Transformers – Il risveglio

Transformers – Il risveglio

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Transformers – Il risveglio, settimo capitolo e secondo prequel della saga inaugurata nel 2007 da Michael Bay, cerca di rincorrere l’alchimia del capostipite ma manca tanto nella storia quanto nell’azione, anche per via della regia poco ispirata di Steven Caple jr.

Gli autobot di quand’ero bambino non torneranno più

Nel 1994, una coppia di archeologi di Brooklyn si ritrova coinvolta in un antico conflitto attraverso un’avventura in giro per il mondo che si lega a tre fazioni di Transformers: i Maximal, i Predacon e i Terrorcon. [sinossi]

Quesito: può un primo sequel essere il secondo prequel di una saga? Potere del reboot, e di un’industria hollywoodiana che non riesce in questa fase storica a trovare una propria via dell’immaginario che non ricalchi il già fruito, e soprattutto il già venduto. Ecco dunque arrivare sugli schermi Transformers – Il risveglio, che riprende le fila del discorso là dove l’aveva abbandonate nel 2018 Bumblebee, il film che segnava l’esordio di Travis Knight alla regia di un film che non fosse incentrato esclusivamente sull’animazione. Molti furono all’epoca gli entusiasmi critici, figli in gran parte con ogni probabilità di una nostalgia duplice, da un lato legata alle origini della saga degli Autobot creata per il cinema nel 2007 da Michael Bay e dall’altro avvinto a quel mito (di plastica) che sono gli anni Ottanta, buen retiro di una popolazione critica che ha da poco superato i quarant’anni e ritrova nel decennio reaganiano la propria personale dose di proustiana madeleine. Eppure già quell’ambientazione suonava falsa, appiccicata attraverso canzoni di successo, o legata all’esteriorità più spicciola; un campionario di (non) idee stantie, predigerite, quasi del tutto prive di una loro efficacia. Dopotutto il concetto alla base della pentalogia di Bay era proprio quello prendere una reliquia del passato per immergerla nel presente, e nelle sue potenzialità espressive attraverso il ricorso agli effetti a disposizione. Questo ritorno indietro nel tempo – Transformers – Il risveglio è ambientato nel 1994 – sembra invece in qualche modo cozzare con l’idea di futuro, quasi che si cercasse una via di retroguardia, consci che il “nuovo” non è più possibile, e ci si può solo predisporre a un diligente e certosino riciclo, o forse meglio riuso, di quanto già messo in scena nei capitoli precedenti.

Forse per timore reverenziale, forse per scarsa propensione a uno sguardo personale, Steven Caple jr. si limita a vagheggiare il riallaccio alla visione di Bay, tonitruante e fanciullesca, divertita ed epica a un tempo: non che se ne sentisse particolarmente il bisogno, a dirla tutta, ma il problema è che anche questo apparentamento viene ben presto meno, perché il regista dello stanco e poco ispirato Creed II non è in grado di reggere un simile paragone, non possedendo né l’epos gargantuesco né la propensione allo scherzo, alla divagazione ironica, al gioco. Il problema è che senza l’afflato visionario un film come Transformers – Il risveglio non ha davvero alcun motivo di esistere. A cosa ci si dovrebbe aggrappare altrimenti, alla trama? La sceneggiatura, per la quale si sono adoperati addirittura in cinque (Joby Harold, Darnell Metayer, Josh Peters, Erich Hoeber, Jon Hoeber), si istrada da subito sui binari del canonico e del prevedibile e non scarta mai, galleggiando nell’aura mediocritas del basico. Ancor meno inventiva la morale, che si limita a un asfittico invito a credere in sé stessi, nella preservazione della propria famiglia, e quindi nella tutela del piccolo mondo antico che ci si è costruiti attorno. Per arrivare a tale soluzione bisogna com’è ovvio passare attraverso le forche caudine della sempiterna lotta tra il bene il male, che si esplica nell’immagine di queste bestie robot che possono a un tempo salvare o distruggere, senza soluzione di continuità. Per assicurare al film un attestato di contemporaneo ci si prodiga per quel che concerne gli umani a dare spazio alle giovani generazioni e alle minoranze etniche, propagandando però la reiterata logica statunitense della perfetta fusione – non robotica – tra chi si occupa di scienza e chi conosce le armi (Elena lavora in un museo, Noah ha fatto l’esperienza nell’esercito).

Privo di pura spinta visionaria, zoppicante sotto il profilo dell’azione pura (fanno eccezione un paio di sequenze, ma nel complesso l’impressione è che ci si sia mossi attivando il pilota automatico, e senza pretendere troppo da quello che dovrebbe essere il vero cuore pulsante della vicenda), Transformers – Il risveglio rischia di affossare in maniera definitiva una saga che già nei primi capitoli sembrava aver esaurito ogni potenziale a propria disposizione. E a poco serve cercare di creare per Optimus Prime, Scourge e i loro amici-nemici una sorta di universo in grado di ricollocare anche loro nell’ottica marveliana: a mancare è l’oh di meraviglia, l’occhio sgranato, l’emozione dietro l’effetto speciale. A mancare è oramai l’idea di cinema, di movimento, di azione, di senso dell’immagine. Resta l’industria, sempre più robotica e disumana.

Info
Transformers – Il risveglio, il trailer.

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