Bardo – La cronaca falsa di alcune verità

Bardo – La cronaca falsa di alcune verità

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Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, Bardo – La cronaca falsa di alcune verità è un’immersione di quasi tre ore nella poetica debordante di Alejandro González Iñárritu, qui sospeso a metà strada tra fellinismi e sorrentinismi smodati e fagocitanti. Commedia, dramma, realtà, sogno, storia personale e artistico-intellettuale, Messico e Stati Uniti, vita e morte, sesso e amore paterno e tutto quel che segue. Tanto, troppo.

Tu vuò fà ‘o felliniano

L’intimo e commovente viaggio di Silverio, un noto giornalista e documentarista messicano che vive a Los Angeles. L’uomo, dopo aver ricevuto un prestigioso riconoscimento internazionale, è costretto a tornare nel suo paese natale, ignaro che questo semplice viaggio lo spingerà verso una profonda crisi esistenziale. La follia dei suoi ricordi e delle sue paure riesce a perforare il presente, riempiendo i suoi giorni di un senso di sconcerto e stupore. Tra emozioni e abbondanti risate, Silverio lotta per trovare risposte a domande universali eppure intime, riguardanti la propria identità, il successo, la fragilità della vita, la storia del Messico e i profondi legami sentimentali che condivide con la moglie e i figli. In breve, cosa significa essere umani in questi tempi molto particolari… [sinossi – labiennale.org]

Sono innegabili il talento e la notevole perizia tecnico-artistica di Alejandro Gonzalez Iñarritu, ma già lo sapevamo ampiamente. Al di là dei giudizi complessivi sulle opere, film come Birdman (o L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) e Revenant – Redivivo sfoggiano infatti una messa in scena fuori dal comune, complessa, perfetta, étonnante. Una messa in scena che, anche con Bardo, o falsa crónica de unas cuantas verdades (La cronaca falsa di alcune verità è il sottotitolo italiano), continua però a sembrarci soffocante, quasi un atto di autocannibalismo. C’è sempre qualcosa di troppo nel cinema di Iñarritu, così perfettamente levigato, così dimostrativo, così distratto sul piano narrativo. Un accumulo che tende all’annientamento.
Nato a Città del Messico nel 1963, lo stesso anno di , Iñarritu probabilmente non poteva che finire col confrontarsi con l’altissima asticella felliniana, con quella irresistibile tentazione che seduce i registi di talento. Fellinismi, ma anche un’immancabile festa dai riflessi sorrentiniani, in un intreccio di poetiche che sono difficili da tenere a bada.

Levigato con cura estrema, mai capace di scavare sotto la pur seducente superficie, Bardo – La cronaca falsa di alcune verità gioca consapevolmente tutte le carte possibili, dalla riflessione su successo e premi alla storia del Messico, dal rapporto con gli Stati Uniti dell’autore e della sua patria al binomio vita\morte, dalla famiglia alle parentesi grottesche, alle derive oniriche, spirituali, agli intrecci narrativi, alla circolarità. Tantissimo, eppure tutto sembra costantemente un mero esercizio di stile che manca l’appuntamento con Fellini, ma anche con Sorrentino – se solo i registi con aspirazioni felliniane\oniriche\ecc si confrontassero con l’episodio Miele amaro (The Sting, 2003) della serie Futurama

Targato rigorosamente Netflix, lussureggiante sfoggio di ambizione autoriale, Bardo – La cronaca falsa di alcune verità è un’operazione (auto)promozionale, una medaglia da appiccicare al petto della piattaforma – grazie, in primis, al sodalizio con la Mostra del Cinema di Venezia, che al contrario di Cannes è saltata fin da subito su questo carro, forse vincitore, forse perdente e dannoso. Ha questo fastidioso gusto autopromozionale anche se rapportata al suo autore, che sul peregrinare di Silverio cuce se stesso, analizzandosi, difendendosi, assolvendosi: dal legame con gli yankee ai premi, dallo smodato intellettualismo a una presunta libertà creativa\narrativa, tutto ci riporta a un parallelo fin troppo facile e che, proprio nel suo farsi e mostrarsi, ci riporta ai vezzi (per noi) inutili di Birdman o Revenant. La stessa fluviale durata, in fin dei conti, sembra più un limite che una vera necessità.

Hernán Cortés e la prevedibile circolarità, i pesci (non volanti) e gli intrecci dimensionali (con soluzioni visive che zoppicano di fronte alle mirabilie di Satoshi Kon o, per restare nel cinema dal vivo, dell’ultimo lavoro di Park Chan-wook), nonostante l’inappuntabile confezione, sono idee e intuizioni accatastate, sospese in un limbo che guarda al cinema d’autore e al cinema d’intrattenimento mancando l’appuntamento con entrambi. Il cinema di Iñárritu, levigato e fascinoso, continua a essere sterile. Perfetto forse per i premi di oggi, meno per la Storia di domani.

Info
La scheda di Bardo – La cronaca falsa di alcune verità sul sito della Biennale.

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