Un archivio Welles a Torino
Da più di vent’anni nella biblioteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino è sepolto un amplissimo archivio cartaceo appartenuto a Orson Welles: sceneggiature inedite, appunti preziosi su The Other Side of the Wind, sul Don Chisciotte e su altro. Un ennesimo pezzo del complicato puzzle wellesiano che sarebbe necessario studiare e che finora non ha ricevuto sufficiente attenzione.
[Questo articolo è pubblicato contestualmente anche su Forma Cinema e su Wellesnet]
Tutto sembra sempre tornare a Citizen Kane e ai frammentari, molteplici, ipertrofici e irrimediabilmente confusionari lasciti di Charles Foster Kane, il leggendario personaggio interpretato dal giovane Welles nel suo film più celebre. Tutto sembrava essere già stato pensato da Welles in quello che, prima di Too Much Johnson, pensavamo fosse il suo esordio. Noi stessi che, a distanza di decenni, continuiamo ad alambiccarci con ciò che ci ha lasciato il cineasta americano eravamo in fin dei conti già pensati in quel film, alla continua ricerca di una qualsiasi Rosebud che possa un bel giorno risolvere il mistero del suo cinema.
Ora, pochi mesi fa, ci siamo resi conto che esiste un altro imprescindibile pezzo del puzzle: uno sterminato archivio di appunti wellesiani depositati alla bibliomediateca Mario Gromo del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Ancora una volta l’Italia, dunque.
Dopo i negativi del Don Chisciotte, sequestrati da decenni a Roma a Cinecittà e salvati dal macero dal montatore Mauro Bonanni (la più che ventennale causa è finita e Bonanni ha perso anche il terzo grado del giudizio, quei negativi dunque saranno prossimamente depositati al Münich FilmMuseum), dopo il fortunoso e misterioso ritrovamento di Too Much Johnson a Pordenone che ha permesso di vedere per la prima volta questo film-non-film muto del ‘38 (in cui si è potuto verificare che Welles maneggiasse già con grande abilità la macchina-cinema ben prima di Citizen Kane), dopo il controverso restauro del Mercante di Venezia, realizzato anch’esso con il contributo di rulli provenienti sempre da Pordenone, ecco ora un vecchio-nuovo tassello depositato in Italia che nessuno si è mai peritato di studiare seriamente.
Vecchio perché, come detto, è dal 1995 che il Museo Nazionale del Cinema di Torino – all’epoca presieduto da Paolo Bertetto – ha acquisito questo materiale. Nuovo perché quasi nessuno lo sa e perché, come ci ha riferito chi ne ha curato l’inventario, la dottoressa Carla Ceresa, nel corso degli anni non vi è mai stata richiesta per la consultazione, se non per l’appunto da parte nostra.
Ma cosa c’è di interessante in questo labirintico archivio? Molto, a giudicare dallo sguardo necessariamente superficiale che gli abbiamo potuto dare. Inventariato da Carla Ceresa nel 1998, l’archivio è composto da 126 documenti e 44 faldoni.
Sono presenti, a titolo di esempio, diverse versioni di sceneggiature dei seguenti film, realizzati e non: Because of the cats, Ivanka 1968-1969, Jacob 1963, Soldier Soldier 1969, Surinam (Victory) 1973, Treasure Island 1964-1974, The Man Who Came To Dinner 1972, The Trial 1960, The Vip’s, The Immortal Story, The Deep (aka Dead Reckoning) 1968-1975, F for Fake 1971, The Other Side of The Wind 1972-1974.
Vi sono inoltre una serie di lettere relative alla corrispondenza tra Welles e la sua fidata segretaria Ann Rogers (1971-1974), riguardanti in particolare la sofferta lavorazione di The Other Side of The Wind. In più, cinque cartelle sono dedicate a materiali relativi al Don Chisciotte, anch’esse probabilmente molto preziose e tutte da studiare. Ancora, tra i documenti, si annovera anche una corposa corrispondenza privata relativa alla terza moglie di Welles, Paola Mori, durante il soggiorno nella ben nota villa di Madrid, quella in cui avrebbe avuto luogo il famoso incendio con relativa distruzione di pellicole preziose. Leggenda che viene smentita proprio da queste carte, come dimostrano gli articoli di giornali spagnoli qui catalogati – probabilmente dallo stesso Welles o da Paola Mori – e come dimostrano anche alcune lettere dedicate all’argomento: l’incendio, che effettivamente ci fu, coinvolse solamente la biblioteca, con la perdita di alcune sceneggiature e di libri autografati.
