12.12: The Day

12.12: The Day

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Presentato al Far East Film Festival 2024, 12.12: The Day di Kim Sung-soo è l’ennesimo prezioso tassello di una mappatura storica che il cinema sudcoreano sta portando avanti soprattutto nella sua fondamentale dimensione mainstream. L’anello di congiunzione tra The President’s Last Bang e A Taxi Driver, la messa in scena del tracollo morale e politico di una nazione, ma anche la dimostrazione di una lucidissima capacità di (ri)leggere quello che è stato.

National Security

Nel dicembre 1979, la Corea del Sud sembra essere sull’orlo di un grande cambiamento, dopo l’assassinio, alla fine di ottobre, del presidente-dittatore Park Chung-hee, che aveva governato il paese per molti anni. Questo evento sconvolgente ha messo sottosopra il sistema politico sudcoreano e instillato la speranza di riforme democratiche nella popolazione. Il presidente appena nominato ha dato segnali di apertura nei confronti del cambiamento, e anche l’esercito, di gran lunga l’istituzione più potente del paese, non da alcuna indicazione che lo ostacolerà. Immaginando un futuro nuovo e più libero, i comuni cittadini e i media iniziano a parlare di una cosiddetta Primavera di Seoul. Ma sotto la superficie sta covando il dissenso… [sinossi – fareastfilm.com]

Dopo The President’s Last Bang, dopo l’omicidio di Park Chung-hee, terzo presidente della Corea del Sud dal 17 dicembre 1963 fino al 26 ottobre 1979. Insomma, dopo quel fatidico giorno di ottobre che avrebbe dovuto rappresentare una svolta, un futuro migliore. Non sarà ovviamente così. Non ci sarà nessuna primavera di Seoul. Un’altra data, una notte infinita, un colpo di stato. 12.12: The Day di Kim Sung-soo racconta gli eventi che, internamente alle forze armate, porteranno a una lunga stagione di sangue, a una dittatura ancor più spietata. L’industria cinematografica sudcoreana, a differenza di pellicole decisamente più svagate nonostante il contesto storico (si veda, sempre al Feff 2024, il trascurabile Ransomed), affronta con estrema serietà la storia interna del periodo nero. Film dopo film, mantenendo un livello produttivo e artistico ragguardevole, il cinema sudcoreano sta tracciando un ampio e dettagliato racconto, una cronaca anche ispirata, mai banale.

Sequenza dopo sequenza, persino inquadratura dopo inquadratura, si aprono porte temporali che da 12.12: The Day ci portano altrove. In questo senso, è emblematica la sequenza delle torture nel bagno: ovviamente è pura suggestione, ma sembra di ritrovarsi all’improvviso in un altro film, immersi nel calvario indicibile di National Security di Chung Ji-young, altra pellicola fondamentale – anche per il Far East, edizione 2013. Oppure quel rimando finale al massacro di Gwangju (si veda A Taxi Driver), appena sei mesi dopo il colpo di stato. E allora la caratterizzazione di Chun Doo-hwan, quella sua risata finale, non è solo funzionale agli eventi di 12.12, a quel maledetto giorno, ma è la rappresentazione mefistofelica di quello che avverrà, il segno della vittoria del Male.
In alcuni passaggi e personaggi quasi caricaturale, 12.12: The Day tratteggia un ritratto impietoso dei vertici militari, puntando il dito non solo contro i golpisti, ma anche contro quella selva di alti ufficiali, funzionari e persino ministri che hanno voltato le spalle al loro popolo e al loro dovere. E qui la scelta di Jung Woo-sung (il generale maggiore Lee Tae-shin) e di Hwang Jung-min (Chun Doo-hwan) risulta fondamentale non solo come veicolo commerciale ma soprattutto per rimarcare la distanza abissale tra i due uomini e per dare a entrambi il giusto spessore: fedele alla sua divisa e alla giustizia Lee, imponente e generoso; diabolico e meschino Chun, con l’ennesima performance memorabile di Hwang Jung-min, attore istrionico ma anche capace di essere misuratissimo, che ha oramai attraversato tutti i generi possibili.

Le lunghissime ore ricostruite punto per punto in 12.12: The Day sembrano perfino incomprensibili nella prima parte del film. Troppi nomi, volti, sigle, corpi militari. Un caos. Ma è proprio questo caos, questa lentezza strutturale, questo ammasso labirintico, l’humus che ha permesso a Chun Doo-hwan di penetrare tra le numerose crepe del sistema, tra la spire sempre poco democratiche del mondo militare. E poi, sul piano squisitamente narrativo, il volume difficilmente gestibile di informazioni della prima parte amplifica e innalza la figura di Lee Tae-shin, riesce a rendere palpabile la drammaticità della solitudine dell’eroe, della fragilità delle istituzioni, della resa di una democrazia che ancora non aveva visto la luce. 12.12: The Day è un blockbuster che sceglie di essere più rigoroso che spettacolare, pur non rinunciando a una marginale – ma alquanto efficace – componente di scontri a fuoco: non c’è però alcuna esaltazione da war movie ma solo il retrogusto amarissimo della sconfitta e dell’oscuro domani che verrà.

Info
Il trailer di 12.12: The Day.

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