Zidane, un ritratto del XXI secolo

Zidane, un ritratto del XXI secolo

di ,

23 Aprile 2005 allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid: Zidane gioca, vive, si dispera, urla, impreca, esulta, ride, mentre viene seguito in contemporanea da diciassette macchina da presa.

Zizou, una testa calda

Una partita giocata da Zidane, vista tutta attraverso il suo punto di vista… [sinossi]

Zinedine Zidane, il calcio.
Quante volte, persi nel marasma di una partita di calcio, di quelle viste comodamente a casa, non ci si accorge dei piccoli dettagli che contraddistinguono il campione, ma perché no, anche quelli di tutti gli altri giocatori? Zidane, un ritratto del XXI secolo è la risposta migliore a questo quesito, una semplice idea che, come tutte le idee semplici, finisce con l’essere geniale.
Diciassette macchine da presa che riprendono un giocatore, il giocatore pardon, in ogni attimo di una partita di campionato, più precisamente quella che vede il Real Madrid, l’ultima squadra dove Zizou ha militato, impegnato contro il Villareal, gara disputata il 23 Aprile 2005 allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid.
Diciassette macchine da presa che fissano il proprio sguardo su un uomo, innanzitutto, sulla sua carne, sulla sua fisicità, adottando quasi un approccio antropologico, ecco forse la missione dei due autori (Douglas Gordon e Philippe Parreno), per svelare un mistero lungo quanto l’uomo: cosa passa per la testa di un uomo mentre è Storia, mentre la scrive con i suoi piedi, di fronte a un pubblico, in un atto irriproducibile, almeno nella sua interezza (la partita è in quel determinato momento e in quel determinato spazio), ma certamente serializzabile, con le televisioni e le sue moviole. E del resto il film sembra quasi un’immensa moviola, che ripropone gol e inezie, assist e colpi proibiti.

Ecco, allora il sudore che scende dalla testa di Zidane, e chi abbia guardato in vita sua almeno una partita con l’astro del calcio transalpino sa quanto sudore scende da quella capoccia calva. Visto così sembra quasi frutto di una battaglia dell’antichità, e forse, romanzando un po’, il calcio sembra discendere proprio da quelle battaglie, molto più di quanto le battaglie moderne somiglino alle loro progenitrici.
Comunque, Zidane e i suoi pochi tocchi al pallone, tutti rigorosamente d’esterno, e le sue poche parole, visto che alle parole il francese ha sempre preferito i fatti, e se gli dici che ha la sorella troia non risponde per le rime ma ti piazza quella testa di cui sopra in pieno petto; comunque, dicevamo, Zinedine, uomo di poche parole, pochi gesti, non è certo quello che oggi viene chiamato un uomo che funziona sullo schermo, anzi.
Le sue sbuffate, il suo corricchiare, non correre mi raccomando, i suoi richiami ai compagni di squadra (Hey, David), il suo costringersi a ripiegare, che bestemmia!, ma con il Real di quei tempi, ma anche oggi. Non c’era da fidarsi di nessuno, e il suo ragionare non sono di certo gesti spettacolari, nell’accezione televisiva sia chiaro, ed è per questo che l’operazione compiuta da Gordon e Parreno e ancor più interessante di quello che si possa pensare a primo acchito.

Lavorare proprio su quelle immagini televisive escludendo però quasi del tutto il contesto, lasciando solamente spazio al sonoro d’ambiente, e compiendo dunque una decisa forzatura rispetto alle esigenze proprie del DNA televisivo-calcistico: e cioè, mostrare il più possibile e rimostrare l’impossibile. Zidane, invece, è l’antieroe, è il cattivo, è quello che parla poco, è un maniaco che si rimette a sistemare le zolle che saltano dal campo da gioco: eppure, Zinedine non è mai sembrato un uomo come in quest’occasione, un uomo veramente distante anni luce dal resto dello stadio/del mondo, che fa un’azione solitaria e mette un assist d’oro a un Ronaldo già grasso che non ha nemmeno bisogno di muoversi per segnare; mentre lui, Zizou, resta serio, impassibile, lontano da quel tifo madrileno, da molti considerato il peggiore d’Europa, che lo osanna. Solo un sorriso concede, quando il Real raddoppia e lui corre verso l’amico Beckham, ma l’euforia dello stadio non lo contagia: Zidane è sempre stato un giocatore diffidente, che ha sempre fatto a sportellate, come le chiama Fabio Caressa, con gli avversari, che ha sempre sorriso molto poco e che si scatena molto facilmente in campo (e anche nel film, guarda caso, finisce la partita anzitempo a causa di un rosso).

Ma che importa, è calcio non cabaret: Zidane era un giocatore di calcio in tutto e per tutto, forse uno dei pochi esemplari rimasti a calcare i campi da gioco non rapiti dal marketing, nel senso che non è divenuto personaggio grazie alla pubblicità, un personaggio all’antica in tutto e per tutto, nato forse già sconfitto nonostante le vittorie.
E forse quella camminata silenziosa che lo ha portato negli spogliatoi anzitempo durante l’ultima finale dei Mondiali di calcio non è stata il triste epilogo di un campione, ma semplicemente l’ultimo atto di un re sconfitto che, con fare dignitoso, ha ignorato totalmente la tanto agognata Coppa del Mondo che stava lì, ad aspettarlo: poteva fregarsela, come l’ultimo atto di una farsa medievale o come fa il Banfi di Scuola di ladri che la ruba a un giovane Maradona (lui è davvero l’opposto di Zidane, e infatti non si contano i film che stanno preparando sul Pibe de Oro), ma lui niente: quella storia che gli era stata scritta dal destino, lui, fiero eroe medievale, l’ha interpretata fino al sacrificio finale.
L’Italia è Campione del Mondo, ma lui la sua battaglia l’ha combattuta fino in fondo.
Zidane, il calcio come non lo vedremo più.

Info
Il trailer di Zidane, un ritratto del XXI secolo.
  • zidane-un-ritratto-del-XXI-secolo-2006-Doglas-Gordon-Philippe-Parreno-1.jpg
  • zidane-un-ritratto-del-XXI-secolo-2006-Doglas-Gordon-Philippe-Parreno-2.jpg
  • zidane-un-ritratto-del-XXI-secolo-2006-Doglas-Gordon-Philippe-Parreno-3.jpg
  • zidane-un-ritratto-del-XXI-secolo-2006-Doglas-Gordon-Philippe-Parreno-4.jpg
  • zidane-un-ritratto-del-XXI-secolo-2006-Doglas-Gordon-Philippe-Parreno-5.jpg

Articoli correlati

Array
  • Locarno 2017

    Nazidanie RecensioneNazidanie

    di , Partendo e sempre tornando alla testata sferrata da Zidane a Marco Materazzi, Nazidanie eleva il calcio e i suoi simboli a epica metafora del destino. Fuori concorso a Locarno70.