Ma, oltre a questo, l’archivio torinese può risolvere qualche enigma? Per ora è impossibile saperlo, perché per l’appunto andrebbe studiato a fondo, e perché probabilmente questo materiale deve poter essere messo a confronto almeno con quello che si trova negli Stati Uniti all’università del Michigan, in cui l’uno sembra il completamento dell’altro.
Ancora una volta, dunque, la soluzione sembra una sola: avere la possibilità di riunire tutti i pezzi del puzzle per poter finalmente avere chiaro il quadro d’insieme. E, se questo vale per gli archivi cartacei wellesiani, vale ancor di più per i suoi film incompiuti, di cui esistono tracce in più luoghi. Si pensi solo a Don Chisciotte: in Francia alla Cinémathèque c’è la presunta copia-lavoro, a Cinecittà ci sono i negativi (probabilmente, come detto, ancora per poco), a Madrid c’è altro materiale ancora, e così via. Se si potessero riunire in un unico posto questi rulli e se si potessero contestualmente consultare gli appunti relativi – e, come detto, qualcosa di molto interessante in tal senso c’è proprio a Torino – forse finalmente si potrebbe riuscire a districare il mistero di questo mastodontico film incompiuto, che tanto ha ossessionato il nostro massimo esperto wellesiano, Ciro Giorgini, scomparso purtroppo nell’aprile del 2015 e a cui tanto dobbiamo.
A più di trent’anni dalla morte di Welles, avvenuta nel 1985, d’altronde la sua opera appare sempre più attuale, proprio perché i nodi che la riguardano sono ben lungi dall’essere sciolti. In tal senso, la questione principale ci pare essere proprio quella che verte sui numerosi film incompiuti che il cineasta americano ci ha lasciato. Come dargli una consequenzialità e una coerenza narrativa? Come provare a montarli, se non vi erano precise indicazioni in proposito? Come tentare di dargli una compiutezza se non l’hanno mai avuta? A queste domande di recente si è provato a rispondere prima nel 2013 con un’operazione filologica quale è stata quella di Too Much Johnson, e poi nel 2015 con un forzoso tentativo di ricostruzione quale è stata l’edizione del Mercante di Venezia. Ora attendiamo con trepidazione il prossimo maggio quando sembra che, al Festival di Cannes, verrà presentato The Other Side of the Wind, per il cui ‘completamento’ sono stati trovati i soldi necessari grazie all’intervento di Netflix.
Ma quello che ci chiediamo è: invece di affidarci di volta in volta a differenti ‘esperti’, produttori, amici di Welles, non sarebbe il caso di istituire una commissione internazionale che possa avere a disposizione tutto il materiale wellesiano e provare così a dare il giusto senso e il giusto ordine a un lascito filmografico tanto complesso? Una singola cineteca non può avere il necessario potere contrattuale per avanzare una proposta del genere. Ma se le varie cineteche europee e statunitensi si riunissero, mettendo a disposizione tutto il materiale che è depositato da loro, forse questo passo sarebbe possibile.
Perché la sfida non è solo ‘ritrovare’ e dare visibilità all’ennesimo materiale wellesiano rinchiuso in qualche cellario, la vera sfida è certificare e sottolineare che questo materiale è rimasto incompiuto e merita di essere visto in quanto tale, vale a dire che – come nelle altre arti, basti pensare ai lirici greci, a Kafka o a Michelangelo – anche nel cinema esiste l’incompiuto e deve essere visto, studiato e analizzato come e quanto i film ‘compiuti’. Per via dell’impervio incedere della sua carriera, Welles può essere la chiave per permetterci di allargare il campo di studi relativo al cinema, consentendogli una buona volta di diventare effettivamente la Settima Arte.
p.s. Il merito della “riscoperta” dell’archivio wellesiano di Torino è di Massimiliano Studer, che nei prossimi mesi pubblicherà un libro su Too Much Johnson ed è anche dottorando presso il DAMS di Udine per una ricerca proprio su The Other Side of the Wind. L’informazione sull’esistenza di questo archivio Studer l’ha avuta dal Prof. Franco Prono del DAMS di Torino.
Per ulteriori approfondimenti vai al nostro speciale dedicato a Orson Welles.