Wasp Network

Wasp Network

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Wasp Network è il film che Olivier Assayas ha tratto dal libro di Fernando Gomes de Morais The Last Soldiers of the Cold War. Attraverso il racconto della rete spionistica che permise agli agenti segreti cubani di infiltrarsi tra gli anticastristi sabotandone l’operato, il regista francese dirige un’opera sulla finzione, sulla menzogna ma anche sulla necessità di mentire di fronte alle storture sistemiche. In concorso alla Mostra di Venezia.

Gli ultimi patrioti

L’Avana, 1990. René González, pilota di linea cubano, ruba un aereo e fugge dal Paese, lasciando la moglie e la figlia per riparare a Miami. Negli Stati Uniti, fuggito dalla dittatura di Fidel Castro, inizia una nuova vita e viene presto emulato da altri dissidenti cubani in cerca di libertà e opportunità. Ma le cose non stanno per niente così… [sinossi]

“MIAMI – Dieci persone accusate di spionaggio in favore del governo di Cuba sono state arrestate dalla Polizia. L’ufficio del Procuratore distrettuale definisce il caso enorme, ma non dà per il momento informazioni. Secondo fonti cubane in Florida, gli arrestati si sarebbero infiltrati nelle organizzazioni degli esuli anticastristi. L’Fbi avrebbe indagato per quattro anni sulle loro attività. Gli arresti sarebbero collegati al caso dell’abbattimento nel 1996 di due aerei dell’organizzazione Hermanos al rescate da parte dell’ aviazione cubana”. Questa agenzia di stampa del 15 settembre 1998 è la sintesi della vicenda, vera, al centro del nuovo film del francese Olivier Assayas, Wasp Network (tratto dal libro The Last Soldiers of the Cold War di Fernando Gomes de Morais) che racconta un episodio per lo più dimenticato, una propaggine lunga della Guerra Fredda sepolta nella memoria. Mantenendo un tono tutto sommato leggero oltreché brillante, come ne Il gioco delle coppie presentato in Concorso lo scorso anno proprio a Venezia, il regista continua a interessarsi ai rapporti tra apparenze e realtà, tra doppi e verità con un film a prima vista molto lontano dalle sue corde, considerando l’abbondante intreccio, tutto esteriore, da guardie e ladri o spie e infiltrati.

Girato tra Miami e Cuba, questa coproduzione franco-belga-ispanico-brasiliana inizia spiazzando lo spettatore con didascalie esplicative da film “impegnato” e di denuncia contro la dittatura castrista. Dunque è difficile, anzi impossibile, non spoilerare e rivelare che Assayas per un bel pezzo gioca e ci prende in giro, palesando una prospettiva completamente falsa. Quando conosciamo René (Edgar Ramírez) pensiamo che la sua fuga dall’Avana verso la terra delle opportunità sia sincera, motivata dal desiderio di avere qualcosa di più per sé e – un giorno – per la famiglia che ha lasciato a Cuba. E questo vale anche per l’altro fuggitivo (interpretato da Wagner Moura), che arriva alla base militare americana di Guantanamo a nuoto per raggiungere la libertà a stelle e strisce con la volontà di avere successo e denaro. Del resto siamo nei primi anni ’90: l’URSS è caduta, i soldi non arrivano più, Fidel Castro è destinato a crollare e in fretta, i cubani sono OVVIAMENTE uniti nella speranza di una rapida fine del regime. È quando entra in scena il personaggio interpretato da Gael García Bernal che tutto quel che abbiamo visto prende un’altra piega: Bernal dovrebbe infatti essere l’ennesimo esule cubano in cerca di espatrio e invece rivela alla fidanzata – come informazione da tenere assolutamente segreta – di dover andare a Miami per coordinare un gruppo ristretto di falsi transfughi anticastristi, in realtà tutti al lavoro per prevenire le azioni terroristiche messe in atto da gruppi di veri anticastristi convinti che il crollo dell’Unione Sovietica potrà dare la spallata finale agli odiosi comunisti. E riportare finalmente ristoranti, casinò, dollari nella bellissima isola. I tre protagonisti del film in vario modo entrano in contatto con le organizzazioni che, con il placet dei Servizi americani, violano lo spazio aereo cubano, fanno propaganda anticomunista, piazzano bombe negli alberghi (una di queste ha provocato un morto italiano, nel 1997) e progettano di uccidere il Lider Maximo durante il vertice ibero-americano di Panama. Fingendosi filoamericani, i tre riescono a ricevere notizie delle attività criminali – finanziate anche dal traffico di droga – dei loro compatrioti traditori, capitanati da Luis Posada Carriles, esule della prima ora, mente degli attentati negli alberghi e nei principali centri turistici di cui parla il film e (come ormai certo dopo la sua morte avvenuta lo scorso anno) per decenni protetto dalla Cia. Wasp Network esordisce quindi con un falso punto di vista, fingendo di sposare il desiderio di fuga dalla “prigione” dell’Avana: dopo più di mezz’ora smentisce completamente la prospettiva facendoci conoscere il quadro sempre più vasto, complesso e articolato in cui si muovono le organizzazioni anticomuniste di Miami, l’Fbi, i Servizi Segreti di Cuba con i suoi piani e le sue controstrategie. Fino ad affidare alcune annotazioni fondamentali a Fidel Castro stesso, immortalato in un’intervista di repertorio immediatamente successiva all’arresto dei suoi informatori. E che dopo lo smantellamento della cellula di patrioti a Miami chiede, retoricamente: perché mai Cuba non dovrebbe avere strumenti per conoscere anticipatamente i piani terroristici che partono dagli Usa? Perché non dovrebbe mettere in atto azioni di intelligence per sventare morti e stragi? Perché mai il Paese più spiato dagli Usa non avrebbe il diritto di avere un Servizio informativo nei confini del Paese più spione del mondo?

