Forza maggiore

Forza maggiore

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Con Forza maggiore Ruben Östlund porta in scena la deflagrazione di una crisi familiare durante una vacanza sulle Alpi. In concorso a Cannes nella sezione Un certain regard. Selezionato al TFF 2014.

La valanga

Una famiglia svedese passa le sua vacanze invernali sulle Alpi. Il sole splende e le piste sono magnifiche, ma durante un pranzo in un ristorante montano, una slavina irrompe improvvisa. I clienti del ristorante sono presi dal panico, Ebba, la madre, chiama suo marito Tomas per aiutarla a cercare di proteggere i loro due figli, ma l’uomo si è dato alla fuga pensando solo a salvare la propria vita… La valanga si arresta proprio davanti al ristorante, senza fare danni, e l’universo familiare inizia a sgretolarsi… [sinossi]

Cosa fareste se, in vacanza sulle Alpi con la vostra famiglia, vi ritrovaste di fronte a una slavina, costretti dunque a scegliere tra la certezza della vostra personale incolumità e il tentativo di mettere al riparo da rischi moglie e figlioletti?
Prende l’aire da questo interrogativo morale Turist (in italiano, Forza maggiore), quarto lungometraggio diretto dallo svedese Ruben Östlund, ospitato per l’occasione all’interno del concorso di Un certain regard alla sessantasettima edizione del Festival di Cannes, dove ha per di più ricevuto il Prix du jury. Un riconoscimento che può a prima vista sembrare eccessivo, visto che sono rimasti a bocca asciutta titoli come Jauja di Lisandro Alonso e La chambre bleue di Mathieu Amalric, ma che in realtà va a premiare un progetto cinematografico del tutto personale, in grado di affrontare una narrazione a dir poco usurata (lo stato di crisi all’interno di una famiglia) con uno spirito mai prono, disposto a cercare vie alternative. Ecco dunque che la centralità del discorso attorno al quale ruota Forza maggiore non è più il microcosmo familiare composto da Tomas, Ebba e i loro due bambini, ma bensì la montagna, elemento immoto e troneggiante, in grado di volta in volta di uccidere, proteggere, accogliere, disperdere, ritrovare. Il dramma di Tomas ed Ebba, con la moglie che non riesce a perdonare al marito di essersi dato alla fuga per timore di una valanga mai davvero concretizzatasi invece di accudire i propri cari, è scandito dagli umori, dai tempi e dalle necessità di un elemento naturale troppo più grande di loro.

Una scelta poetica affascinante, che fa di Forza maggiore un film di continui dualismi: il maschile e il femminile, gli esterni glaciali e gli interni iper-riscaldati dell’albergo di lusso in cui dimora la famiglia, la coppia usurata dagli anni e quella appena formatasi, il giorno e la notte, tutte dicotomie che Ruben Östlund gestisce con metronomica precisione, grazie anche a una messa in scena rigorosa, che non evita il potenziale emotivo del film ma lo rinchiude, lo controlla, lo gestisce in  maniera a tratti persino eccessiva.
Si ride di gusto, in Forza maggiore, e allo stesso tempo si prova una sensazione di continua inadeguatezza, quasi che le discussioni tra Tomas ed Ebba fossero destinate a tracimare oltre lo schermo, alla stessa stregua di quella slavina appena accennata. I giorni si susseguono, la crisi entra nello stadio definitivo, ma non c’è deflagrazione perché nulla può davvero giungere a una soluzione. Ruben Östlund si “limita” dunque a costruire una sequenza conclusiva entusiasmante, chiudendo in crescendo il proprio film e lanciando per la prima volta uno sguardo benevolo verso un’umanità imperfetta, slabbrata ma mai asettica. Un’opera affascinante, in attesa che la poetica espressiva (e la scrittura) del quarantenne cineasta svedese maturi definitivamente.

Info
La scheda di Force Majeure – Turist (Forza maggiore) sul sito del festival di Cannes
Il trailer di Forza maggiore su Youtube
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