Phantosmia

Phantosmia

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Con Phantosmia, fuori concorso a Venezia 81, Lav Diaz torna a ragionare sul tema della bellezza che accoglie il male, ovvero l’isola di Pulo, rigogliosa con la sua vegetazione a mangrovie ma anche sede di una colonia penale e teatro di rivolte represse nel sangue. Torna al film lamento sulla storia martoriata delle Filippine, qui rappresentate dalla figura di Reyna, una ragazza costretta alla prostituzione. Diaz ragiona anche sul male dal suo interno, nella figura del sergente Hilarion Zabala, anziano militare che, sottoposto a una curiosa terapia psicologica, viene fatto rientrare nell’esercito per rivivere la sua carriera militare, fatta di repressioni violente a tutela del regime. Così Lav Diaz collega il passato al presente: quelle forze oscure che hanno governato col pugno di ferro sono tornate al potere.

Il cattivo sergente

Il misterioso problema olfattivo di Hilarion Zabala è tornato. Un consulente/psichiatra sospetta che si tratti di un caso persistente di fantosmia, un odore fantasma, probabilmente causato da un trauma, una profonda frattura psicologica. Un processo radicale raccomandato per curare il disturbo prevede che Hilarion torni ad affrontare i più oscuri abissi della sua carriera militare. Riassegnato alla remota colonia penale di Pulo, deve anche fare i conti con le orribili realtà̀ della sua situazione attuale. [sinossi]

È giusto reprimere nel sangue i tumulti, eliminare facinorosi e sediziosi perché bisogna garantire pace e ordine. Questo è il pensiero di Hilarion Zabala, anziano ex-sergente dell’esercito filippino che ha servito il paese negli anni più bui della dittatura. Hilarion Zabala è la figura centrale del nuovo film di Lav Diaz, Phantosmia, presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia 2024. Con questo personaggio il cineasta filippino torna a ragionare sull’essenza di un sistema dittatoriale, come quello che ha afflitto l’arcipelago per vent’anni, soggiogato da Ferdinand Marcos. Diaz cerca di assumere anche un punto di vista interno al sistema di potere, un’istanza relativamente recente nella sua filmografia, che trova un antecedente nella figura del tenente Hermes Papauran, protagonista degli ultimi due film del regista, When the Waves Are Gone ed Essential Truths of the Lake. Hilarion Zabala è poi esponente di quelle figure ambigue del regista che si presentano mascherate o comunque dal volto ricoperto, come il Giano Bifronte di Season of the Devil. Il sergente porta quasi sempre un fazzoletto sul volto. L’uomo soffre di una curiosa malattia mentale associata agli odori, un’allucinazione olfattiva, detta appunto fantosmia. La psicologa che lo ha in cura, che è un medico dell’esercito, elabora un’articolata terapia, dopo aver fallito ogni altro tentativo. Dispone così che l’anziano militare venga reinserito in una struttura dell’esercito, nello specifico la colonia penale di Pulo, dove possa rivivere e ripercorrere tutta la sua carriera marziale, raccontandola in un diario. Abbiamo così un processo di immedesimazione, nella forma della reimmersione, che potrebbe avvicinarsi a quello dei personaggi di Melancholia, con la differenza che in questo caso il protagonista non interpreta personaggi terzi bensì sé stesso da giovane. E qui abbiamo il grande atto d’accusa di Lav Diaz. L’anziano sergente viene accolto dai giovani graduati della struttura militare con tutti gli onori: siamo in un paese che sta cercando di reimmedesimare il suo passato politico, con il ritorno al potere di quelle stesse forze oscure della dittatura, prima con l’orrido Rodrigo Duterte e poi con lo stesso figlio di Marcos.

Phantosmia è ambientato in un luogo di grande bellezza, l’isola di Pulo, coperta da una vegetazione di mangrovie. Ma, proprio come la provincia di Ilocos Norte, dove è ambientato Norte, the End of History, unico film della fase matura di Lav Diaz dove i colori del luogo, così belli, si sono imposti fotograficamente superando l’usuale bianco e nero, che è stata la culla di Marcos. La bellezza del mondo può essere inquinata dal male. E qui abbiamo la colonia penale, con l’immagine dominante del filo spinato, dove le persone sono ai lavori forzati, pure un luogo che tenta di tingersi di bene, e di bello, con quell’odiosa voce dall’altoparlante che magnifica quel luogo come fosse un resort turistico, l’equivalente della famigerata scritta “Arbeit macht frei” posta all’ingresso di numerosi campi di sterminio. Sono messaggi deliranti quelli diffusi dall’altoparlante, che si rifanno a quella stessa concezione di ordine, pulizia, sicurezza e salute che guidano la mentalità del vecchio sergente. L’isola è stata anche teatro di manifestazioni, ribellioni subito represse, proprio su ordine di Zabala, che rievoca pensando di aver agito nel bene, come sopra. Torna poi quella condizione di patologia che affligge i personaggi di Diaz a partire da Florentina Hubaldo, CTE. Riguarda due figure, due modi di rappresentare un paese malato, quella dello stesso sergente e quella di Reyna, ragazza costretta alla prostituzione dalla madre adottiva Narda, simbolo di una nazione che ha subito infiniti stupri e soprusi nella Storia. La ragazza ha peraltro una discendenza americana a richiamare una delle varie violenze coloniali.

In Phantosmia tornano tante situazioni del cinema di Lav Diaz. Si accenna alla presenza di una nuova guardia infiltrata, situazione che ricorda From What Is Before. Nell’ambientazione rurale del film, il regista popola la foresta tanto di eroi rivoluzionari popolari quanto di creature mitologiche, del folklore come Haring Musang, e di poeti. E Diaz sforna un’altra opera costruita con vari livelli narrativi che, partendo da un caos primordiale all’inizio, dove i momenti dei ricordi o della fantasia del vecchio sergente si mescolano con il presente, condensandosi in due principali filoni, quello che gira attorno a Zabala e alla colonia penale, e quello dei personaggi che gravitano attorno al chiosco alimentare gestito da Narda. I due luoghi sono peraltro contigui, e lo si scopre solo a un certo punto, dal quale le interazioni non potranno che fiorire copiosamente. Phantosmia è un film di poco più di quattro ore, tutto sommato una durata media per gli standard del regista. La vita è fatta di tempo reale, si dice in una conversazione tra l’anziano sergente e un giovane ufficiale, un momento teorico per un cinema, come quello di Lav Diaz, che vuole avvicinarsi sempre più all’essenza stessa della vita. Nella figura di Hilarion Zabala abbiamo una sorta di processo di redenzione, nella parte finale, quando cercherà di tutelare tanto Reyna quanto la creatura Haring Musang. Si tratta in realtà di azioni conseguenti ai principi morali dell’uomo, quegli stessi che lo portano a uccidere ed eliminare i ribelli. Nel confronto tra le due generazioni di guardiani del potere sembra che i giovani siano privi anche di quei valori, seppur distorti, di chi li ha preceduti. E le conseguenze che se ne possono trarre sono devastanti.

Info
Phantosmia sul sito della Biennale.

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