Madame Luna

Madame Luna

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Presentato al 70° Taormina Film Festival, nella sezione Focus Mediterraneo, Madame Luna è la nuova opera del regista svedese Daniel Espinosa, che affonda impietosamente lo sguardo sul mondo degli immigrati, dei centri di prima accoglienza e in generale su cosa succede a chi sbarca in Italia. Un film spigoloso che rifiuta i facili manicheismi e per questo facilmente fraintendibile.

Il carico residuale

Almaz è una donna eritrea, spietata trafficante di esseri umani, nota con il nome di Madame Luna. Quando il regime in Libia cade, è costretta a fuggire e intraprendere anche lei il pericoloso viaggio attraverso il Mediterraneo, confondendosi tra i migranti. Sbarcata in Italia, inizia dopo poco a collaborare con un’organizzazione criminale che specula illegalmente sul sistema dell’accoglienza. La scalata verso il potere sembra compiuta ma, l’incontro con la giovane Eli, la costringerà a fare i conti con le ombre del suo passato, per scegliere, ancora una volta, da che parte stare. [sinossi]

Il mondo dei migranti clandestini, di coloro che rischiano la vita attraversando il mare con imbarcazioni di fortuna, con la speranza di un futuro migliore in Europa, rappresenta un tema all’ordine del giorno. A occuparsene è ora il film Madame Luna, presentato al Taormina Film Festival 2024, nella sezione Focus Mediterraneo. Ne è autore Daniel Espinosa, regista svedese di origine cilena che torna a fare un film europeo, dopo le esperienze hollywoodiane del fantascientifico Life – Non oltrepassare il limite e del film Marvel Morbius. Espinosa si affida alla sceneggiatrice Suha Arraf, rifugiata palestinese, nota per Il giardino di limoni – Lemon Tree e La sposa siriana, e allo sceneggiatore e scrittore Maurizio Braucci, che vanta tanta esperienza in opere di realismo sociale, come Gomorra o La paranza dei bambini, per raccontare una storia immersa nel mondo dei migranti, dei centri di prima accoglienza e del loro destino, spesso come braccianti che raccolgono, in questo caso, olive. Un tema molto caldo nel dibattito politico che spesso, per coprire la propria incapacità a gestire il fenomeno, scarica tutte le responsabilità sui cosiddetti scafisti. Ma chi sono davvero questi soggetti? Boss criminali che gestiscono una fruttuosa attività illecita o bassa manovalanza a sua volta sfruttata? La figura di Madame Luna, nome d’arte di Almaz, una donna eritrea, del film è proprio uno di questi soggetti, che il regista vuole indagare in una più generale riflessione sul bene e il male.

Fino a un certo punto il film sembra cadere in tanti stereotipi, come in una carrellata di casi che vengono esposti al centro di prima accoglienza. C’è chi, per esempio, è disperato per la perdita del proprio bambino piccolo, e inveisce contro quegli scafisti che lo avevano garantito rispetto alle sicurezza di quella rotta marina. La situazione è ovviamente verosimile ma accende i riflettori solo su una parte del problema, come se la scelta di immigrazione sia solo un’opportunità o una facoltà per chi la compie, senza considerare la possibilità che i migranti affrontino il mare per disperazione, anche nella consapevolezza dei rischi estremi cui si va incontro. In questo momento il regista sa comunque rendere un senso forte di spaesamento nel centro di accoglienza grazie all’uso di macchina a mano. Madame Luna diventa più interessante e sfaccettato nel momento in cui si delinea la personalità della protagonista che dà il titolo al film, che non è facilmente classificabile nei campi del bene o del male. La sua responsabilità nel traffico clandestino dei migranti emerge gradualmente, si mescola tra i migranti stessi ed è difficile discernere dove finisca un ruolo e cominci l’altro. Spesso gli scafisti sono migranti essi stessi, come quelle prostitute immigrate costrette al mestiere che diventano esse stesse organizzatrici di nuovi racket di prostituzione. Col dipanarsi della narrazione, si evince il potere stesso della donna, contro ogni stereotipo per lei, gracile ragazza eritrea con tutta l’aria della persona indifesa. Con una telefonata in Libia è capace di avere ogni informazione su ogni migrante prigioniero nei lager libici e anche di accelerarne il processo di rilascio. Spietata è anche nel suo ruolo di reclutamento dei migranti, nei campi o nei cantieri, le loro due destinazioni possibili. E qui ancora il film non lesina in stereotipi, sulle condizioni di sfruttamento, di sottopagamento, di caporalato verso i braccianti raccoglitori di olive, che però, sappiamo, essere perfettamente realistici.

Madame Luna è lo straordinario ritratto di una donna nella sua discesa agli inferi, è un discorso sul relativismo etico, sul senso di moralità come un lusso che non si può permettere chi vive in condizioni di indigenza. E il personaggio di Madame Luna evolve nell’incontro con Eli, in cui si rispecchia, come sua versione ancora innocente. Almaz è una persona ossessionata dai fantasmi del passato, lei che in Eritrea è stata un soldato, rappresentati dal flashback ricorrente del mare pieno di cadaveri sospesi, un po’ come i flashback dei traumi di Dario Argento. Partendo dal dramma dei migranti, che arrivano in Italia e così in Europa, Daniel Espinosa lavora su condizioni umane con una prospettiva più generale e più ampia.

Info
Il trailer di Madame Luna.

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