Povere creature!

Povere creature!

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Povere creature!, che il greco Yorgos Lanthimos ha tratto dall’omonimo romanzo pubblicato nel 1992 da Alasdair Gray, mostra il lato più ironico e sardonico del regista, che per il resto conferma in pieno il proprio stile, dove i fish-eye abbondano, le steady seguono i personaggi lungo i corridoi e sono molti gli zoom utilizzati. Liberatosi dal peso del film a tesi Lanthimos dimostra una levità insospettata. In concorso a Venezia 2023.

Bella che visse due volte

Londra, in un momento imprecisato a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Il medico e scienziato Godwin Baxter riporta in vita una donna: Bella, questo il nome che le viene dato, ha il corpo di una adulta, il cervello di un nascituro e deve imparare tutto, dalla parola ai concetti complessi. La giovane, che Godwin tiene severamente in casa, si rivelerà enormemente curiosa e intelligente; così abbandonerà il suo “creatore” attratta dal mondo e dalle sue peripezie… [sinossi]

Avventura picaresca, Povere creature! (Poor Things è il titolo originale) è la prima autentica commedia del regista greco Yorgos Lanthimos che già nel precedente La favorita e, ancor di più, in The Lobster aveva maneggiato il grottesco misto a sarcasmo per striare i suoi pensosi lavori di sfumature ghignanti, ma mai catartiche né rassicuranti. Tratto dall’omonimo romanzo del 1992 dello scozzese Alasdair Gray, il film in Concorso a Venezia 2023 è invece un brillante romanzo di formazione femminile, divertito e pieno di ironia, che si innesta sul racconto gotico per eccellenza, ossia quello in cui uno scienziato poco ortodosso riporta in vita una “creatura”. Il “dottor Frankenstein” della situazione è il medico Godwin Baxter (Willem Dafoe), per gli amici “God” (“Dio”), mentre il cadavere rimesso al mondo è una affascinante suicida che viene chiamata Bella (Emma Stone) e che deve riapprendere tutto da capo: come parlare, come mangiare, come relazionarsi con gli altri. Bella è però molto intelligente e la sua curiosità rispetto a ciò che la circonda è irrefrenabile: lo scienziato – che nel frattempo ha ingaggiato un aiutante, Max (Ramy Youssef), che si innamora di Bella in men che non si dica – vorrebbe tenerla al riparo dai pericoli esterni e studiarla, o forse averla sentimentalmente tutta per sé, ma la volontà della donna è implacabile. Bella saluterà così God e Max per viaggiare con un avvocato sciupafemmine (uno spassosissimo Mark Ruffalo) che si è invaghito di lei e da cui lei stessa è sessualmente attrattta.

Il film, diviso in capitoli, segue la crescita personale, sessuale, psicologica, filosofica, morale di una donna per la quale le convenzioni sociali non hanno alcun valore e che si autodetermina per natura, essendo “nata” adulta e priva di pregiudizi. La scoperta del piacere, della lettura, dell’ingiustizia, dei differenti caratteri degli esseri umani, l’organizzazione degli istinti e delle facoltà intellettuali sono la spina dorsale narrativa di Povere creature! la cui protagonista incarna non tanto il positivismo scientifico quanto piuttosto l’utopia del cambiamento che scorreva copiosa a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. La società può migliorare, gli esseri umani possono evolvere: questi auspici sono ripetuti più volte nel film e dunque, dopo tanti lavori “neri” e senza via d’uscita, l’eroina impersonata da una straordinaria, sublime, Emma Stone conduce Lanthimos sul terreno non solo della commedia ma dell’utopia (benché operata da un soggetto impossibile). Un mondo nuovo emerge dalle conoscenze e dalle esperienze di un femminile risorto e la cui brama di sapere, ben lungi dal condurre l’uomo fuori dal Paradiso terrestre, rende il proprio contesto più giusto. Bella non è solo la creatura del romanzo gotico, ma anche il “buon selvaggio” di ascendenza illuminista che qui attesta la possibile moralità della conoscenza e smaschera l’immonda sopraffazione operata su un femminile arguto e pieno di vita. Anzi, portatore di una vitalità che il maschile spesso vuole spegnere o vuole possedere e di sicuro vuole irrigimentare. Bella, a suo modo, è anche un Odisseo in gonnella, tanto che la parte preponderante del film si svolge in viaggio (tra Lisbona, Alessandria, Parigi): la sua educazione all’esistenza, sospinta sempre da un coraggio aperto e franco, tornerà utile a chi la meriterà veramente. Il racconto avventuroso e leggiadro non impedisce per nulla a Lanthimos di affrontare grandi temi, come il libero arbitrio o l’emancipazione, ma a differenza di altri suoi film Povere creature! (forse anche perché tratto da un romanzo poi adattato per il cinema dallo sceneggiatore Tony McNamara) è un lavoro soave, la cui narrazione non si chiude in un teorema, le cui premesse si sviluppano con una naturalezza quasi inedita per il talentuoso ma spesso cervellotico cineasta greco.

