Il ministro

Il ministro

di

Un ritratto crudele dell’Italia imprenditoriale schiava della politica. Regista e sceneggiatore, Giorgio Amato in Il ministro mette in scena i vizi ormai endemici e quasi ontologici del nostro paese, giocando però sin troppo sul film a tesi e mostrando un disprezzo quasi esasperante verso i suoi personaggi.

Povera patria

Franco Lucci è un imprenditore sull’orlo della bancarotta. La salvezza della sua società è appesa a un grosso appalto pubblico che potrebbe ottenere grazie all’intervento di un Ministro del quale è diventato amico e che ha invitato a cena. Insieme a Michele, suo socio e cognato, Franco ha organizzato la serata perfetta: oltre a pagargli una cospicua tangente, i due gli fanno trovare una ragazza disposta ad andare a letto con lui. [sinossi]

Vien quasi la voglia di rielaborare un vecchio adagio godardiano al cospetto di Il ministro, film diretto e sceneggiato da Giorgio Amato: “Non fare film politici, ma fare politicamente dei film politici”. Certo, era il Godard del Gruppo Dziga Vertov, quello più radicale e meno imitato (e sostanzialmente rimosso), però questa sua lezione suona sempre attuale. Il fare politicamente i film, infatti, vuole significare che si dovrebbe riflettere sul modo in cui si mette in scena un film politico, scardinando gli usuali meccanismi cinematografici narrativo-discorsivi. Non si pretende naturalmente di condannare il film di Giorgio Amato per non aver abbracciato il brechtismo dei primi anni Settanta, quello che aveva influenzato lo stesso Godard, ma quantomeno si imputa a Il ministro un non adeguato approccio verso la messa in scena, una mancanza di ragionamento intorno ad essa.
Raccontando il bieco servilismo di un imprenditore che prepara cena, soldi e puttane per un politico – un ministro, per l’appunto – di cui ha bisogno per un favore nell’assegnazione di un appalto, Amato si concentra così tanto sulla sua tesi – lo schifo dell’asservimento nei confronti della politica – da tralasciare tutto il resto, a partire dalla regia, molto insicura e poco brillante, per passare al montaggio (quasi completamente assente nei primi minuti, dove vi sono dialoghi estenuanti che avrebbero avuto bisogno di belle sforbiciate), fino ad arrivare alla recitazione, spesso zoppicante.

Se dunque si sceglie di non fare politicamente un film, di non fare dello straniamento brechtiano e invece si decide di lavorare esclusivamente sulla mimesi, bisogna allora ricordarsi che i caratteri che si decide di mettere in scena vanno in qualche modo anche amati, sia pur con tutti i loro difetti e i loro orrori. In Il ministro invece i personaggi che interagiscono all’interno del lussuoso appartamento di proprietà di Gianmarco Tognazzi (l’imprenditore che vuole ingraziarsi il politico) sono tutti odiosi, sono dei mostri; Amato li detesta e non fa nulla per nascondercelo. Li disprezza e li guarda dall’alto in basso, come probabilmente faremmo noi se dovesse capitare – come capita – di leggere un articolo di giornale in cui viene riportato un caso di corruzione simile a quello de Il ministro. Un articolo di giornale per l’appunto, e non un film. Un film è sempre carne viva, difetti e debolezze, ma anche fascinazione e attrazione malsana nei confronti del male, sia esso incarnato da un alieno invasore del pianeta terra, sia da un ministro che si sente dio in terra.

Invece per Amato i suoi personaggi sono pedine di una scacchiera, il cui gioco deve condurre definitivamente, e per ciascuno di loro, allo scacco matto. E allora è la struttura a dominare, è l’autore a farsi sentire con la sua voce – onnipresente e onnipotente – ed è il cinema a rimetterci. Ciò non vuol dire comunque che Il ministro non sia un film apprezzabile per quel che tenta di raccontare e non significa che in qualche sporadico caso non vi riesca pure, azzeccando alcune scene, ma allo stesso tempo non basta, perché è l’impostazione stessa a non convincere.
Come d’altronde è capitato recentemente per Le confessioni, siamo di fronte a degli esperimenti che in qualche modo sono memori del nostro cinema civile, ma che non ne sanno trarre la lezione fondamentale, che era innanzitutto di scrittura, laddove l’afflato della denuncia si sposava con una posizione anche cinematografica rispetto al mondo. E dunque, se non vogliamo arrivare all’abisso godardiano, basterebbe ricordarsi almeno di un Francesco Rosi.

Info
Il trailer di Il ministro su Youtube.
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-001.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-002.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-003.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-004.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-005.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-006.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-007.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-008.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-009.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-010.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-011.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-012.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-013.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-014.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-015.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-016.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-017.jpg
  • il-ministro-2015-giorgio-amato-018.jpg

Articoli correlati

Array
  • In sala

    Le confessioni

    di Roberto Andò con Le confessioni prova a trasferire su scala globale il paradosso di Viva la libertà, ma stavolta il gioco non riesce e il suo film finisce per somigliare più allo Youth sorrentiniano che a una utopia politica.
  • Blu-Ray

    Salvatore Giuliano

    di Tragedia di Stato, trasversali idee d'autorità e misteri senza verità. Salvatore Giuliano supera il film-inchiesta e il dato contingente per dirigersi verso universali riflessioni su storia e cinema. Prima volta in blu-ray per Cristaldi Film e CG.
  • DVD

    Le mani sulla città RecensioneLe mani sulla città

    di Per Mustang Entertainment e CG Home Video esce in dvd per la prima volta in Italia Le mani sulla città, uno dei film più acclamati e significativi di Francesco Rosi. Capolavoro del nostro cinema, tra film-inchiesta, elegante commistione di generi e tragedia nazionale.