Molto incinta

Molto incinta

di

Molto incinta è l’opera seconda da regista di Judd Apatow; una rilettura della rom-com in grado di tenere insieme la comicità triviale di Seth Rogen e compagnia e uno sguardo sarcastico ma comunque partecipe sulla borghesia statunitense, i suoi riti e le sue abitudini.

Questi sono i 25

Ben Stone è un ventitreenne scansafatiche con poca voglia di crescere, che ha lasciato il Canada per vivere a Los Angeles e si mantiene con dei fondi ricevuti a titolo di risarcimento per un infortunio e lavora solo sporadicamente. Alison Scott invece è una ragazza in carriera che ha appena ricevuto una promozione dal network televisivo per il quale lavora e vive in casa con sua sorella Debbie. Mentre festeggia la sua promozione in un club, Alison incontra Ben. Dopo una notte di bevute, finiscono a letto assieme… [sinossi]

Chissà cosa ne sarebbe stato della commedia statunitense se Judd Apatow avesse deciso di non lavorare nel cinema; chissà cosa ne sarebbe stato della suddetta commedia se i canadesi Seth Rogen ed Evan Goldberg (e anche Jay Baruchel) non avessero deciso di sconfinare e di tentare l’avventura californiana; chissà, infine, cosa ne sarebbe stato della commedia se Rogen non fosse stato scelto tra i protagonisti della serie televisiva Freaks and Geeks, destinata a esistere per una sola e a suo modo gloriosa stagione ma base portante dell’architrave artistico di Apatow, che rivestiva il ruolo di produttore esecutivo. Tutti questi avverbi servono in qualche misura ad arrivare ad affrontare Molto incinta, ma anche a interrogarsi sul segno fortissimo impresso da Apatow al cinema hollywoodiano, a quella commedia che era stato elemento fondamentale dell’industria ma appariva in crisi nel corso degli anni Novanta per l’incedere del prodotto indipendente. Il cinema di Apatow ha ben poco a che spartire con l’immaginario indie, eppure ha l’intelligenza di proporre una svolta alla catena di montaggio della rom-com, svecchiandone la struttura e ridefinendone i confini. A maggior ragione appare indispensabile tornare a ragionare da vicino su quel fenomeno così stratificato da meritare come appellativo oltreoceano “apatow’s touch” ora che negli Stati Uniti è disponibile on demand Il re di Staten Island, la sesta regia di Apatow e la prima a cinque anni da Un disastro di ragazza. Il marchio di Apatow, l’unico commediante in grado di edificare mattone dopo mattone una vera e propria factory della risata, contaminando e facendosi contaminare da autori tra loro apparentemente molto distanti, è uno dei pochi elementi di vitalità di una Hollywood che per il resto ha chinato il capo di fronte all’avanzata dei cinecomic.

A distanza di tredici anni dalla sua realizzazione, Molto incinta colpisce ancora in profondità per la straordinaria capacità di Apatow di fondere due stilemi narrativi tra loro in aperta contraddizione. Quasi si stesse lavorando su uno schema speculare, il regista e sceneggiatore costruisce due mondi che non hanno assolutamente nulla da dirsi e li spinge allo scontro frontale, aspettando che deflagri l’incoerenza di ciò che sta prendendo corpo in scena, e dunque il suo aspetto naturalmente grottesco, deviante. Da un lato vi è Ben Stone, un ventitreenne che si mantiene solo ed esclusivamente perché quando era poco più di un bambino un camioncino delle poste lo ha investito e riceve ancora l’indennità; vive in una sorta di comune nerd con i suoi migliori amici, e l’unico spirito imprenditoriale che sembra smuovere i suoi interessi è quello di aprire un sito internet in cui sono segnalati tutti gli spezzoni di film – con tanto di minutaggio – con presenza di donne nude. Il tempo lo passa a giocare a ping pong, scherzare con gli amici, fumare erba e immaginare donne che non riuscirà mai a rimorchiare. Agli antipodi c’è invece Alison, che sta cercando di fare carriera in un’emittente televisiva – dove infatti otterrà un’importante promozione –, è di estrazione borghese e vive nella dependance della bella casa della sorella e del cognato (e delle loro due bimbette). Il sottoproletario indolente e l’America “che produce” si scontrano in discoteca, si ubriacano e mentre la colonna sonora piazza sorniona Rock Lobster dei B-52’s se ne vanno a fare l’amore nella dependance, in una notte non proprio di fuoco dalla quale Alison si risveglierà con il dopo-sbronza, pentita e ovviamente incinta. Oltre al sempiterno girare sul tema degli opposti che si attraggono (ma l’attrazione vera e propria arriverà solo con grande pazienza e infinito sforzo, a dimostrazione della volontà di non accettare il dogma hollywoodiano fino in fondo), questa ipotesi narrativa permette ad Apatow di teorizzare la sua idea di commedia sentimentale, portando alle estreme conseguenze il piano già ordito un paio di anni prima con 40 anni vergine. La coppia già scoppiata prima ancora di nascere composta da Alison e Ben non ha solo lo scopo di creare la frattura da sanare indispensabile per una commedia sentimentale degna di questo nome, ma permette ad Apatow di trovare il punto di congiunzione tra due segmenti della risata che fino a quel momento l’industria ha pensato bene di tenere a debita distanza l’uno dall’altro.

