The Palace

The Palace

di

23° lungometraggio di Roman Polanski, The Palace è presentato fuori concorso a Venezia. Una commedia umana dove personaggi caricaturali, deformi, tra le maschere della commedia dell’arte e i pupazzi di Švankmajer, testimoniano il capolinea millenaristico di una belle époque, di una cultura occidentale, di un assetto mondiale mentre si affaccia un nuovo inquilino al Cremlino. Un grande film d’attori come solo un regista classico come Polanski può orchestrare. E un grande gioco di citazioni, dal proprio cinema e da tutto un cinema del Novecento per il quale The Palace suona come una pietra tombale.

Lascia perdere, è Gstaad

C’era una volta, e c’è ancora, il Palace Hotel, sulle montagne della Svizzera, alla vigilia della festa di Capodanno 2000, per la quale convergono da tutto il mondo ospiti ricchi, viziati e viziosi. Al servizio delle loro stravaganti esigenze c’è uno stuolo di camerieri, facchini, cuochi e receptionist. Hansueli, devoto manager cinquantenne del suntuoso albergo, ispeziona quasi militarmente lo staff prima dell’arrivo degli ospiti. Ma nell’aria aleggia il Millennium Bug e il timore o la speranza che al rintocco della mezzanotte i conti dei grandi finanzieri subiscano oscillazioni inaspettate grazie al blocco dei sistemi informatici. In effetti quella che si prepara è davvero una guerra combattuta a colpi di stravaganze ed eccentricità degli ospiti dell’Hotel. Cani e pinguini con bisogni umani e umani con bisogni animali. [sinossi]

Novant’anni compiuti da poco, una carriera cinematografica iniziata a metà anni Cinquanta in Polonia, e proseguita a Hollywood per fare capolino nuovamente in Europa. Questi i numeri di Roman Polanski, che potremmo definire come uno degli ultimi leoni della settima arte, uno degli ultimi fautori di un cinema classico, dalle solide fondamenta. Non è una sorpresa quindi The Palace, presentato fuori concorso alla 80ª Mostra di Venezia, che è prima di tutto una grande direzione orchestrale, un grande film d’attori magistralmente diretti dal cineasta polacco. Un film corale dove sfila una galleria umana di personaggi grotteschi, a ognuno dei quali è dedicato un medesimo spazio. Torniamo a quell’altra pietra miliare del regista che è stato Carnage, dove la dimensione chiusa è estesa a un intero albergo, il Palace Hotel di Gstaad. E a ben vedere la portata claustrofobica torna spesso nel cinema del regista, dall’appartamento di Repulsion, alla villa di Che?, alla nave da crociera di Luna di fiele, alla casa di La morte e la fanciulla, e potremmo vedere il grande albergo svizzero come una continuazione del palazzo Dakota di Rosemary’s Baby o dell’edificio di L’inquilino del terzo piano. Con The Palace poi il regista torna al suo filone umoristico-demenziale, quello di Per favore, non mordermi sul collo! e di Che?.

È un grande raduno quello del Capodanno 2000, sembra un Vacanze di Natale dove l’occasione festiva serve a raggruppare un numero di personaggi di diversa provenienza geografica. Ed è una rimpatriata anche per lo stesso Polanski che ritrova elementi del suo cinema, a partire dal riferimento a quel film dove il protagonista viene ferito al naso con un coltello e appare bendato per buona parte del film. Si tratta ovviamente di Chinatown, a sua volta un omaggio al grande cinema noir. Polanski ritrova anche Sydne Rome, che rende come una vecchia incartapecorita, devastata dalla chirurgia plastica, proprio lei che in Che? aveva esibito le sue graziose nudità. Il personaggio di Sydne Rome si chiama curiosamente Mrs Robinson, rimandando a uno dei più classici esempi di “milf” cinematografiche. Il gioco di ‘indovina la citazione’ è palese. La struttura da vacanze vanziniane si ibrida con Hollywood Party, con un’analoga operazione di distruzione di quell’ambiente altoborghese, per la quale Polanski dispiega un repertorio di colpi bassi senza lesinare effetti scatologici. E persino propone una scena di incastro sessuale conseguente al rigor mortis, come solo Takashi Miike in Visitor Q era riuscito sfrontatamente a mostrare. Troviamo l’umorismo macabro di Weekend con il morto, nella situazione del cadavere fatto passare per vivo. E nel Palace Hotel torna anche il kubrickiano Overlook Hotel con le sue feste in maschera. L’inquadratura della fine della festa ricalca il quadretto di quel party di Capodanno anni Venti, della fine di Shining, in cui campeggia quel Jack Nicholson che negli anni Trenta sarà l’investigatore hard-boiled di Chinatown. Il Palace Hotel è un grande contenitore di cinema del Novecento e quella festa di Capodanno con l’ingresso a un nuovo secolo sancisce anche la pietra tombale di un cinema classico, di un mondo di sogni di celluloide, di cui Polanski rimane uno degli ultimi esponenti.

