Of Dogs and Men

Of Dogs and Men

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Presentato a Orizzonti di Venezia 81, Of Dogs and Men è il nuovo film del regista israeliano Dani Rosenberg, un semi-documentario e un instant movie sui tragici fatti del 7 ottobre, realizzato poche settimane dopo, girando nei kibbutz che si affacciano alla Striscia di Gaza dove è avvenuto il massacro. Per un autore fortemente critico verso le politiche del governo israeliano, un momento di pausa e riflessione.

Ritorno al kibbutz

Alle prime luci dell’alba, la sedicenne Dar torna al suo kibbutz alla ricerca del suo cane scomparso, perduto durante il massacro a cui è sopravvissuta giorni prima. Affronta gli orrori impressi nel luogo e nei volti di chi la circonda e assiste alla cruda realtà della tragedia che si svolge oltre la recinzione di Gaza. Intrappolata tra coloro che cercano vendetta e coloro la cui fede nell’umanità resta incrollabile, Dar cerca di trovare la propria voce. [sinossi]

Il cinema dell’israeliano Dani Rosenberg sembra rincorrere e intrecciarsi con gli ultimi drammatici sviluppi del conflitto mediorientale. Il suo precedente film, The Vanishing Soldier, presentato a Locarno 2023, raccontava una società israeliana nevrotica, dominata dalla psicosi dell’ostaggio in mano palestinese. Il film è stato profetico ma anche subito superato dai fatti. Gli ostaggi rapiti da Hamas, dopo l’attacco del 7 ottobre, sono circa 250, oltre l’inimmaginabile fino a quel momento. Travolto da quell’evento, Rosenberg si organizza nel più breve tempo possibile per realizzare un film sull’attacco, iniziando a girare già verso fine ottobre 2023, a poche settimane dalla strage. Il risultato è Of Dogs and Men, presentato a Orizzonti della Mostra del Cinema 2024, un atto di dolore acuto per la sofferenza delle vittime di quei tragici fatti.
Viene in mente Himizu di Sion Sono, girato nei luoghi dello tsunami, ma in quel caso si trattava di aggiungere qualcosa a un film già progettato, la vera riflessione del regista giapponese sull’evento dell’11 marzo 2011 sarebbe stata il successivo film The Land of Hope. Dani Rosenberg realizza dal nulla un instant movie, con un esile soggetto: una ragazza torna al kibbutz dove è avvenuta la carneficina per cercare il suo cane smarrito. Il ritorno in quei luoghi devastati diventa un modo per il regista di esplorare l’orrore che i terroristi di Hamas hanno compiuto e al contempo una documentazione a freddo delle macerie, della distruzione. Per un autore che si è segnalato per posizioni caustiche nei confronti delle autorità israeliane, come appunto nel precedente The Vanishing Soldier, qui gli eventi e le emozioni prendono il sopravvento. Il film è tutto lì, Rosenberg evita accuratamente di puntare dita, di giudicare all’interno del film, di prendere in considerazione il contesto. Non si fa quasi nemmeno cenno a Hamas come al governo di Netanyahu. Viene in mente il film che Oliver Stone realizzò sull’11 settembre, World Trade Center, dove per un attimo abbandonò la sua vis polemica, lui che è sempre avuto uno spirito fortemente critico sull’America, per inchinarsi di fronte alla tragedia.

In quell’orrore fa seguito subito un altro orrore, quello dei bombardamenti di Gaza: immagini di entrambi i massacri vengono mostrati, con discutibile senso pornografico, nel cellulare della ragazza. Ma la sua ricerca del cane è in definitiva una ricerca dell’uomo, di scampoli di un’umanità che sembra perduta. Tra gli abitanti del kibbutz sopravvissuti, c’è chi invoca la bomba atomica come quelle sganciate dagli americani in risposta a Pearl Harbour – non era in realtà stata la reazione immediata – ma anche chi sostiene che gli israeliani non possano diventare come nazisti e massacrare i palestinesi. Il titolo steinbeckiano ci riporta a un umanesimo, forse perduto, nella continua relazione con gli animali. La ragazza che cerca il proprio cane, e che si rivolge a un’associazione animalista che cerca di mettere in salvo gli animali dispersi in scenari di guerra o attacchi terroristici, pone dei dubbi su gerarchie valoriali, quando sono stati fatti massacri di bambini. Ma qualcuno dice pure che gli animali non sono malvagi come gli esseri umani. E si tratta di evidenziare come questi eventi tragici corrispondono, da entrambe le parti, a soddisfare un desiderio di vendetta, che non è un istinto animalesco ma un sentimento antico come l’umanità, che ha alimentato la tragedia greca come Shakespeare. E in tale senso va letta la sequenza animata con il cane nella Gaza sotto le bombe israeliane. Un segmento poetico che vorrebbe staccare dalla cruda testimonianza del reale, e forse evocare il potere dell’animazione sulla scia di Valzer con Bashir. Non siamo certo ai quei livelli ma in effetti non è la perfezione che va pretesa da un lavoro come Of Dogs and Men. Aspettiamo eventualmente una riflessione a freddo in un prossimo lavoro di Dani Rosenberg.

Info
Of Dogs and Men sul sito della Biennale.

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