La moglie del cuoco

La moglie del cuoco

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Ai tipici tratti del “cinema medio” francese, La moglie del cuoco aggiunge la vocazione alla varietà della cucina e la leggerezza della commedia romantica. Ma somiglia più a una degustazione che a un’abbuffata.

Il gusto degli altri

Quarantenne divorziata con ex marito e nuova compagna come migliori amici e figlio adolescente come ragione di vita, Marithé lavora in un centro per l’impiego dove quotidianamente intervista donne licenziate o in casse integrazione per aiutarle a scoprire la vocazione professionale. Un giorno, mescolata fra disoccupati e indigenti, si infiltra Carole, ricca borghese sposata con uno chef d’alta cucina. Insoddisfatta e frustrata di vivere all’ombra del prestigio e delle passioni del marito, Carole si rivolge a Marithé per emanciparsi e trovare una sua via. Ma quando Marithé viene coinvolta proprio dallo chef per trovare delle cameriere per il suo nuovo locale, fra i due scatta qualcosa di più di un semplice rapporto di lavoro… [sinossi]

“Anche l’occhio vuole la sua parte” è un detto valido tanto al cinema quanto in cucina. Al punto che forse è per questa comune inclinazione verso l’estetica e l’apparenza, oltre che per i sapori delle cose (non era forse Hitchcock che diceva che i film non sono fette di vita ma fette di torta?), che i loro percorsi si sono incontrati in varie occasioni al crocevia dei sentieri che conducono al cuore. Cinema e cibo è uno di quei binomi che emanano il profumo di storie romantiche negli spettatori e l’odore dei soldi per i produttori. Racconti di passioni leggere e appetitose destinati a un sicuro successo, tanto in termini di happy ending che di cifre degli incassi. Da questo triangolo fra cinema, cibo e cuore si fa tentare anche La moglie del cuoco, opera quarta dell’attrice francese Anne Le Ny.
Molto nota in Francia come caratterista (era fra i comprimari dei due successi La guerra è dichiarata e Quasi amici), Anne Le Ny è anche regista e sceneggiatrice di commedie umane che rientrano a pieno in quel “cinema medio”, né d’autore né mainstream, che caratterizza buona parte della produzione francese. Un tipo di cinema che può contare su ottimi attori e su soggetti invitanti, di solito incentrati su vizi e virtù della classe media. A queste caratteristiche congenite, La moglie del cuoco aggiunge la vocazione all’abbondanza e alla varietà dell’arte della cucina da una parte, e la leggerezza della commedia romantica dall’altra. Della prima, interpreta la miscela di ingredienti come un continuo cambio di direzione della storia. Dalla seconda, coglie invece un piacere effimero che la rende agile da guardare e facile da digerire. L’insieme fra le due inclinazioni, purtroppo, somiglia più a un’inappagante degustazione di piatti sofisticati che a una specialità della casa invitante oltre la sazietà.

La moglie del cuoco parte come un buddy movie fra due donne divorziate, si infiltra nel realismo sociale con un occhio alla classe operaia e l’altro a quella benestante, per poi oscillare fra la rom-com classica sulla guerra dei sessi e quella più moderna del triangolo fratricida, a seconda che la protagonista Karin Viard si accompagni allo chef Roschdy Zem o alla viziata Emmanuelle Devos. Ma nell’eseguire la ricetta dimentica il vero ingrediente capace di amalgamare tutti i vari sapori della commedia che mette in pentola: la cattiveria. In tutte le azioni dei tre protagonisti, che si tratti di intrighi dissimulati, capricci fedifraghi o machismi sciovinisti, c’è sempre una controparte di grazia e carineria che ne alleggerisce il peso ma ne sminuisce il senso. E con esso il gusto del racconto. Perché se la cucina non ammette mai niente di cattivo, le storie – soprattutto quelle che parlano di invidia femminile, schermaglie sentimentali e triangoli dissimulati – ne hanno bisogno come il pane.

Info:
Il trailer di La moglie del cuoco su Youtube
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