Karate Kid – Per vincere domani

Karate Kid – Per vincere domani

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A distanza di quattro decenni, più della prevedibilità narrativa e di qualche ingenuità di scrittura e di messa in scena, di Karate Kid – Per vincere domani conta soprattutto la ramificazione nell’immaginario collettivo, l’efficacia immediata come coming of age sportivo e la fotografia di una fase di passaggio anche sociale, di costume, di industria dello spettacolo. Tanto fruibile quanto scorrevole, spettacolare grazie anche alle musiche di Bill Conti, il film di Avildsen è e probabilmente resterà per sempre un piccolo cult.

Wax On, Wax Off

Daniel LaRusso, diciassettenne di origini italiane, si trasferisce con la madre in California. Al suo arrivo nella nuova casa, incontra Nariyoshi Miyagi, un umile ed eccentrico immigrato di Okinawa. A una festa sulla spiaggia, Daniel conosce la bionda e bella Ali Mills, cheerleader di cui si infatua. Tuttavia, Johnny Lawrence, ex fidanzato di Ali e allievo del dojo Cobra Kai, cerca di ostacolarlo. Quando Daniel interviene, viene umiliato da Johnny, che è fisicamente più forte di lui… [sinossi]

Regista destinato a dare il via a longevi franchise sportivi, John G. Avildsen aveva inanellato un paio di successi (La guerra del cittadino Joe, Salvate la tigre) e qualche titolo minore prima di portare a casa l’Oscar per la miglior regia, quello per il miglior film e la gloria eterna – nonché sbancare il box office internazionale – grazie a Rocky. Il film che ha lanciato Stallone, al di là del genere sportivo, portava le stimmate socio-politiche degli anni Settanta, tra quartieri popolari, criminalità di poco conto e la disperata ricerca di una rivalsa sociale ed economica. Otto anni dopo, con un target decisamente più giovane e la New Hollywood già tramontata, mentre la saga pugilistica di Rocky veniva portata avanti dal solo Stallone, Avildsen si ritrovava sul set di un’altra pellicola sportiva destinata a segnare il nostro immaginario: Karate Kid – Per vincere domani.

Il viaggio che porta l’adolescente Daniel LaRusso e la madre Lucille dal New Jersey alla California ricalca perfettamente il trasloco di location, con tutto quel che ne consegue, dalla fredda Philadelphia di Rocky alle spiagge assolate di Karate Kid. Sotto il sole californiano svaniscono via via le cupe suggestioni di film come Giovani guerrieri di Jonathan Kaplan o The Wanderers – I nuovi guerrieri di Philip Kaufman, (forse) non a caso entrambi usciti nel 1979. Non una cesura netta, ovviamente, visto che anni Settanta e Ottanta si compenetrano inevitabilmente, ma un piccolo salto temporale che ha smorzato i toni politici, il quadro sociologico e persino lo scontro fisico fuori e dentro il ring\tatami. Pur guardando alle differenze di classe della Valley, con italiani\ispanici da una parte e biondissimi all american boys dall’altra, Karate Kid predilige l’intreccio tra teen movie e genere sportivo, seguendo direttrici più didascaliche che socio-politiche. Il riscatto di Daniel (Ralph Macchio), che è in parte anche rivalsa del nippo-statunitense Miyagi (Pat Morita) nei confronti del veterano del Vietnam John Kreese (Martin Kove), è focalizzato soprattutto sul bullismo e più in generale su un’idea sana di sport e competizione. In tal senso, la redenzione in zona Cesarini del troppo vivace Johnny Lawrence (William Zabka) è la cartina tornasole di una lotta che di classe ha ben poco, praticamente nulla, riportandoci a tutte le contraddizioni del sogno americano e del trionfo del singolo.

In questo viaggio dell’eroe a stelle e strisce dal New Jersey alla San Fernando Valley, più precisamente Encino, la semplificazione molto eighties riesce comunque a sfuggire alla banalizzazione, tracciando una sorta di piccola bibbia generazionale per sportivi – ma non solo – in erba. Da metti la cera, togli la cera (Wax On, Wax Off) allo steccato da dipingere, con quella declinazione e fascinazione per l’esotismo orientale (si pensi alla serie televisiva Kung Fu, 1972-75, ma anche al cambiamento di prospettiva rispetto agli attori asiatici o di origine asiatica), c’è tutto un campionario di intuizioni narrative e gag che tracciano non solo il singolare profilo del sensei Miyagi, allenatore filosofeggiante, ma che rimettono al centro del discorso agonistico l’importanza fondamentale della componente psicologica, del lavoro sul singolo atleta e della sportività come conditio sine qua non. In tono minore, comunque più che apprezzabile, siamo sempre dalle parti della pietra miliare Che botte se incontri gli “Orsi”, con la variante della disciplina individuale e dell’onda lunghissima del successo di Bruce Lee e della arti marziali.

Se ad Avildsen dobbiamo la spettacolarità delle sequenze di combattimento (che, come sarà ancor più evidente nella serie Cobra Kai, dovevano mascherare la scarsa fisicità e abilità marziale di Macchio, varie spanne sotto il villain per caso Zabka), lo script è farina del sacco di Robert Mark Kamen, sceneggiatore caro a Besson che ha basato buona parte della sua carriera sul ruolo e l’influenza sulle giovani menti del maestro, buono o cattivo – si vedano in tal senso Taps – Squilli di rivolta, Punto debole e La forza del singolo. Sodale di Avildsen anche nei superflui sequel Karate Kid II – La storia continua… (1986) e Karate Kid III – La sfida finale (1989), che per necessità appesantivano maldestramente una struttura leggiadra e funzionale, Kamen non mette mano alla serie animata The Karate Kid (1989), produzione di bassissimo profilo ma anche testimonianza della longevità e potenzialità commerciale di un franchise che non ha alcuna intenzione di tramontare. Anzi…
A distanza di quattro decenni, più della prevedibilità narrativa e di qualche ingenuità di scrittura e di messa in scena, di Karate Kid – Per vincere domani conta soprattutto la ramificazione nell’immaginario collettivo, l’efficacia immediata come coming of age sportivo e la fotografia di una fase di passaggio anche sociale, di costume, di industria dello spettacolo. Tanto fruibile quanto scorrevole, spettacolare grazie anche alle musiche di Bill Conti (Rocky, Taverna Paradiso, Fuga per la vittoria), il film di Avildsen è e probabilmente resterà per sempre un piccolo cult.

Info
Il trailer di Karate Kid – Per vincere domani.

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