Un clima di decadenza aleggia per tutto il film. I grotteschi personaggi, di diverse nazionalità, ognuno con la sua lingua, ballano nella sala elegante del Titanic, esponenti di una squallida commedia umana, di una belle époque nei suoi ultimi sgoccioli, in un mondo che sta colando a picco. The Palace assume il ruolo di contraltare cinico e opaco di Un film parlato di de Oliveira. Gli ospiti russi vedono in televisione un alticcio Boris Yeltsin nella consegna del potere a Putin che promette il rispetto delle libertà fondamentali. E la stessa idea di Europa viene messa in discussione, nel film del regista che torna alla cultura polacca d’origine, co-sceneggiato dallo stesso Polanski con il collega Jerzy Skolimovski e la sua collaboratrice Ewa Piąskowska. Film che figura come co-produzione Italia-Svizzera-Polonia-Francia. L’Europa che si profila per il nuovo millennio è un continente dominato da un grande divario tra paesi ricchi e paesi poveri, proprio come quello che intercorre tra gli sfarzosi ospiti dell’albergo e il personale di servizio. Tra questi un giovane e nerboruto idraulico che si concede facilmente all’attempata Marchesa francese, interpretata da Fanny Ardant. Polanski mette così in scena, con ironia, la sindrome dell’idraulico polacco, come era stata definita la paura euroscettica, soprattutto da parte francese, rispetto alla liberalizzazione della prestazione dei servizi all’interno dell’UE, dopo l’ingresso di paesi più poveri in cui la manodopera costava molto meno che in quelli più ricchi. L’idraulico polacco ‘punisce’ così la nobildonna francese, proprio come il cagnolino farà con il pinguino nell’ultima immagine del film. Immagine che corona un delirio e che ci riporta a quella del criceto di Carnage, un elemento imprevisto che sfugge a ogni tentativo di controllo. Simbolo di quello spirito anarcoide che ha guidato tutta la filmografia di Roman Polanski.

Info
The Palace sul sito della Biennale.

  • the-palace-2023-roman-polanski-02.jpg
  • the-palace-2023-roman-polanski-01.jpg

Articoli correlati

Array
  • Venezia 2023

    Venezia 2023 – Minuto per minuto

    Venezia 2023 festeggia le ottanta edizioni della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, contraddistinguendosi per lo spazio rilevante concesso alla produzione nazionale, a partire dalla presenza in concorso di ben sei film italiani.
  • Festival

    Venezia 2023 – Presentazione

    Venezia 2023, ottantesima edizione della Mostra e penultima sotto l'egida di Alberto Barbera, si era inaugurata con la defezione di Challengers di Luca Guadagnino, scelto come film d'apertura. La Mostra ha avuto però la forza di trattenere gli altri film hollywoodiani selezionati, e guarda ancora a occidente.
  • Venezia 2019

    L’ufficiale e la spia

    di Con L’ufficiale e la spia Roman Polanski racconta il famigerato affaire Dreyfus con rigore e tensione montante, in un film-inchiesta volto a far emergere, fuor di retorica e fosse anche per un breve inter-mezzo nella Storia, la verità e la giustizia. In concorso a Venezia 76.
  • Classici

    Rosemary's Baby RecensioneRosemary’s Baby

    di Nel 2018, insieme ai moti studenteschi e operai, si festeggerà anche il cinquantesimo compleanno di Rosemary's Baby di Roman Polanski, tra le pietre miliari della storia del cinema destinata a lasciare un segno indelebile nello sviluppo dell'horror. Un'opera a suo modo inclassificabile, che si muove tra paura psichica e materia del soprannaturale.
  • Cannes 2017

    Quello che non so di lei RecensioneQuello che non so di lei

    di Solido ed elegante noir su furti di idee e di personalità, Quello che non so di lei di Roman Polanski è un rivoluzionario elogio della finzione, in un'epoca oberata di realtà. Fuori concorso a Cannes 2017.
  • Archivio

    Venere in pelliccia RecensioneVenere in pelliccia

    di Solo in un teatro parigino, Thomas si lamenta della pietosa performance dei candidati. Nessuna ha l'espressività richiesta per il ruolo principale e il regista si prepara ad andarsene quando irrompe Vanda, vera e propria tempesta di energia...