Nobody Wants the Night

Nobody Wants the Night

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Isabel Coixet cala Juliette Binoche tra le nevi eterne, al fianco di una ragazza eschimese: Nobody Wants the Night è un’elegia mancata sulla tenacia femminile. Film d’apertura alla 65esima edizione della Berlinale.

Quella casa in fondo al ghiaccio

Groenlandia, 1908. Josephine, moglie del famoso esploratore Robert Peary, si imbarca in un pericoloso viaggio per raggiungere il marito, impegnato a trovare una strada che lo porti al Polo Nord. Dopo numerosi ostacoli e difficoltà, la donna ripara in un rifugio in cui è convinta di poter riabbracciare il marito. Si trova invece al cospetto di una misteriosa ragazza eschimese. Le due saranno costrette a condividere un lungo periodo di coabitazione coatta. [sinossi]

Non arriva niente di buono dal film d’apertura della 65esima edizione della Berlinale, Nobody Wants the Night di Isabel Coixet, che è anche in competizione nel concorso principale del festival. Specializzata in malattie e disgrazie tutte al femminile (basti ricordare in tal senso La mia vita senza me con Sara Polley malata terminale o la Penelope Cruz, altrettanto prossima al decesso e accoppiata con Ben Kingsley in Lezioni d’amore), la Coixet stavolta si sceglie come interprete Juliette Binoche – un po’ imbalsamata – e la catapulta tra le nevi eterne in cerca del marito esploratore dei ghiacci.
Ispirato alle reali vicende riguardanti Robert Peary, che pare sia stato il primo a raggiungere il Polo Nord nel 1909 (ma si tratta di una vexata quaestio tuttora oggetto di dibattito), Nobody Wants the Night ragiona proprio sull’assenza dell’uomo, impegnato a inseguire le sue ambizioni, e dunque sul protagonismo delle donne, costrette a sopravvivere da sole. Josephine (è il nome del personaggio interpretato dalla Binoche), infatti, affronterà un lungo e periglioso viaggio pur di riabbracciare il consorte; si ritroverà invece reclusa in pochi metri quadrati, circondata da varie tempeste di neve e in compagnia di un’altra donna, la giovane eschimese Allaka (interpretata dall’attrice feticcio della Coixet, Rinko Kikuchi), con cui svilupperà un rapporto di odio/amore.

Piagnucolosa ma determinata, raffinata ma un po’ ottusa, la nostra protagonista non riesce a farsi portatrice di quel che sarebbero dovute essere le intenzioni della Coixet: mettere in mostra la tenacia femminile al di là della sua apparente debolezza. Un ritratto in cui avrebbe dovuto avere un suo peso il rapporto con la ragazza eschimese: ma, al di là del banale confronto/scontro tra la snob civilizzata e la buona e saggia selvaggia, non emerge decisamente nulla di interessante.
Più che altro, però, Nodoby Wants the Night è ammantato di un’aria posticcia, di un imminente pericolo sempre finto, di ghiacci che sembrano fatti di plastica (ad eccezione della prima, bella inquadratura con una slavina dirompente), di paesaggi che restituiscono lo sguardo disattento dell’autrice. In effetti, non è che ci si possa improvvisare registi di imprese sovrumane – ed Herzog, presente qui al festival, si farà un sorrisetto nel vedere questo film – tanto più che la Coixet resta indecisa su quel che ci vuole mostrare. Perché, se tutto sembra andare nella direzione del dramma da camera circondato dalle nevi eterne, allora ci si domanda per quale motivo perdere tempo per quasi un’ora nel mostrarci le difficoltà del viaggio intrapreso dalla Binoche (con tanto di Gabriel Byrne barbuto e decisamente fuori parte); viaggio in cui tra l’altro la Coixet si esibisce in maldestre riprese di frane che, inspiegabilmente, travolgono i cani da slitta, ma non gli umani.
Evidentemente c’era la necessità produttiva di coniugare spettacolarità e sentimento, grandeur e intimismo. La conseguenza però è che Nobody Wants the Night non riesce a raggiungere nessuno degli obiettivi prefissati.

Classico titolo di intrattenimento ‘raffinato’ europeo, con contorno di co-produzione internazionale e di attori che recitano forzatamente in lingua inglese, Nobody Wants the Night riflette involontariamente il fallimento dell’aspirazione europeista da raggiungere da un punto di vista cinematografico. Non troppo diversamente dall’Unione europea, che è governata e sottomessa ai diktat economici, infatti il cinema del vecchio continente le rare volte in cui fa dialogare differenti paesi è per via di queste super-produzioni che annullano ogni tipo di identità e cercano di parlare un non meglio definito linguaggio globalizzato. È lontana l’Europa autoriale post-resistenziale e sessantottina, internazionalista e non mestamente e supinamente internazionale.

Info
La scheda di Nobody Wants the Night sul sito della Berlinale
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