Uomini senza legge

Uomini senza legge

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Il regista franco-algerino più che a velleità storico-artistiche sembra più interessato a tutte le componenti sentimentali della lotta indipendentista, contrapponendo spesso e volentieri in maniera molto blanda e imprecisa le due fazioni in lotta: casus belli è l’incipit di Uomini senza legge, ove si assommano simbolismi piuttosto spicci e semplificazione estremamente didattiche e illustrative. In concorso a Cannes 2010.

Dillinger

Dopo aver perso la propria casa in Algeria, sottratta dall’esercito francese, tre fratelli vengono sballottolati in giro per il mondo: Messaoud viene arruolato nell’esercito francese e si ritrova in prima linea a combattere per quella che non è la sua patria in Indocina; Abdelkader diventa un leader della lotta d’indipendenza algerina, mentre Said va a Parigi dove fa fortuna prima come protettore di prostitute, poi come propietario di un club. Gli intrecci del destino li farà ritrovare tutti e tre proprio a Parigi, dove la lotta per la libertà del loro popola sta cominciando ad agitarsi… [sinossi]

A distanza di più di quarant’anni da La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo, riesplodono le polemiche intorno all’indipendenza algerina. A riaccendere la miccia stavolta è un franco-algerino, in cui dunque convivono i due fronti allora in guerra, il regista Rachid Bouchareb che ha presentato in Concorso Uomini senza legge (Hors la loi), portando sulla Croisette polemiche, un gruppetto di pericolossissimi residuati bellici novantenni e un altro groppuscolo di nazistelli del Fronte Nazionale. Il film però è come se non fosse mai arrivato, schiacciato forse dalle tante pressioni e dalle polemiche che lo hanno accompagnato: il percorso di Bouchareb è andato via via inaridendosi, a partire da Indigènes (presentato a Cannes 2006) per passare a London River (Berlinale 2009) e arrivare a questa sua ultima pellicola. Pare infatti definitivamente appiattitosi il cinema di questo cineasta oramai abbonato a una rievocazione storica stanca e ripetitiva, televisiva in alcuni suoi punti, che ha firmato con Uomini senza legge una sorta di Baarìa algerino (girato guarda caso nelle stesse locations) con le sue panoramiche (in)espressive su corpi inutilmente in movimento, nei quali però non scorre nulla della rabbia e della lotta indipendentista algerina.

Se ce ne fosse ancora il bisogno, ma davvero pensiamo che questo bisogno non ci sia, questo film conferma la validità della pellicola di Pontecorvo, vero capolavoro di un cinema sì ideologicamente ragionato ma con un occhio attento allo spettacolo e al genere. La distanza pare infatti siderale tra La battaglia di Algeri e questo Uomini senza legge: vero che uno confina la lotta d’indipendenza nella propria terra, l’Algeria, mentre il film di Bouchereb sembra svilupparne una sorta di controcampo girato tutto (o quasi) in terra francese, però il fatto incontrovertibile è che nel film di Bouchareb riesce a mancare sostanzialmente sia l’afflato spettacolare che quello ideologico, sicuramente molto appiattito e superficiale rispetto a quello di Pontecorvo. Il regista franco-algerino più che a velleità storico-artistiche sembra più interessato a tutte le componenti sentimentali della lotta indipendentista, contrapponendo spesso e volentieri in maniera molto blanda e imprecisa le due fazioni in lotta: casus belli è l’incipit del film, ove si assommano simbolismi piuttosto spicci e semplificazione estremamente didattiche e illustrative.

In un elementare montaggio alternato, Bouchareb dà prima spazio ai festeggiamenti a Parigi per la fine della Seconda Guerra Mondiale (con la resa dei tedeschi) e subito dopo mette in scena una protesta di piazza in Algeria per l’indipendenza dalla Francia con l’esercito transalpino che comincia un massacro a colpi di fucile, il tutto sublimato da una retorica scena madre in cui un soldato strappa a forza una bandiera algerina dalle mani di un dimostrante. Ecco allora che la denuncia che in un certo senso provava a mettere in scena (le grida della piazza francese al suono di libertè riecheggiano sinistre nel controcampo algerino dove la libertà è presa a fucilate) viene letteralmente mortificata da una regia didascalica, priva di afflati emotivi veri se non per tappe obbligate in cui dover fare il punto della situazione. I tre fratelli, dapprima separati poi uniti dalla lotta, sono tutto tranne che l’immagine di un popolo in lotta, e poco conta che per certi aspetti Bouchareb voglia trasformare i propri eroi in banditi da noir, quasi fossero dei Dillinger d’origine algerina.

Info
Il trailer di Uomini senza legge.

  • Uomini-senza-legge-2010-Rachid-Bouchareb-01.jpg
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