Per ordire questo racconto morale, che non manca di didascalismi anche eccessivi, e di una retorica che di quando in quando si fa problematicamente estetica (quel ralenti sulla corsa collettiva per salvare la giovane adolescente dal suicidio nel lago è davvero difficile da sostenere), si affida a un grande classico della commedia, vale a dire il professionista di città che si ritrova in un luogo a cui non è climaticamente abituato, e deve imparare ad adattarsi. Va detto che rispetto ai protagonisti di Doc Hollywood o Io speriamo che me la cavo Cortese fa di tutto per raggiungere Rupe, ma il concetto di base non cambia. Così eccolo affrontare la neve con i mocassini e doversi far accendere la stufa da uno dei suoi studenti – che risulterà fondamentale anche in un altro nodo cruciale della vicenda –, mentre fuori dalla sua casetta risuona l’ululare notturno dei lupi. Forse Un mondo a parte esagera sotto il profilo della melassa con cui ricoprire l’intera struttura narrativa, ma va detto che pochi come Milani osano la commedia gentile, in Italia, la commedia provinciale, per di più tentando anche di sollevare questioni per niente banali. E sempre in pochi possono contare sulla mesta amabilità di un attore come Antonio Albanese, qui alla quinta esperienza professionale insieme al regista, che insieme all’ottima Virginia Raffaele accompagna un cast composto per lo più da locali, da non attori – non solo i bambini – che sono chiamati quasi a fare loro stessi. L’amalgama riesce perfettamente, e non è un dato scontato. Quel che ne viene fuori è un’elegia all’Italia sotterranea, e in particolar modo com’è ovvio all’Abruzzo (oltre a Opi hanno un ruolo, nel film o come luoghi di provenienza del cast, Villetta Barrea, Pescasseroli, Rionero Sannitico, Bussi sul Tirino, Popoli, Cerchio), di cui vengono anche elencati i “padri nobili”, da Gabriele D’Annunzio a Ivan Graziani – di cui si sentono in colonna sonora sia Agnese che Taglia la testa al gallo, e sul cui eroe contadino “Jurico” si torna anche nel finale, quasi a ribadire l’urgenza politica del film. Si ride, durante la visione di Un mondo a parte, ma sempre a denti stretti, come se il futuro che attende quei luoghi – e lo sguardo dello spettatore – fosse minacciato come le specie salvaguardate nel Parco.

Info
Un mondo a parte, il trailer.

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