Mustang

Mustang, esordio alla regia di Deniz Gamze Ergüven candidato all’Oscar per la Francia, è un film corale sull’adolescenza femminile in Turchia non esente da difetti, ma vitale e interessante. In Alice nella città e in sala dal 29 ottobre.

Piccole donne evadono

Siamo all’inizio dell’estate. In un remoto villaggio turco Lale e le sue quattro sorelle scatenano uno scandalo dalle conseguenze inattese per essersi messe a giocare con dei ragazzini tornando da scuola. La casa in cui vivono con la famiglia si trasforma un po’ alla volta in una prigione, i corsi di economia domestica prendono il posto della scuola e per loro cominciano ad essere combinati i matrimoni. Le cinque sorelle, animate dallo stesso desiderio di libertà, si sottrarranno alle costrizioni loro imposte. [sinossi]

Il dato più interessante su cui vale la pena soffermarsi dopo la visione di Mustang, non riguarda il valore estetico del film, né la sua riuscita generale per quel che concerne lo script o la direzione degli attori. Lo scorso 22 settembre la commissione che aveva il compito di scegliere il candidato francese per la corsa all’Oscar per il Miglior Film Straniero, e che era composta da Nathalie Baye, Thierry Frémaux, Michel Hazanavicius, Mélanie Laurent, Jean-Paul Salomé, Alain Terzian e Serge Toubiana, ha emesso il verdetto: l’esordio alla regia di Deniz Gamze Ergüven avrà l’onore e l’onere di rappresentare la Francia. Mustang è stato dunque preferito agli altri quattro candidati, La belle saison di Catherine Corsini, Marguerite di Xavier Giannoli, La loi du marché di Stéphane Brizé e Dheepan, il film di Jacques Audiard fresco vincitore del Festival di Cannes. A Cannes c’era anche Mustang, inserito però nel palinsesto della Quinzaine des réalisateurs. Il punto dirimente è che non solo la Ergüven è una giovane regista turca di Ankara, ma il film stesso è ambientato in Turchia, parlato in turco e in tutto e per tutto centrato sulla questione culturale nazionale. La Francia partecipa da un punto di vista economico, ovviamente, come sempre più stesso capita – la maggior parte dei titoli in concorso per la vittoria della Palma d’Oro avevano una compartecipazione produttiva d’Oltralpe – e con la presenza come co-seneggiatrice della parigina Alice Winocour.
L’impressione che si era percepita già durante l’ultima giostra sulla Croisette, quella di una Francia sempre più tesa verso la conquista di capitali all’estero e un superamento non solo artistico (anzi) dei confini, trova in questa scelta una sua naturale evoluzione.

Non che Mustang non rappresenti un esordio da tenere in considerazione, sia chiaro. L’Ergüven è una regista promettente, in grado di cogliere con una forza a tratti inaspettata le pieghe più oscure della crescita, dell’adolescenza e del “diventare donna”, soprattutto in una nazione come la Turchia, e le sue giovani protagoniste rapiscono in fretta lo sguardo dello spettatore, che si fa inevitabilmente complice dei loro turbamenti della loro rabbia. Ma di fronte a un’annata che ha regalato alla Francia uno dei film più ispirati della carriera di Arnaud Desplechin (Trois souvenirs de ma jeunesse, anch’esso alla Quinzaine lo scorso maggio), viene naturale chiedersi se questa scelta non sia dettata solo da un posizionamento geopolitico ed economico nello scacchiere produttivo internazionale.

Al di là della vitale presenza scenica delle fanciulle, tutte belle, intelligenti e aggraziate, Mustang non si allontana mai da uno schema narrativo piuttosto abusato, e all’interno del quale la regista non sceglie mai l’opzione più rischiosa. Da questo punto di vista un raffronto diretto tra il film e l’esordio di Sofia Coppola, Il giardino delle vergini suicide, non può che essere illuminante. La ribellione sempre più netta di Lale e delle sue sorelle, ognuna alla ricerca della libertà individuale e collettiva – e ognuna con i propri metodi per raggiungerla, questa libertà – procede attraverso ostacoli di volta in volta maggiormente gravosi. In questa escalation si rintraccia l’aspetto più debole del film, che arriva a conseguenze estreme più per senso di dovere nei confronti del climax emotivo che per reale esigenza scenica. Nel forzare in modo così evidente l’impianto narrativo, Mustang finisce per disperdere parte del proprio potenziale, scivolando in alcune furbizie e strizzando con troppa facilità l’occhio allo spettatore.
Rimane, fortunatamente, il ritratto di un’adolescenza deturpata ma conscia del proprio significato e pronta a lottare per ottenere ciò che è giusto. La riottosità delle cinque ragazzine (tutte perfettamente a proprio agio di fronte alla macchina da presa) sgorga con una naturalezza insospettata, e illumina lo schermo di una forza che a volte la regia della Ergüven sopprime involontariamente con una regia troppo pulita e aggraziata. I nomi di Güneş Şensoy, Doğa Doğuşlu, Elit İşcan, Tuğba Sunguroğlu e İlayda Akdoğan meritano di essere appuntati: per loro l’adolescenza è già assai meno tarpata di quella dei personaggi che interpretano. Il futuro potrebbe essere radioso.

Info
Il trailer di Mustang.
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