Se il piacere della fabula assurge a uno spazio privilegiato, il film mentiene tutti i crismi dello “stile Lanthimos”: i fish-eye abbondano, le steady seguono i personaggi lungo i corridoi e sono moltissimi gli zoom utilizzati. Ancora una volta pare chiara la reminescenza di Stanley Kubrick: del resto la riflessione sulla scienza e sull’età dei Lumi è in questo film esplicitata e, volendo, Bella è una specie di Alex DeLarge dopo una cura ancora più radicale ma dall’esito positivo. Bella è però anche il riscatto positivo di Redmond Barry, ma è anche Moll Flanders di Defoe (che nel film viene citato, ma per Robinson Crusoe) nonché il ribaltamento di Isabel Archer, l’eroina di Ritratto di Signora il cui Grand Tour terminava con il peggiore dei matrimoni, contrariamente a quanto accade nel film di Lanthimos. Visivamente il film è sontuoso: costumi eccezionali (di Holly Waddington) e splendide scenografie (di Shona Heath e James Price) infarciscono un lavoro saturo e sovrabbondante, girato inizialmente in bianco e nero (la fotografia è di Robbie Ryan, che con Lanthimos aveva già lavorato ne La favorita) ma che poisi immerge nel colore fino a raggiungere parossismi cartooneschi (nel viaggio in mare in particolare) con un uso della Cgi che porta a effetti grafici d’antan, come accade in alcune scene de Il curioso caso di Benjamin Button di Fincher o che, anche, possono far pensare a Wes Anderson. Lo sviluppo psichico e sentimentale della protagonista motiva in ogni caso le mutazioni filmiche: al centro di tutto c’è infatti un personaggio molto ben scritto e sapientemente restituito dalla bravissima Emma Stone. La scoperta del linguaggio, della realtà, degli uomini e del mondo delle idee, rende Bella un’eroina a tutto tondo, il cui ardire senza requie troverà una conclusione senza macchia.

La questione femminile è uno dei centri di gravitazione del film, ma lo è in una maniera che non ha niente di pedante e men che meno moralista. Non tutte le donne “risorte” sono uguali (si veda il piccolo ruolo di Margaret Qualley) e gli uomini che circondano la “creatura” rappresentano “varietà” del maschile: alcuni di loro, come Godwin e Max, non hanno problemi ad accettare la volontà della donna fiera che, sorprendentemente e ben al di là delle loro previsioni, si troveranno davanti. Lo scienziato è del resto un uomo più sensibile di quanto voglia dare a vedere, ferito dalla vita ma soprattutto dal proprio padre, anche lui medico, che su di lui ha effettuato esperimenti tremendi, deturpandolo nel corpo ma non nell’anima. Grande spazio ha l’impulso sessuale dei personaggi (a partire da quello di Bella) che è l’istinto da cui la sete di sapere può principiare ma che non è, di per sé, determinato in nessuna direzione. Così come il film rivisita il romanzo di formazione del XVIII e XIX secolo, Povere creature! rilegge anche il romanzo libertino (non casualmente la protagonista apprenderà molto del sesso a Parigi, “patria” del celeberrimo marchese De Sade): dall’attrazione e dal sesso nasce la scintilla del “movimento”, del viaggio di formazione della protagonista e, nella riflessione circa il proprio corpo, la possibilità di strutturare uno spazio in cui riconoscere l’altro. L’organizzazione sessuale delle donne è il terreno di battaglia di una società maschilista, mentre la libertà femminile non può che passare dall’esperienza del corpo e dal riconoscimento dei tanti desideri che lo attraversano, dal piacere all’aggressività, dalla sottomissione volontaria alla sperimentazione pura. La “creatura” si risveglia grazie a un’attrazione (quella per Ruffalo) ma la strada per la comprensione della complessità umana e la giustizia sarà lunga. Il delizioso cameo di Hanna Schygulla nella parte di un’anziana che non pratica più l’erotismo da 20 anni ma non ne sente affatto la mancanza indica la chiarezza degli obiettivi possibili di un femminile soggetto e non oggetto, mentre le diversità degli uomini in scena marcano le tante sensibilità che ugualmente abitano il maschile. Il personaggio di Schygulla si chiama inoltre Martha ed è una signora attempata accompagnata da un uomo di colore (La paura mangia l’anima) su una nave (Querelle de Brest): un dichiarato omaggio a Rainer Werner Fassbinder ma, anche, un tentativo di indicare nuove relazioni non necessariamente sotto il segno del diritto del più forte. Così, senza manicheismo né ricette precostituite, Povere creature! sardonicamente racconta la parabola esistenziale di una “rinata” portatrice di un modo differente di vedere le cose, dal sesso, alla parità di genere, fino a un accenno al socialismo. Il ritorno in vita della donna apre a tanti possibili rinnovamenti: una commedia brillante con un piede nei classici della fantascienza porta Lanthimos a realizzare un film ricco e libero, quasi liberato da una certa coltre soffocante che attraversa altri suoi lavori, più “a tesi” e paradossalmente proprio per questo meno sfaccettati.

Info
Povere creature! sul sito della Biennale.

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