Natale col boss

Natale col boss

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L’ex cinepanettone targato De Laurentiis cambia definitivamente natura per trasformarsi in film ‘carino’ e forse non più mainstream: Natale col boss è una commedia poliziesca quasi citazionista che guarda anche a Song’e Napule dei Manetti.

Song’de Laurentiis

Alex e Dino sono due affermati chirurghi plastici abituati a ritoccare i volti dei loro pazienti. Un giorno vengono sequestrati per cambiare i connotati di un pericoloso boss. [sinossi]

Sono molto curiose le similitudini tra il nuovo ex-cinepanettone targato De Laurentiis e il film di maggior successo dei Manetti Bros., Song’e Napule. In entrambi c’è Napoli al centro della scena, c’è l’elemento musicale (qui rappresentato dal redivivo Peppino Di Capri, nei panni di un boss e di se stesso) e c’è l’omaggio affettuoso-parodico al cinema poliziesco. Viene perciò da domandarsi: questo accade perché i Manetti sono diventati finalmente mainstream oppure perché il film di Natale della Filmauro non lo è più?
Forse sono parzialmente veri entrambi i termini della questione, fatto sta che, rispetto a Song’e Napule, Natale col boss non si regge sulla stessa coerenza di discorso e, anzi, imbarca sin troppi elementi perché possano stare tutti insieme in modo equilibrato.
Infatti, dopo il mezzo disastro commerciale di Un Natale stupefacente (che resta, però, qualitativamente il miglior titolo natalizio tra gli ultimi quattro sfornati dalla Filmauro), De Laurentiis ha deciso di tornare a limitare la libertà di Lillo e Greg immettendo nel cast un’altra coppia comica – composta da Francesco Mandelli e da Paolo Ruffini – che ha uguale peso sullo schermo. Accade così che Natale col boss abbia un andamento ondivago, una serie di cadute di ritmo e di tono e una trama troppo spezzettata – come non accadeva invece in Un Natale stupefacente che, infatti, con intelligenza si sviluppava praticamente in un’unica location e aveva una temporalità narrativa più concentrata.

Non che Ruffini e Mandelli non funzionino come coppia comica, anzi ad esempio è apprezzabile il trasformismo del secondo che si acconcia un po’ da Serpico de’ noantri. Ciò non toglie però che le situazioni che li vedono protagonisti siano meno scritte e meno curate di quelle che riguardano Lillo e Greg (a parte una divertente citazione di Gomorra di Matteo Garrone).
A metà dunque tra la carrellata di volti comici nostrani e la commedia poliziesca, a metà tra i film a episodi del passato e un tentativo di narrazione articolata (cui si aggiungono troppe sottotrame tra cui quella con Giulia Bevilacqua, la meno riuscita del film, dove l’attrice si esibisce in una serie di colpi da eroina action non adeguatamente supportati dalla regia), Natale col boss sbanda più volte, pur risultando a tratti abbastanza divertente, soprattutto grazie alla comicità surreale e timidamente anarchica di Lillo e Greg.

Quello che in fin dei conti resta allora l’aspetto più interessante è il segno del travestimento che attraversa il film da cima a fondo e ne rivela la natura anomala. In tal senso il la viene dato dalla chirurgia plastica in cui sono maestri i personaggi di Lillo e Greg; da qui si dipanano una serie di situazioni/gag che ruotano intorno al tema dello scambio e dell’inganno: Peppino Di Capri nei due ruoli sopracitati (in uno con la voce non sua), Mandelli che appare anche in altre vesti oltre che in quelle del poliziotto alla Serpico, la Bevilacqua nei panni di una prostituta, il commissario interpretato da Enrico Guarneri che appare in scena sotto altre sembianze e così via, con altri vari scambi tra corpi e voci che è meglio non rivelare per non rovinare sorprese. Ma l’apparente coerenza di questo scheletro finisce per essere ‘sovrascritta’ dall’insistenza a dei riferimenti cinematografici confinanti con il citazionismo, che sono il frutto di trovate d’occasione utili a portare avanti la storia e non intendono assurgere a una dimensione meta-cinematografica. Perciò il motore dell’azione del boss che si deve cambiare i connotati viene direttamente da La fuga di Delmer Daves. Ci sono poi Lillo e Greg che si esibiscono ad un certo punto nelle imitazioni l’uno del De Niro di Taxi Driver l’altro nel Brando de Il padrino. E, ancora, c’è un’apparizione di Gianfelice Imparato che fa un piccolo ruolo per sottolineare nuovamente il riferimento a Gomorra, mentre persino il debito nei confronti di Song’e Napule viene esplicitamente dichiarato un paio di volte, sia con il cameo di Antonio Pennarella (che faceva il personaggio di Sanguinella nel film dei Manetti), sia con un’inquadratura dall’alto con tanto d’inseguimento automobilistico.
Ovvio, il cinema comico deve per sua natura trarre nutrimento dal cinema ‘serio’, ma allo stesso tempo – sempre che non si tratti di un collettaneo parodico all’americana come Scary Movie – c’è un limite che forse non andrebbe oltrepassato. A quel punto si entra in una dimensione altra che è – pericolo! – quella della cinefilia, che non è mai mainstream e che non è certo il pane di De Laurentiis.
Ecco che allora la natura del prodotto natalizio Filmauro è definitivamente mutata. Potrà puntare con queste caratteristiche almeno al podio degli incassi natalizi? I rivali sono tanti, a partire da Star Wars e dalla vecchia e solida ricetta Neri Parenti-De Sica.

Info
Il trailer di Natale col boss su Youtube.
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