In Wasp Network il regista di Personal Shopper non ribalta solo le aspettative che parrebbe suscitare nell’incipit del suo film, ma l’intera rappresentazione del rapporto tra Stati Uniti e Cuba. Che non è dipinta come una Nazione incapace di possedere strutture di difesa e prevenzione (la rete di cui parla il film ha contribuito a evitare attentati, bombe e incidenti vari), ma come un Paese perfettamente in grado di mobilitarsi sagacemente e modernamente. Alla pari da un punto di vista di intelligenze e capacità, anche se non di soldi e mezzi. Avete mai visto un film in cui l’aviazione cubana abbatte dei velivoli leggeri partiti dalla Florida? Probabilmente no. E raramente si suggerisce in un film che gli Usa sono la patria del terrorismo internazionale. È nel tradire le aspettative (anche narratologiche) scontate, puerili e fomentate dai “vincenti” che Wasp Network trova la sua forza. Usando l’azione, gli stilemi delle spy story o anche dei mafia movie (come nella scena del matrimonio), il film come i suoi protagonisti finge a lungo di essere qualcosa di diverso da ciò che è, mascherando con il genere una serie di riflessioni politiche contenute in una vicenda velocemente messa sotto al tappeto. All’interno di questo quadro, Assayas non rinuncia poi assolutamente a esaminare le differenti posizioni esistenziali e morali dei protagonisti, di cui tratteggia anche la vita privata. Un ruolo molto importante (e una parte molto bella) è quello affidato alla bravissima Penélope Cruz che interpreta Olga, la moglie del pilota René, fiera di essere cubana, sempre centratissima e salda nella propria visione delle cose e al tempo stesso flessibile, capace di virare e capire le situazioni. Assayas non riduce mai i suoi protagonisti a macchiette ottusamente dedite a preservare la Rivoluzione. Né dipinge Cuba con toni o da piagnisteo o da glorificazione sciocca. I protagonisti sono tre individui uniti in un obiettivo, ma che riflettono l’ideale in cui credono attraverso sensibilità e rigore propri. Sono gli ultimi patrioti, tardi partigiani di fine Millennio, mai schiacciati da una rappresentazione manichea o ideologica (così come non lo sono neppure gli americani). Sono le persone, non gli Stati o i “sistemi” a fare scelte e su ogni piano dell’esistenza: schierarsi, stare da una parte o dall’altra, essere in prima fila in una lotta o meno, assumersi le responsabilità delle proprie azioni o disfarsene. Wasp Network non è il miglior film di Assayas ed è un’operazione storico-cronachistica che forse deluderà qualche fan. Ma è un lavoro che, ancora una volta, aggiunge una prospettiva inedita, di brillante intelligenza, alla filmografia di uno dei registi europei più intellettualmente stimolanti e più curiosi del mondo che li circonda.

Info
La scheda di Wasp Network sul sito della Biennale.

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