The Enemy

The Enemy

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Giunto a noi in forma incompleta – mancante proprio di un posticcio happy end tipicamente hollywoodiano – The Enemy, diretto da Fred Niblo nel 1927, è un potente dramma antimilitarista, tanto che il suo pacifismo apparve eccessivo al pubblico dell’epoca. Alla 37esima edizione delle Giornate del cinema muto.

Il nemico è ancora e sempre uguale

Subito dopo essersi sposato con la moglie Pauli, l’austriaco Carl viene chiamato alle armi per la prima guerra mondiale. L’antimilitarismo del nonno di Pauli, docente universitario, porta la famiglia di lei sul lastrico, tanto che la donna è costretta a prostituirsi per dare da mangiare al figlio appena nato. [sinossi]

La 37esima edizione delle Giornate del Cinema Muto ha giustamente reso omaggio al pluridecennale lavoro di Kevin Brownlow intorno allo studio e alla riscoperta di tanti capolavori perduti del cinema delle origini (a partire dal Napoléon di Abel Gance), permettendo al maestro inglese di presentare una selezione di suoi film preferiti da proiettare al festival. Tra questi, uno dei più sbalorditivi è stato un film dimenticato di Fred Niblo, l’americano The Enemy, prodotto dalla MGM, un dolente lavoro anti-militarista che fu un insuccesso all’epoca, nel 1927, e che è arrivato a noi parzialmente incompleto, visto che dei nove rulli originali è andato perduto l’ultimo. La ricostruzione vista qui a Pordenone supplisce a questa mancanza con foto di scena e didascalie, non potendo certamente restituire la stessa portata che avrebbe avuto il montato originale, ma permettendoci quantomeno di capire come si sarebbe dovuta concludere la vicenda.

Quel che Niblo riesce a fare in The Enemy, in maniera a tratti sconvolgente e commovente, è mostrare come la guerra – e il sentimento aggressivamente patriottico che scatena nell’animo umano – finisca inevitabilmente per distruggere qualsiasi vita, non solo nel segno letterale della morte e del lutto, ma anche in quello simbolico della caduta nella ferinità, nella violenza degli animi e nella difesa cieca di presunti valori ‘sacri’ di cui solo la propria bandiera nazionale si presuppone debba essere ammantata. In tal senso, pare estremamente significativa la scena in cui Niblo mette in sequenza la marcia di soldati di diversa nazionalità, dove ciascuno si richiama a dio e al proprio comandante supremo: dagli austriaci («Per Dio e per l’Imperatore»), ai francesi («Per Dio e per la Repubblica»), ai tedeschi («Per Dio e per il Kaiser»), ai russi («Per Dio e per lo Zar»), fino agli inglesi («Per Dio e per il Re»).
The Enemy inizia con una scena di festeggiamenti di fine corso, nella Vienna alle porte dello scoppio della prima guerra mondiale, un incipit dal sapore ciminiano (molto alla I cancelli del cielo, ma c’è qualcosa anche de Il cacciatore, visto lo sfondo bellico): un anziano professore fa un discorso pacifista richiamandosi ai valori della fratellanza tra i popoli. La nipote di lui, interpretata da una intensissima Lillian Gish, è innamorata del giovane austriaco Carl, amico fraterno di un ragazzo inglese, anch’egli studente del professore. L’inglese vorrebbe puntare alle grazie del personaggio interpretato dalla Gish, ma si fa da parte per lasciare spazio all’amico Carl. La coppia appena formatasi festeggia dondolandosi sull’altalena, che viene ripresa da Niblo in maniera strabiliante: la macchina da presa deve essere stata attaccata in qualche modo con dei tiranti allo stesso ramo cui era poggiata l’altalena e dunque mdp e ragazzi si dondolano in sincrono volteggiando nell’aria. Uno svolazzare che è già simbolico nel suo vano sogno di gioia e disimpegno, visto che in quel momento a chi è a terra arriva la notizia dell’attentato di Sarajevo: è l’inizio della guerra.
Così, già in questo incipit Niblo innesta quello che sarà il tema dominante di The Enemy, la privata felicità dei personaggi che viene messa a repentaglio dalla tragedia della guerra. Niente di nuovo, probabilmente, visto che la storia del cinema è piena di soluzioni di tal genere. Ma vi è da dire che in The Enemy Niblo porta avanti questo discorso in maniera coerente, fino a essere maniacale e puntiglioso nel sottolinearlo a pie’ sospinto e fino a innestare quasi ogni scena su questo conflitto, riuscendo così ad arrivare a non poche soluzioni di grande efficacia visivo/narrativa.

Basti pensare alla scena del matrimonio tra i due ragazzi: mentre loro si sposano, per strada cominciano a marciare i soldati che vanno in guerra. E, dunque, marcia nuziale e marcia militare si scontrano (grazie all’uso esclusivo di scelte visive, ovviamente, visto che – ricordiamolo – che The Enemy è un film muto), provocando così già i primi turbamenti nel personaggio di Carl che, nell’andare verso l’altare, tentenna nel passo, come ipnotizzato dal suono militaresco che gli giunge da fuori la chiesa. Allo stesso modo, un’altra magistrale sequenza è quella di un pranzo in famiglia che si trasforma repentinamente – nel momento in cui arriva la notizia che l’Inghilterra ha dichiarato guerra all’Austria – in un campo di battaglia, con i due amici fraterni (per l’appunto, uno inglese e l’altro austriaco) che finiscono addirittura per accoltellarsi. Entrambi hanno le menti ottenebrate dalla propaganda che arriva a loro tramite i giornali; e anche qui Niblo mostra di avere le idee chiare, perché più avanti ci farà vedere i bollettini che giungono al fronte, al cospetto di soldati stanchi, in cui sono stampate notizie palesemente false, come ogni genere di accusa al nemico di turno, da stupri a omicidi e ruberie.

The Enemy fu un insuccesso all’epoca, e Niblo – che veniva già dal fallimento della sua versione di Ben-Hur – si ritirò dal cinema pochi anni dopo, venendo lentamente dimenticato. E dunque non sembra essere un caso che di The Enemy, la cui portata anti-militarista parve esagerata a pubblico e critica dell’epoca, sia arrivata a noi una versione solamente parziale, frutto probabilmente della scarsa considerazione che si aveva di questo film. La versione attuale del film, però, nel risultare mancante del finale, ha il merito di non farci vedere proprio il posticcio lieto fine che Hollywood ama imporre di solito alle sue produzioni più scomode. Per un paradosso storico, quindi, il montato di The Enemy finisce proprio nel momento in cui al personaggio di Lillian Gish viene annunciata la morte del marito, e ci viene dunque risparmiato l’inverosimile ritorno in scena di lui. In tal modo la crudezza di The Enemy viene persino esaltata e fa sì che questo film meriterebbe di essere accostato a grandi lavori pacifisti di quegli anni, come ad esempio Westfront 1918 di Pabst.

Info
La scheda di The Enemy sul sito delle Giornate del Cinema Muto.
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