Il cacciatore e la regina di ghiaccio

Il cacciatore e la regina di ghiaccio

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Il cacciatore e la regina di ghiaccio è perfino più arenato e privo di guizzi del film precedente, e ancor più appiattito sui cliché del fantasy cinematografico contemporaneo. La Biancaneve dei fratelli Grimm (si fa per dire), dopo l’allontanamento dalla produzione di Rupert Sanders a seguito del suo flirt con Kristen Stewart, è finita nelle mani dello specialista in effetti speciali Cedric Nicolas-Troyan, qui al suo esordio al timone di una grossa produzione.

Tra prequel e spin-off, un deludente ibrido che azzera la magia dei Grimm

Molto tempo prima che la lama di Biancaneve trafiggesse la regina cattiva Ravenna, sua sorella Freya era stata vittima di un terribile tradimento e per questo aveva deciso di lasciare il Reame. Possedendo il dono di poter congelare ogni suo nemico, la giovane Regina dei Ghiacci aveva trascorso decenni in un lontano palazzo innevato, formando una legione di letali cacciatori, tra cui Eric e la guerriera Sara, per scoprire infine che i suoi due prediletti avevano contravvenuto al suo unico dettame: chiudere per sempre il cuore ai sentimenti… [sinossi]

Si fa molta fatica a scorgere delle dosi anche minime di freschezza e di interesse dietro un’operazione stanca e derivativa come Il cacciatore e la regina di ghiaccio, che si appiattisce mestamente sul film precedente, Biancaneve e il cacciatore, del quale rappresenta al contempo un prequel e uno spin-off, senza però possedere l’identità specifica né del primo né del secondo e ritagliandosi un’autonomia creativa totale ma assolutamente discutibile rispetto al materiale di partenza fornito dalla favola dei fratelli Grimm. Il risultato, manco a dirlo, è un ibrido irrisolto e deludente che si colloca esattamente a metà tra i due modelli produttivi, faticando a trovare un equilibrio, una quadratura o anche solo dei sotterfugi che possano smascherare la filiazione un po’ automatica dal film del 2012, rispetto al quale il lavoro dell’esordiente Cedric Nicolas-Troyan è subalterno e dipendente oltre il livello di guardia. Indispettirsi per il ricorso a nuclei narrativi ed elementi fiabeschi già ampiamente adattati e sviscerati altrove è di per sé un atteggiamento inutilmente fuori dal tempo: è naturale che questo tipo di operazioni alimentino se stesse lavorando su archetipi, snodi e situazioni non inediti, secondo un meccanismo inalienabile che ha radici ben più profonde dell’industria dell’intrattenimento e dei blockbuster di oggi, favolistici e non.

A irritare, semmai, sono la sciatteria, col pilota automatico rigorosamente inserito, con la quale una simile operazione è condotta in porto e la meccanicità delle singole trovate, talmente prevedibili, anche in sede produttiva, da sospendere preventivamente ogni stupore o sospensione dell’incredulità. La Biancaneve di Kristen Stewart, sacrificata un po’ a forza insieme al regista Rupert Sanders dalla Universal dopo il flirt che li vide protagonisti sul set precedente, lascia il posto a una coppia di novelli Romeo e Giulietta interpretati da Chris Hemsworth e Jessica Chastain, fiori all’occhiello dell’esercito letale messo in piedi dalla regina Freya di Emily Blunt e innamorati condannati alla segretezza, alla distanza, all’infelicità, a un misunderstanding veicolato dalla malefica regnante ostile a qualsiasi forma d’amore che costituisce la fragile e stiracchiata ossatura centrale del film. Un debito talmente palese rispetto alla tragedia shakespeariana da far risuonare in maniera impietosa la grancassa di un’assenza d’ispirazione a dir poco allarmante. Se a ciò si aggiunge anche il debito abissale nei confronti della Elsa di Frozen nella messa a punto del personaggio di Freya, il quadro generale comincia seriamente a incupirsi, senza contare il solito contorno rappresentato dai nani più o meno simpatici utilizzati come intermezzo comico, un riempitivo talmente abusato da risultare stucchevole e da indurre seriamente a dubitare della buona fede degli autori.

Perfino gli effetti digitali, che erano il punto di forza del film precedente e lo sono anche del pedigree del nuovo regista, già assoldato per la saga de I Pirati dei Caraibi e per altre produzioni di peso, sono incolori e deludenti e in più di un’occasione appaiono poco credibili e tridimensionali, eccessivamente plastici e computerizzati, in particolare per ciò che riguarda il design degli elementi naturalistici. Le scene d’azione, dal canto loro, non se la passano meglio: si veda ad esempio un ralenti casuale inserito pretestuosamente nel bel mezzo di un paio di sequenze d’azione, spezzando così il ritmo e rendendo la scena inevitabilmente posticcia e affettata. In linea, insomma, con un’operazione tagliata con l’accetta e dal sapore artificiale, un dosaggio di ingredienti e citazioni al limite del plagio, che mescola i già citati Shakespeare e Frozen a un fallimentare e già visto viaggio ai confini di un regno desolato in stile Il signore degli anelli, senza infondere alcuna vita ai palesi debiti d’ispirazione e ancor meno spessore ai già rivedibili personaggi. Nemmeno Jessica Chastain riesce a tenere in piedi la baracca e il diritto all’autonomia rivendicato dalla sua eroina appare un tirante psicologico blando e non adeguatamente approfondito, utile però a traghettare il film fino a un finale stonato e ridondante, zeppo di scontri fisici, colpi di scena elementari e l’inevitabile apparizione a mo’ di deus ex machina della cattivissima Ravenna di Charlize Theron, ricoperta di un abito dorato che ai più smaliziati ricorderà ironicamente i gloriosi tempi della pubblicità della Dior, allontanando auspicabilmente i loro pensieri da ciò che di dimenticabile scorre sullo schermo.

Info
Il trailer italiano de Il cacciatore e la regina di ghiaccio.
Il cacciatore e la regina di ghiaccio su facebook.
Il sito ufficiale de Il cacciatore e la regina di ghiaccio.
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