La ragazza del bagno pubblico
di Jerzy Skolimowski
Per l’omaggio a Jerzy Skolimowski, che riceve quest’anno il premio alla carriera del Polish Film Festival di Gdynia, è stato presentato un suo grande classico inglese, Deep End, malamente rititolato in Italia come La ragazza del bagno pubblico. Un’esplosione di erotismo, di colori e di libertà della macchina da presa.
Cinema leggero, che ti vibra nelle ossa, ti entra nella pelle
Il quindicenne Mike viene assunto in un bagno pubblico. Qui fa la conoscenza di Susan, sua collega, di dieci anni più grande di lui. L’erotismo della ragazza conquista subito il giovane, tanto da farlo diventare sempre più ossessivo. [sinossi]
A rivedere un film come Deep End (uscito all’epoca in Italia con il titolo de La ragazza del bagno pubblico per poterlo meglio ‘incanalare’ nel nostrano genere erotico) è impossibile non farsi prendere da un attacco di nostalgia filogenetica verso un periodo in cui la libertà espressiva era tutto. Questo primo film inglese di Jerzy Skolimowski, diretto nel 1970 e presentato in versione restaurata alla 43esima edizione del Polish Film Festival in occasione del Platinum Lions alla carriera che gli viene assegnato qui a Gdynia, unisce la grande lezione stilistica della scuola polacca degli anni Sessanta con l’esperienza della Nouvelle Vague (cui Skolimowski era approdato nel ’67 con Le dèpart – in italiano, ahinoi, Il vergine – Orso d’Oro a Berlino), facendola confluire nella temperie della (declinante) Swinging London e del Free Cinema inglese. Il tutto, però, viene per l’appunto proposto da Skolimowski senza alcun tipo di intellettualismo o di simbolismo, quanto attraverso una messa in scena anarchica e insieme controllatissima e al servizio di un racconto dalle dinamiche basiche ed essenziali. La vicenda dell’adolescente Mike, che viene assunto in un bagno pubblico in cui lavora la poco più che ventenne Susan di cui subito si invaghisce, serve infatti come scusa per costruire un altrove colorato, a-morale e a-legale (il bagno pubblico, per l’appunto) dove tutto sembra essere possibile.
Qui Mike viene educato al sesso, anche con la violenza – in particolare da una cliente del bagno, un’obesa signora che si esibisce in uno spassoso parallelismo tra la terminologia calcistica e quella sessuale -, per poi cercare in ogni modo di conquistare il cuore – o, almeno, il corpo – di Susan. E, attraverso una lunga serie di digressioni, come quella in cui Mike cerca a tutti i costi di impossessarsi di un cartonato in cui è ritratta una spogliarellista identica a Susan, Skolimowski ci disorienta, ci eccita e ci stordisce grazie a un impressionante turbinio di colori e di movimenti della macchina da presa. Il pop londinese, infatti, già ritratto pochi anni prima da un altro grande straniero (l’Antonioni di Blow-up), qui si fa in qualche modo sistema, attraversando ogni strato del film, dalla stessa musica (la canzone di Cat Stevens), all’abbigliamento di Susan (con quel suo trench giallo squillante), passando per i pupazzi che la stessa Susan confeziona nei momenti di noia, fino alla leggerezza del racconto e della messa in scena, per arrivare al sogno definitivo – l’esplosione rossa e blu del finale, dove il colore e il sangue si mescolano inscindibilmente tra le acque della piscina, e dove la morte e l’assassinio diventano forma di liberazione espressiva (in senso quasi argentiano) più che atto contro natura e contro la morale. E il senso di complessiva leggerezza che connota totalmente La ragazza del bagno pubblico viene esemplificato da un assurdo quanto geniale gesto che vediamo svolgersi sul fondo di un’inquadratura, mentre Mike e Susan parlano in primo piano: un uomo si trova sopra una canoa all’interno della piscina e con atto solo apparentemente suicida, ma in realtà giocoso, si auto-ribalta finendo sott’acqua per qualche secondo per poi riemergere subito dopo, sempre a bordo della sua canoa. Un roteare con la morte che anticipa in fin dei conti il finale e che, però, ne segnala al contempo la natura pop, senza alcun tipo di moralismo e di condanna.