Ben e la sua cricca rappresentano la farsa sgangherata, la commedia über triviale tutta giocata sui doppi sensi, sulla sboccatezza dei protagonisti, sulla rappresentazione del sesso: è l’anima anarchica e anarcoide, quella di derivazione landisiana, pronta a mettere a ferro e fuoco tutto, fregandosene in maniera plateale del bon ton. Seth Rogen, Jonah Hill, Jason Segel, Jay Baruchel e Martin Starr (da notare che tutti, eccezion fatta per Rogen, utilizzano in scena i loro veri nomi propri, quasi a suggerire la verità del loro piccolo clan, che in effetti si troverà a lavorare insieme nel corso degli anni su innumerevoli set) sono i cuginetti dei Delta Tau Chi di Animal House o degli Alpha Beta de La rivincita dei nerds, da lì proviene la loro comicità acida e survoltata, con l’unica differenza che il college lo hanno finito da un pezzo, e non sono mai usciti da quella bolla. Alison, Debbie e Pete – e qui, per rimarcare di nuovo il concetto di verità Apatow ricorre invece alla sua famiglia, facendo interpretare a sua moglie Leslie Mann il ruolo di Debbie e portando dunque in scena anche le loro due bambine Maude e Iris, all’epoca rispettivamente 10 e 5 anni; tutte loro torneranno nello spin-off Questi sono i 40 – al contrario sono la perfetta immagine della commedia borghese, ambientata nell’alta società losangelina e dominata da suv, villette a schiera, ginecologi superstar e via discorrendo. L’irruzione di un elemento destabilizzante come Ben in questo schema da un lato permette di mostrare piccole e grandi ipocrisie del vivere borghese, ma dall’altro scatena un processo che è quello tipico del coming-of-age: assumendo l’età mentale di Ben come quella di un adolescente Apatow costruisce per lui un percorso di crescita, innervando ulteriormente Molto incinta di suggestioni aliene, e riscrivendo la prassi del genere, e le sue abitudini.

Come sempre disinteressato alla narrazione classica, Apatow avanza per macro-movimenti, prediligendo la digressione – anche lunga o all’apparenza inessenziale – allo sviluppo delle dinamiche tra i personaggi. Ne viene fuori una creatura bizzarra, mai facile da dominare, borghese e anti-borghese a un tempo. Un oggetto difficile da maneggiare, e che si dimostra sempre vitale, mai prono o semplicistico. Tutto questo è reso possibile anche grazie alla straordinaria amalgama del cast, che si muove come un unico organismo, con una gestione dei tempi comici invidiabile e una capacità di mescolare la fisicità al predominio dialettico senza alcun tipo di forzatura. E la coppia impossibile Rogen/Katherine Heigl strappa realmente lo sguardo allo spettatore, creando un’empatia immediata (ed è divertente ancor più, alla luce di tutto questo, pensare alle chiacchiere che vogliono che l’aria sul set tra i due fosse irrespirabile, e al limite dell’incandescenza) che è poi la chiave di volta del cinema di Apatow, sguaiato e dal cuore palpitante per le storie d’amore a lieto fine, apocalittico e integrato a un tempo, in perenne e gravida contraddizione con se stesso.

Info
Molto incinta, il trailer.

  • molto-incinta-2007-knocked-up-judd-apatow-07.jpg
  • molto-incinta-2007-knocked-up-judd-apatow-06.jpg
  • molto-incinta-2007-knocked-up-judd-apatow-05.jpg
  • molto-incinta-2007-knocked-up-judd-apatow-04.jpg
  • molto-incinta-2007-knocked-up-judd-apatow-03.jpg
  • molto-incinta-2007-knocked-up-judd-apatow-02.jpg
  • molto-incinta-2007-knocked-up-judd-apatow-01.jpg

Articoli correlati

Array
  • Buone feste!

    suxbad recensioneSuxbad – Tre menti sopra il pelo

    di Suxbad – Tre menti sopra il pelo è il demente titolo che in Italia si è scelto di dare a Superbad, teen-movie in odor di demenziale che nel 2007 segnò il ritorno alla regia per Greg Mottola a undici anni di distanza dall'esordio L'amante in città. Un lavoro prezioso, che mescola il picaresco allo slapstick.
  • In sala

    The Big Sick

    di Commedia indie spumeggiante, romantica e commovente, The Big Sick di Michael Showalter affronta love story, malattia e differenze culturali con invidiabile humour.
  • Archivio

    Facciamola finita RecensioneFacciamola finita

    di , L'Apocalisse secondo Seth Rogen and co. Facciamola finita è una sfrenata e irriverente commedia demenziale, che gioca con Hollywood e i suoi cliché.
  • Archivio

    Questi sono i 40 RecensioneQuesti sono i 40

    di Judd Apatow, padre indiscusso della nuova commedia hollywoodiana, porta a termine una sorta di spin-off di Molto incinta, parlando una volta di più di famiglie in crisi e benessere solo apparente.
  • Archivio

    Vicini del terzo tipo RecensioneVicini del terzo tipo

    di Vicini del terzo tipo è una commedia imprecisa ma a tratti estremamente godibile, utile per passare una serata in compagnia degli amici ma destinata a lasciare ben poca traccia di sé negli anni a venire, eccezion fatta per la sempre gradita comparsata di R. Lee Ermey.
  • Archivio

    Strafumati RecensioneStrafumati

    di Buddy movie romantico e gustosamente cialtrone Strafumati di David Gordon Green è pervaso da un'ironia grottesca e maligna e galvanizzato da un ritmo comico indiavolato.
  • Archivio

    Zohan RecensioneZohan – Tutte le donne vengono al pettine

    di Zohan ha un segreto: nonostante ami il suo Paese, è stanco di combattere e desidera avere l'opportunità di prendersi una pausa dall'esercito per esprimere la sua creatività come parrucchiere...