Tris di donne & abiti nuziali

Tris di donne & abiti nuziali

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Vincenzo Terracciano approda a Venezia, nella sezione Orizzonti, con il suo terzo lungometraggio: Tris di donne & abiti nuziali è un film d’attori che in realtà dimostra anche uno sguardo acuto sull’ossessione, e sulla crisi, sia essa economica o personale.

La vita è un gioco

Franco Campanella è un ex impiegato delle Poste sulla sessantina, già da qualche anno in pensione. L’uomo è padre affettuoso di Luisa, professoressa, e Giovanni, cameriere. La moglie Liliana, sua compagna fin dai tempi del liceo, è una casalinga che si industria in mille lavori visto che Franco è un giocatore. L’uomo non ha particolari preferenze, gioca a poker e ai cavalli, alla roulette e a zecchinetta, al lotto e alla tris. Finora è sempre riuscito a mantenere un equilibrio, seppure precario, tra la sua vita pubblica e quella di giocatore, nonostante l’aperta disapprovazione del figlio Giovanni. Ora che però Luisa sta per sposarsi la situazione cambia. [sinossi]

Quello di Vincenzo Terracciano è un nome pressoché sconosciuto alle platee cinematografiche italiane: diplomatosi al Centro Sperimentale di Cinematografia, Terracciano ha esordito alla regia nel 1998 con il deludente Per tutto il tempo che ci resta, per poi replicare l’amara sorta con il corale (e in fin dei conti più riuscito) Ribelli per caso, agrodolce commedia corale di ambiente ospedaliero, che venne mandata allo sbaraglio nell’ingorgo natalizio del 2001, uscendone ovviamente con le ossa rotte. Poi, più nulla… Cinematograficamente parlando, si intende, perché Terracciano ha pensato bene di concedere la propria arte al demone televisivo, lavorando per Mediaset a un buon numero di miniserie. È dunque con una certa sorpresa che ce lo si ritrova di fronte con Tris di donne & abiti nuziali, che approda in sala dopo il buon successo di pubblico e critica ottenuto alla Mostra del Cinema di Venezia, dove è stato allocato nella sezione Orizzonti: innanzitutto il più grande torto che si possa commettere nei confronti della pellicola è quello di ridurre il tutto a un accorato elogio del cast. Sia chiaro, Tris di donne & abiti nuziali è un film d’attori, e di grandi attori tra l’altro: basterebbe la prima sequenza, quella che vede il protagonista Franco tentare in tutti i modi di convincere la banca a concedergli un prestito sulla base di una pensione tutt’altro che rassicurante, per strappare un applauso anche ai più scettici nei confronti di un monumentale Sergio Castellitto – forse l’attore italiano più dotato di reggersi in piedi in bilico sulla sottile corda che divide la commedia dal dramma, come dimostrato ampiamente anche nel recente Questione di punti di vista di Jacques Rivette – e lo stesso discorso potrebbe valere per Martina Gedeck (Le particelle elementari, Le vite degli altri, The Good Shepherd e La banda Baader Meinhof alcune tra le più recenti frecce a sua disposizione), Paolo Briguglia, una Iaia Forte come al solito fuori misura eppure paradossalmente trattenuta, neanche fosse tesa a raggiungere il punto di ebollizione.

È vero, dunque, Tris di donne & abiti nuziali è un film di attori: ciononostante sarebbe ingiusto non riconoscere a Terracciano la pervicace volontà di lavorare di fino in fase di sceneggiatura. Laddove in passato l’autore napoletano aveva mostrato una certa faciloneria nell’approcciarsi alla descrizione dei personaggi, trasformati ben presto in macchiette – e con il contesto sociale in cui erano inseriti a fungere da mero sfondo senza troppa importanza –, in questa occasione l’intero impianto narrativo sembra maggiormente oliato, e la descrizione d’ambiente acquista un valore senza dubbio non trascurabile. La Napoli di Tris di donne & abiti nuziali è quella dei bassi, dei quartieri spagnoli, della camorra pronta a far capolino dietro ogni angolo, ma non è su questo che si focalizza lo sguardo di Terracciano: in un apprezzabile colpo di coda, il quarantacinquenne cineasta partenopeo concentra la sua attenzione su un microcosmo derelitto eppure inconsapevole di esserlo. Il Franco disegnato con mirabile precisione da Castellitto è un piccolo-borghese incretinito dall’ossessione per il gioco e in fin dei conti destinato a marcire per via di una crisi (economica, di valori, interiore) che non ha più alcun freno inibitorio: la parabola discendente in cui viene invischiata l’intera famiglia di Franco – alle prese con il matrimonio della figlia, altro topos della cultura napoletana che viene riletto con arguzia nel corso del film –, al di là della verve comica che di quando in quando fa capolino, è carica di una tragicità ai limiti del sopportabile. Nella spasmodica ricerca della soluzione negli anfratti angusti e beffardi del poker, si nasconde il vuoto di un’esistenza che non ha senso, e non può trovarlo perché ha perso in toto le coordinate del proprio stare al mondo: tutti nella Napoli descritta da Terracciano si rifugiano nel gioco, taluni dettandone le regole, altri cercando di volgerle a proprio favore, altri ancora subendole senza battere ciglio. Il gioco come unico dispensatore di vita e di morte, unico elemento credibile in un mondo sottosopra, ridicolo prima ancora che straziante.

Una bella lezione, quella impartita al pubblico da Terracciano, per un film che sarebbe il caso di non lasciarsi scivolare con troppa facilità tra le dita, anche solo per un pugno di inquadrature: su tutte, quel primo piano disilluso di Castellitto, in piedi sugli scogli, che esclama “Banco” al pubblico. O, forse, a se stesso.

Info
Il trailer di Tris di donne & abiti nuziali.

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