X-Men: Conflitto finale

X-Men: Conflitto finale

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La problematica etica, innata nelle avventure dei mutanti Marvel, assume un ruolo centrale X-Men: Conflitto finale di Brett Ratner, terzo capitolo della saga.

Mutant Pride

In un futuro non molto lontano, la società dell’homo sapiens ha compiuto notevoli passi in avanti nei rapporti diplomatici con i cugini superior e ha concesso loro di essere rappresentati a Washington dal segretario agli affari mutanti Dr. Hank McCoy, alias Beast. Accade dunque che il nemico dei mutanti, ora non si identifichi più con le autorità governative, bensì con la scienza, che ha trovato una cura alla biodiversità. [sinossi]

La problematica etica, una caratteristica genetica per gli X-Men, esposti all’attenzione delle forze dell’ordine per via di poteri straordinari e imprevedibili, assume un ruolo centrale in questo terzo capitolo della serie, che dissemina dubbi e riflessioni su temi di scottante attualità, tra le pieghe di un affresco corale adorno di roboanti effetti speciali. L’accettazione di sé, il conflitto tra individualismo e corporativismo, tra la legge del dovere e quella del desiderio sono dilemmi che i mutanti recano incisi in maniera indelebile nel proprio nel DNA, e pertanto, se per i fumetti originari il tema della mutazione era connesso al terrore atomico scaturito dalla Guerra Fredda, in X-Men: Conflitto finale questo presupposto subisce un interessante aggiornamento e si apre a questioni che vanno dall’accettazione delle differenze razziali e sessuali, fino agli abusi delle scoperte della scienza. Dal momento che l’alterità è divenuta un morbo finalmente curabile, si fa largo infatti l’opzione di una integrazione coatta, e non a caso dunque, la centrale di sperimentazione del virus denominato come “la cura” è sita nel luogo simbolo della coercizione: la mitica prigione di Alcatraz.

Quindi se da un lato Magneto (Ian McKellen) prosegue la sua battaglia contro l’ormai obsoleta umanità, propugnando il dominio della nuova razza mutante, Xavier (Patrick Stewart) e i suoi sodali premono per un’integrazione pacifica, nel rispetto della legalità e dell’ordine costituito.
Come già avveniva negli episodi firmati da Bryan Singer (qui sostituito da Brett Ratner), anche in X-Men: Conflitto finale vengono presentati nuovi personaggi: dal saggio e corpulento la Bestia ad Angelo, da Juggernaut all’Uomo Multiplo e infine Jimmy, il giovane mutante che ha il dono di annullare i poteri dei suoi simili e in cui è racchiuso il segreto della cura. Mentre Storm (Halle Berry) assume un ruolo più significativo e finalmente volteggia nell’aere, Wolverine (Hugh Jackman) sembra aver abbandonato l’individualismo da outsider e si trova a compiere scelte difficili per difendere la coesione del gruppo di cui oramai è il portavoce ufficiale. Ma il personaggio più interessante di questo terzo episodio è senz’altro Phoenix (Famke Janssen): risorta dalle ceneri di Jean Grey, di cui conserva l’aspetto, la nuova mutante è dominata da istinto, desiderio e rabbia che ne accecano la razionalità e la conducono ad allearsi con Magneto.

Piuttosto trascurato risulta invece il personaggio di Cyclope (James Marsden), che esce bruscamente di scena (non ci è dato sapere esattamente come) per lasciare il conflitto dovere/desiderio negli artigli di Wolverine, paradossalmente graffiato nel corso di un fugace amplesso con la sensuale Phoenix. Come in X-Men 2, Rebecca Romijn/Mistique abbandona per alcune scene l’epidermide bluastra e squamosa di prostetica e si mostra in tutta la sua splendente cattiveria; il suo personaggio, come anche quello di Rogue (Anna Paquin), ha un ruolo centrale nel rendere manifesti i dilemmi connessi alla cura: sia essa un’imposizione o una libera scelta, conduce a situazioni irreversibili e tutt’altro che risolte.
Brett Ratner non tradisce dunque lo spirito che animava lo storico fumetto così come i precedenti episodi di Singer, e se la coralità della storia rende difficile la coesione narrativa e uno sviluppo armonioso di tutti i personaggi, tuttavia la problematica “umanità” dei mutanti garantisce un alto tasso di dramma e consente di sorvolare sugli squilibri della sceneggiatura per godersi lo spettacolo.

Le scene d’azione vantano infatti effetti speciali estremamente curati, che purtroppo in più di un’occasione perdono la loro efficacia, sviliti da un montaggio piuttosto elementare, quando non palesemente trascurato. Le acrobazie di Mistique nella stanza degli interrogatori, per esempio, sono talmente rapide da risultare vane, mentre più interessante è la battaglia nella foresta, che vede Wolverine e il nemico sfrecciare pericolosamente in volo tra gli alberi; peccato che il conflitto venga smorzato da un banale campo/controcampo. La scena del conflitto finale è naturalmente una rutilante
esplosione di computer graphic, e vede Pyro e Magneto in tandem a lanciare automobili incendiate come fossero molotov, tuttavia sorge spontaneo un dubbio: possibile che per raggiungere Alcatraz fosse necessario divellere e direzionare opportunamente il Golden Gate?
A battaglia conclusa, ha luogo poi un momento di mesto ripiegamento che sfiora il ridicolo: il lutto si abbatte sulla scuola per mutanti, mentre una carrellata passa in rassegna le lapidi e ci ricorda il numero dei caduti.
Un’interminabile sequela di sottofinali chiude il film, senza dimenticare di aprire la narrazione alle puntate successive: il conflitto pare tutt’altro che “finale” e per attendere l’ultimo colpo di scena occorre resistere fino alla fine dei titoli di coda: che nessuno si muova.

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Il trailer di X-Men: Conflitto finale.
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