Gaya

Il livello della computer grafica di Gaya è a suo modo promettente e apre spiragli di speranza. Il lungometraggio di Lenard Fritz Krawinkel e Holger Tappe è significativo per quello che potrebbe essere il futuro dell’animazione in computer grafica in Europa. Un’animazione che dovrà necessariamente poggiarsi su coproduzioni per sostenere il confronto con i ben più danarosi Studios americani e che dovrà cercare un proprio stile narrativo e grafico.

Anche i nani hanno cominciato da piccoli

Boo, timido e geniale inventore, e il suo amico Zino, eroe un po’ tonto, sono i protagonisti di una notissima serie televisiva. Quando il cattivissimo Professor N. Icely ruberà la preziosa Dalamite di Gaya, i piccoli eroi, aiutati dall’irrequieta principessina Alanta e dai cattivi Snurk, saranno costretti a confrontarsi con il mondo reale, in cui nulla è già scritto… [sinossi]

Gaya/Nel magico mondo di Gaya può essere tranquillamente considerato il primo vero lungometraggio d’animazione in computer grafica prodotto in Europa. Vero nel senso che possiede alcune caratteristiche che lo possono rendere quantomeno competitivo sul mercato internazionale, al contrario di precedenti pellicole di discutibile valore come l’italico L’apetta Giulia e la Signora Vita di Paolo Modugno e l’ispanico La foresta magica di Angel de la Cruz e Manolo Gomez. È evidente la volontà di opporsi allo strapotere nordamericano o, quantomeno, di riuscire a ritagliarsi una sufficiente quota di mercato: ecco allora questa coproduzione europea – Ambient Entertainment (Germania), Recorded Picture Company (Inghilterra) e Morena Filmes (Spagna) – che ha riunito un team di settantacinque animatori presso gli studi della Ambient Entertainment di Hannover.
Il progetto nasce, un po’ come in Corea del Sud, dalla crescita dei service e dal loro conseguente allargamento commerciale: apprese le metodologie produttive dagli americani e dai giapponesi, il passo successivo dipende solo dalla quantità dei finanziamenti a disposizione. Da sottolineare l’apporto di Don MacEnery e Bob Shaw, sceneggiatori di Hercules e A Bug’s Life, e del compositore Michael Kamen (Arma Letale, La carica dei 101), recentemente scomparso: nomi di fama ed esperienza internazionale, valori aggiunti che possono far dischiudere le porte del mercato statunitense e che, soprattutto, indicano la chiara volontà di rifarsi agli stilemi della Casa del Topo e della sempre più dominante Pixar.

Inevitabile aprire una parentesi sul doppiaggio italiano: come spesso accade, una delle voci – la combattiva principessina Alanta – appartiene a un noto volto della televisione. Indubbiamente molto più a suo agio in altre performance artistiche, Natalia Estrada non è una professionista del doppiaggio e nonostante i suoi sforzi e la direzione del bravo Roberto Chevalier il risultato è assai deludente. Malcostume che oramai è di moda e che promette altri probabili disastri – sarà interessante testare, per esempio, le qualità recitative di Platinette.

Il livello della computer grafica di Gaya è a suo modo promettente e apre spiragli di speranza. Il lungometraggio di Lenard Fritz Krawinkel e Holger Tappe è significativo per quello che potrebbe essere il futuro dell’animazione in computer grafica in Europa. Un’animazione che dovrà necessariamente poggiarsi su coproduzioni per sostenere il confronto con i ben più danarosi Studios americani e che dovrà cercare un proprio stile narrativo e grafico. Al di là delle non sconfortanti annotazioni tecniche, ciò che appare evidente è l’appiattimento della sceneggiatura: intenti didascalici, conditi da qualche gag, per una storiella gradevole ma troppo prevedibile e una scolastica caratterizzazione dei personaggi.
Meglio pensare al lavoro svolto sul fluido movimento dei vari Boo, Zino, Galger e sul character design (il confronto con titoli come Aida degli alberi di Guido Manuli è illuminante). Se gli ampi movimenti di macchina iniziali hanno un retrogusto da cartolina, alcune sequenze sono gustose: simpatiche e riuscite la breve scena animata con semplici linee, quasi a omaggiare l’inimitabile Linea di Cavandoli, e l’arrivo dei piccoli eroi di Gaya nel mondo reale, una via di mezzo tra l’atterraggio di Terminator e dello strampalato Howard e il destino del mondo.

In sostanza, Gaya è sorretto da un discreto livello tecnico/artistico (occhi e capelli dei personaggi, i giochi di luce, le sequenze in movimento, i colori), a servizio di una favoletta edificante ma poco adatta a un pubblico adulto o a un fanciullo smaliziato.

Info
Il trailer originale di Gaya.
  • Gaya-2004-Lenard-Krawinkel-Holger-Tappe-01.jpg
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