La sala professori
di İlker Çatak
Candidato all’Oscar come miglior film in lingua non inglese, La sala professori del cineasta berlinese İlker Çatak è un incisivo apologo sulla ricerca di una verità che possa essere condivisa da tutti, tanto più in una società multietnica come quella tedesca. Ragionando su questo e sul concetto di giustizia, sulle pratiche per affermarla e sulla loro correttezza, sui ruoli di vittima e di colpevole, il film si avvale di un ritmo narrativo sostenuto e di una sensibile, sfumata prova attoriale di Leonie Benesch.
Le complicazioni della verità
Carla Nowak è una giovane e promettente insegnante di matematica ed educazione fisica al suo primo incarico in una scuola media di Amburgo. Tutto sembra andare bene, fino a quando una serie di piccoli furti all’interno dell’istituto mette in subbuglio la scuola. Quando i sospetti cadono su uno dei suoi studenti, Carla decide di indagare personalmente, scatenando una serie inarrestabile di reazioni a catena. [sinossi]
Circa un anno fa avevamo parlato del francese Playground – Il patto del silenzio come di un riuscito esempio di cinema d’ambientazione scolastica, teso a immergere lo spettatore in un microcosmo chiuso del tutto simile ad un universo concentrazionario in cui esercitare la legge del più forte nei rapporti interpersonali e nell’assoluta impotenza dei docenti, incapaci di esercitare un’autorità in grado di mitigare le ingiustizie e i soprusi tra gli allievi. Il discorso può essere ripetuto per La sala professori, opera quarta del tedesco İlker Çatak, forse un po’ a sorpresa candidato all’Oscar come miglior film in lingua non inglese, che presenta il medesimo approccio linguistico alla materia, concentrandosi però in egual misura su entrambe le parti in causa, gli insegnanti e i ragazzi. Il film prende l’abbrivio collocandoci subito in medias res: il corpo docenti della scuola è in subbuglio poiché da qualche tempo avvengono ripetuti piccoli furti ai danni di alunni e istruttori e occorre pertanto identificare il colpevole. In base a una politica di tolleranza zero illustrata dalla preside vengono fatte indagini sui ragazzi che portano a un primo sospettato, un alunno di origini turche, Ali, trovato in possesso di un ingente quantità di denaro datogli in realtà da sua madre per consentire l’acquisto di un videogioco.
Emerge qui un primo punto focale del racconto: l’esercizio del sospetto in una società multietnica, sebbene evoluta, come quella tedesca, è inevitabilmente causa di lacerazioni, di tensioni razziali. Lo straniero avverte sulla propria pelle il peso di una diffidenza che funge da ostacolo a una piena integrazione nella comunità; in misura minore la stessa Carla, polacca, è parzialmente un corpo estraneo all’interno delle mura scolastiche. Non del tutto ortodossi sono poi i metodi utilizzati sui ragazzi nel tentativo di stanare il colpevole delle ruberie; si va dall’interrogatorio dei rappresentanti degli studenti nella speranza di ricevere una qualche segnalazione utile alla confisca dei portafogli di fronte al resto della classe, durante il regolare svolgimento delle lezioni. Carla osserva con insofferenza i tentativi invadenti dell’istituzione scolastica nella ricerca della verità e il racconto giunge a un punto di svolta quando la donna decide di assumere su di sé il compito delle indagini puntando di nascosto la webcam del computer portatile sulla propria giacca lasciata incustodita in sala professori. L’apparecchio registra effettivamente un tentativo di furto e il secondo tema forte del film a questo punto si palesa: la liceità della giustizia privata con annesso, come sottotesto, un discorso sulla veridicità delle immagini in movimento che sembrano indicare con tutta evidenza un responsabile e che pure non possono valere come prova regina in assenza di ulteriori verifiche.
L’azione di Carla le ritorce contro buona parte dell’ambiente scolastico; non solo perché viola i diritti degli altri insegnanti, avendoli ripresi senza il loro consenso, ma perché apre una spaccatura profonda con gli alunni che reagiscono a mezzo stampa, utilizzando il giornalino scolastico (il cui motto è “La verità supera tutti i confini”) come strumento di protesta. Il contrasto tra giovani e adulti, unito all’unità di luogo, con la macchina da presa che non abbandona mai l’interno della scuola, può ricordare, oltre al citato Playground, un bel film di una decina d’anni fa, lo sloveno Class Enemy di Rok Biček, in cui pure si adombrava una rivolta “di classe” contro l’autoritarismo della vecchia generazione, che ne La sala professori è però più sfumato, non riconducibile a un’unica figura ma piuttosto presente come sistema di funzionamento, come insieme di regole. Per costruire il suo apologo, Çatak ricorre a un estremo dinamismo della macchina da presa, ispiratogli per sua stessa ammissione dalla visione di Diamanti grezzi dei fratelli Safdie. La camera è costantemente nervosa nel suo pedinare Carla tra i corridoi dell’istituto e sempre molto reattiva nelle scene più polifoniche, di dibattito o di confronto tra uno o più personaggi; si tratta di una marca stilistica che conferisce al film un efficace ritmo continuo coadiuvato dalla capacità della direttrice della fotografia Judith Kaufmann di passare con notevole disinvoltura dalle riprese più mobili alle interpolazioni fisse. E che permette alla sensibile recitazione di Leonie Benesch di passare senza soluzione di continuità attraverso più stati d’animo, dalla risolutezza e compostezza iniziali fino allo sconforto e allo smarrimento che caratterizzano la seconda parte del film, quando dovrà subire anche fisicamente l’ostilità dell’ambiente circostante. Ma il punto di forza dell’opera è essenzialmente drammaturgico e prevede la concatenazione di scene sempre portatrici di un conflitto tra la protagonista e un interlocutore che può essere di volta in volta singolo (il figlio della segretaria accusata) o collettivo (i genitori riuniti in assemblea); in questo modo il racconto maschera la propria natura pedagogica a volte un po’ troppo in rilievo e si carica di una costante tensione sempre prossima al punto di rottura e che neppure il finale dai toni allegorici riesce a ricomporre più di tanto. La sala professori è un film che ha ben chiaro il proprio obiettivo, che è quello di insinuare dei dubbi circa la tenuta di una società perfettamente armonica e democratica. Solo i giovani sembrano avere la prontezza di riflessi per reagire ai problemi che li circondano, rifiutando di conformarsi e cercando di apprendere ciò che possono dai loro insegnanti: anche se non è certo che proprio questi ultimi abbiano davvero imparato la lezione.
Info
Il trailer de La sala professori.
- Genere: drammatico
- Titolo originale: Das Lehrerzimmer
- Paese/Anno: Germania | 2023
- Regia: İlker Çatak
- Sceneggiatura: İlker Çatak, Johannes Duncker
- Fotografia: Judith Kaufmann
- Montaggio: Gesa Jäger
- Interpreti: Anne-Kathrin Gummich, Antonia Luise Krämer, Özgür Karadeniz, Can Rodenbostel, Elsa Krieger, Eva Löbau, Kathrin Wehlisch, Leonard Stettnisch, Leonie Benesch, Lisa Marie Trense, Michael Klammer, Oscar Zickur, Padmé Hamdemir, Rafael Stachowiak, Sara Bauerett, Uygar Tamer, Vincent Stachowiak
- Colonna sonora: Marvin Miller
- Produzione: if... Productions
- Distribuzione: Lucky Red
- Durata: 98'
- Data di uscita: 29/02/2024
