Pulce non c’è

Pulce non c’è

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Presentato in concorso in Alice nella Città (Festival di Roma), Pulce non c’è ha calamitato l’attenzione del pubblico e della critica per la sensibilità e la leggerezza con cui ha messo in quadro il dolore causato da una realtà fraintesa.

Un fulmine a ciel sereno

Pulce ha nove anni, due occhioni accesi e ascolta solo il tango: non parla perché è autistica, ma questo non significa che non abbia niente da dire. Un giorno come tanti, viene portata via dalla sua famiglia senza troppe spiegazioni perché su suo padre grava un’accusa mostruosa. Attraverso lo sguardo divagante e trasognato della sorella Giovanna entriamo nella quotidianità di una famiglia anormale, con il suo lessico pensato per chi può solo parlare per immagini, il suo caos pieno di emergenza e amore… [sinossi]

«Mai sopportati i melodrammi, ma qualcuno aveva deciso d’inscenarne uno nella mia famiglia». Sono le parole di Gaia Rayneri, autrice del romanzo Pulce non c’è e una delle protagoniste reali della vicenda rappresentata nel film di Giuseppe Bonito; un pensiero che ben racchiude quello che le è accaduto quando era bambina, la consapevolezza acquisita col tempo e – facendo una traslazione – anche quello che Pulce non c’è non è e non vuole essere. Sì, perché si sarebbe potuti cadere facilmente nel melodramma, in un pietismo verso la famiglia Camurati vittima di un errore di valutazione, ma la sceneggiatura e la messa in scena evitano di cadere in questa trappola dando vita a un film delicato, sentito, intriso di uno sguardo speciale che prende il via dalla realtà concreta, quella stessa realtà tangibile che da un momento all’altro può trasformarsi in un vortice e finire per travolgere i protagonisti.

«Se qualcuno chiede alla mamma qual è il problema di Pulce, lei risponde Encefalopatia epilettogena da sofferenza feto-connatale con ritardo mentale grave e disturbo pervasivo dello sviluppo che rientra nelle patologie dello spettro autistico. Se lo chiedete a me, invece, rispondo che Pulce non è mai stata un problema: è mia sorella, mica un trattato di medicina neurocomesichiama». Eccola qui Giovanna (Francesca Di Benedetto), l’alter ego di Gaia, mentre ci racconta come lei vive e vede l’handicap di sua sorella Margherita (Ludovica Falda), detta Pulce. Non deve essere facile vivere con una patologia e (con)vivere con una persona cara affetta da handicap, ma i bambini hanno infinite risorse e Giovanna col suo sguardo genuino, curioso, talvolta ironico ci trasmette tutto il suo affetto per la sorellina svelando una capacità di vedere quell’handicap come qualcosa di speciale e a suo modo normale e non di diverso.

Forse per elaborare il dolore, metabolizzarlo e superarlo in modo costruttivo l’operazione più difficile da compiere è proprio quella di vedersi come altro da sé ed è per questo che l’autrice del romanzo ha optato per una scrittura filtrata dagli occhi di una ragazzina fantasiosa, dalla voce comica e con tutti i problemi adolescenziali propri di quell’età (vedi la scelta dell’abbigliamento, il desiderio di piacere ai coetanei).
Sulla carta è stato questo il punto di partenza per dare a Pulce non c’è uno sguardo fresco e candido, poi il passaggio sullo schermo ha implicato un ampliamento dello sguardo “dall’interno” che coinvolgesse anche i genitori, pur prevalendo il punto di vista della sorella adolescente. Nella sua opera di esordio Bonito dimostra di avere tatto nel maneggiare una vicenda accaduta realmente e nel traghettare lo spettatore in un viaggio verso l’autismo – «che è condizione tragica e appassionante insieme» [1] – e nel mondo umano-disumano. Fotogramma dopo fotogramma l’ironia – cifra stilistica del romanzo – lascia il posto al giusto equilibrio tra lirismo e delicatezza, il lessico familiare si intervalla con il linguaggio degli assistenti sociali e con la decodifica della Comunicazione Facilitata [2]. Basta una lettura errata della Comunicazione Facilitata per spezzare un equilibrio familiare fatto anche dei piccoli riti che aiutano Pulce a vivere (su tutti la bibita preferita della piccola, il tamarindo).
Pulce non c’è suona così una come sinfonia delicata e autentica – merito anche delle interpretazioni delle giovani attrici e dell’intenso padre interpretato da Pippo Delbono; sfiora un sottotono con la mamma di Marina Massironi che non delude nelle corde drammatiche, ma a momenti sfiora il limen tra realistico e finzionale accentuando troppo i toni tragici.

Presentato in concorso in Alice nella Città [3],  la sezione di Cinema per ragazzi, parallela e autonoma dal Festival Internazionale del Film di Roma, Pulce non c’è ha calamitato per la sensibilità e la leggerezza con cui ha messo in quadro il dolore causato da una realtà fraintesa; quella di Bonito è, infatti, una regia discreta e asciutta, qualità che ben si sposano con i toni scelti e con l’argomento messo a tema.
Pulce è solo una bambina, c’è e questo film – o forse ancor più la consapevolezza che si tratta di una storia vera – ce lo dimostra. «Pulce non c’è e non ci sarà mai, non c’è per i periti e non c’è per i libri di mamma Anita, non c’è per le maestre perché non suona Bach, non c’è per i paparazzi perché suo padre non l’ha violentata, non c’è per tutti noi perché lei non è e non vuole essere come noi ce la immaginiamo».

Note
1. Dalle note di regia.
2. La spiegazione di Giovanna del metodo della Comunicazione Facilitata: «Funziona così: tu prendi un bambino autistico, lo fai sedere davanti a un computer o, meglio, a una macchina da scrivere con display elettronico, gli metti una mano sotto il polso, prima, poi quando diventa più bravo la mano si sposta, va al gomito, poi alla spalla, poi alla testa, poi – miracolo! – addirittura senza mani. Tu lo tocchi e come per magia gli dai sicurezza, e lui scrive tutto quello che per tutta la vita si è sempre tenuto dentro».
3. Vincitore del Premio Speciale della Giuria. Questa la motivazione: «In un panorama cinematografico internazionale di pellicole poco coraggiose è difficile trovare un film che sussurri con delicatezza l’essenza della vita. È per questo che i giurati di Alice nella Città hanno deciso di assegnare il Premio Speciale della Giuria a Pulce non c’è, capace di far emergere con onestà, dignità e profonda dolcezza una realtà spesso fraintesa. In modo fresco e leggero la pellicola racconta una quotidianità difficile con uno sguardo innocente, puro, raro».
Info
La pagina facebook di Pulce non c’è.
Una clip di Pulce non c’è.
Academy Two, distribuzione di Pulce non c’è.
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