Broken

Broken

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Rufus Norris, all’esordio nel lungometraggio con Broken, descrive un microcosmo di periferia inglese, riuscendo a sviscerarne sia l’aspetto barbarico che l’insopprimibile vitalità.

L’età dell’innocenza (presto perduta)

Skunk, 11 anni, è una ragazza diabetica e piuttosto carina. Le vacanze estive sono appena iniziate e le sue giornate sono piene di semplici speranze. Poi il signor Oswald, il brutto uomo che vive di fronte, picchia Rick, il dolce ma instabile ragazzo della porta accanto, dopo che la figlia ha accusato il ragazzo di stupro. E l’innocenza di Skunk comincia a svanire velocemente e in un modo che lei non può controllare. [sinossi]

Sensazioni contrastanti si accavallano durante e dopo la visione di Broken. Nel film di Rufus Norris, pluripremiato regista teatrale qui all’esordio nel lungometraggio (dopo la positiva esperienza del corto King Bastard, prodotto dalla BBC Films), si respira un pathos genuino, sincero. Manca forse la grazia. Quella grazia nell’accostarsi alla condizione degli ultimi, alla rabbia esplosiva dei suburbs inglesi (qui l’azione viene collocata nelle periferie a nord di Londra), alle più roventi dinamiche sociali e famigliari del Regno Unito, che avevamo ravvisato ad esempio nell’ottimo Tyrannosaur di Paddy Considine, splendidamente interpretato da Peter Mullan, Olivia Colman e Eddie Marsan. Oppure nel capolavoro di Shane Meadows, This is England. Oppure, passando alla vicina Scozia, nell’irresistibile Neds ambientato dal già citato Peter Mullan in una Glasgow classista e feroce.

Quando sosteniamo che Broken, rispetto ai film appena elencati, non possiede la stessa grazia, ciò non equivale a una bocciatura ma alla constatazione che la particolare struttura drammaturgica dell’opera, sceneggiata peraltro da Mark O’Rowe adattando un romanzo di Daniel Clay, rischia a tratti una poco salutare overdose di picchi drammatici ed emotività. Vi è insomma un accumulo di situazioni melodrammatiche e potenzialmente tragiche, nel susseguirsi di eventi che condizionano la vita della giovanissima Skunk dalla stagione estiva fino all’inizio dell’anno scolastico (torrido racconto di formazione, quindi), che rischia di soffocare l’impostazione cruda e realistica del racconto. Di crudo in effetti vi è tanto, in un vicinato che sembra non beneficiare mai di sonni tranquilli: accuse di stupro, vicini violenti che mandano la gente all’ospedale con incredibile noncuranza, interventi della polizia, coppie che si sfasciano, genitori preoccupati per il destino del figlio ritardato, bullismo scolastico. Pur ballando a volte sul filo della credibilità, Rufus Norris è comunque bravissimo a gestire questo materiale narrativo incandescente, persino eccessivo, offrendo una regia estremamente vivace e dinamica (in cui gli episodi più drammatici vengono sezionati al montaggio e riproposti da differenti punti di vista) che sa inoltre valorizzare la buona vena del cast, invero eccellente. Se a interpretare la giovanissima protagonista, Skunk, è la sorprendente Eloise Laurence, intorno a lei si muovono personaggi giovani e più maturi dotati di una certa profondità e verosimiglianza, soprattutto per ciò che riguarda il versante maschile: encomiabile soprattutto l’intensità di Tim Roth nel dar vita alle preoccupazioni di Archie, l’avvocato padre di Skunk; a suo agio anche Cillian Murphy, nei panni del professorino il cui rapporto di coppia sta andando in pezzi; e tra i più credibili è impossibile non citare Rory Kinnear, assai convincente nell’impersonare il brutale vicino di casa lasciato dalla compagna e geloso delle figlie in maniera così forsennata, ossessiva, da innescare con le sue azioni quell’escalation drammaturgica dagli esiti particolarmente funesti.

L’occhio di Rufus Norris, coi limiti di cui sopra, riesce in ogni caso a sviscerare sia l’aspetto barbarico che l’insopprimibile vitalità di questo microcosmo di periferia, in cui le relazioni famigliari svolgono un ruolo predominante.

INFO
Il trailer di Broken su Youtube
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