D’altronde, come da comica alla Mack Sennett (e la riscoperta dello slapstick è un elemento cardine del cinema inglese di quegli anni, si pensi solo a A Hard Day’s Night di Richard Lester), la polizia – che dovrebbe rappresentare il mantenimento dell’ordine e della morale, viene lungamente sbertucciata nel corso de La ragazza del bagno pubblico. Nella sala cinematografica porno in cui Mike entra di nascosto e riesce a baciare per la prima volta Susan, i classici Bobby londinesi vengono infatti prima abilmente ingannati dal giovane e poi corrotti dal proprietario del cinema grazie a del gin tonic. Mentre, più avanti, un altro poliziotto si presenta al bagno pubblico e sembra voler imporre chissà quale interrogatorio a Mike, mentre invece gli vuole chiedere semplicemente dove sia la toilette.
Anche i Bobby, dunque, vengono presi da Skolimowski come elemento iconico e pop, più che come minaccia all’amoralità che stanno amabilmente tessendo Mike e Susan nel loro altrove acquatico.
L’unica vera minaccia è piuttosto rappresentata dalla Londra grigia, spettrale e inespressiva della gente comune, da quella middle class che assiste silenziosa al litigio in metro tra Mike e Susan, silenziosa ma piena di sussiego nei confronti di questi giovani che non sanno cosa sia la ‘pesantezza’ della vita, che non sanno che – a forza di giocare con l’acqua della piscina – finiranno per andare a fondo, perché il corpo ha un suo peso specifico per quanto Mike si illuda di poter continuare a veder galleggiare per sempre il cartonato di Susan. E allora è qui, in questa contrapposizione tra la piscina e il ‘mondo reale’ che si innesta il confronto di La ragazza del bagno pubblico.
Solo che la realtà di quel mondo grigio è, in fin dei conti, anch’essa solo una facciata. Ed è un grigiore che Skolimowski conosce bene, è quello del realismo socialista, della Polonia da cui se ne andava. Tanto che vien quasi da pensare che ne La ragazza del bagno pubblico la piscina rappresenti i lustrini capitalistici occidentali e l’ambiente middle class (sia pur visibile solo nella scena in metro) stia invece a suggerire l’operosità ottusa dell’Europa Orientale all’epoca sottomessa ai sovietici e alla loro ostenta austerità. Ma forse questa è una chiave di lettura che rischia di ‘appesantire’ la consustanziale leggerezza di La ragazza del bagno pubblico, e dunque è meglio lasciarla volare via come i vestiti di Susan e Mike nel bellissimo pre-finale.
Info
La pagina Wikipedia de La ragazza del bagno pubblico.
La pagina dedicata a Jerzy Skolimowski sul sito del Polish Film Festival di Gdynia.
- Genere: erotico, grottesco, sperimentale, thriller
- Titolo originale: Deep End
- Paese/Anno: GB, Germania Ovest | 1970
- Regia: Jerzy Skolimowski
- Sceneggiatura: Boleslaw Sulik, Jerzy Gruza, Jerzy Skolimowski
- Fotografia: Charly Steinberger
- Montaggio: Barrie Vince
- Interpreti: Anita Lochner, Anne-Marie Kuster, Burt Kwouk, Cheryl Hall, Christine Paul-Podlasky, Christopher Sandford, Diana Dors, Dieter Eppler, Eduard Linkers, Erica Beer, Gerald Rowland, Jane Asher, John Moulder-Brown, Karl Ludwig Lindt, Karl Michael Vogler, Louise Martini, Robert Rietty, Sean Barry-Weske, Ursula Holstein, Will Danin
- Colonna sonora: Cat Stevens, The Can
- Produzione: Kettledrum Films, Maran Film
- Durata: 88'