Billy Lynn – Un giorno da eroe

Billy Lynn – Un giorno da eroe

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Affrontando il fertile tema del conflitto iracheno, Ang Lee dissemina il suo Billy Lynn – Un giorno da eroe di buone suggestioni e di sequenze pregevolmente costruite, a dispetto di una struttura diseguale e di un plot non privo di lungaggini.

What’s the matter, Billy Lynn?

Il giovane Billy Lynn, soldato di stanza in Iraq, diviene un eroe nazionale dopo una pericolosa azione di guerra, in cui ha tentato di salvare la vita a un suo superiore. Billy e i suoi commilitoni vengono rimpatriati per un breve periodo, per partecipare a un evento televisivo che culminerà, durante il Giorno del Ringraziamento, nella partecipazione a una partita di football. Ma i fantasmi del conflitto hanno minato la mente di Billy, tutt’altro che preparato ad affrontare le luci della ribalta. [sinossi]

Se il recente conflitto iracheno continua a far sentire il suo peso tematico sull’attuale cinema americano, rappresentando (anche per le propaggini che ha generato) un evento tutt’altro che pronto per essere consegnato alla storia, il sottogenere del militare tornato in patria, che cerca di riadattarsi alla vita civile, sembra essere quello più adeguato per cogliere le inquietudini e i dubbi che tuttora agitano il popolo statunitense nel suo rapportarsi all’evento bellico. Tre anni fa Clint Eastwood, nel suo discusso American Sniper, aveva dato la sua personale visione del tema, con un prodotto discutibile nelle sue basi quanto forte nel suo impatto narrativo e cinematografico; ora, ad affrontare l’argomento è un cineasta non statunitense, ma ormai da tempo inserito nei meccanismi dell’industria hollywoodiana, qui capace di adeguarsi senza grossi affanni ai dettami di una sceneggiatura ispirata al pluripremiato romanzo di Ben Fountain, È il tuo giorno, Billy Lynn! Storia, quella di Fountain, puramente di fiction, che giustappone (in un’unica giornata) le luci della ribalta di un evento televisivo alle ombre interiori di un giovane appena insignito di un riconoscimento ufficiale, per un atto di eroismo che lui stesso fatica a riconoscere come tale.

Da sempre cineasta duttile, capace di modulare la sua naturale tendenza al formalismo visivo sulle esigenze del soggetto, Ang Lee sfrutta qui le peculiarità della storia per mettere in campo un montaggio basato su tre distinti piani temporali, ad alternare le immagini del ritorno a casa del protagonista, quelle dell’evento televisivo che coinvolge lui e i suoi commilitoni, e i flashback del suo recente passato in terra irachena. Una scelta interessante, quella del regista, che decide di rischiare preferendo la frammentazione (anche, e soprattutto, quella del presente) alla più scontata struttura a flashback, unicamente funzionale alla narrazione degli eventi bellici; una scelta, forse, tesa a enfatizzare il senso di spaesamento del protagonista nel suo, momentaneo, ritorno alla vita civile. L’interessante coté visivo del film di Lee, tuttavia, e la sua aspirazione alla rappresentazione plastica, esplicita, del mondo interiore del protagonista, non trovano adeguato sostegno in una sceneggiatura che alterna buone intuizioni a evidenti cadute di tono, momenti emotivamente forti a inutili lungaggini. È proprio la frazione di storia successiva al ritorno a casa, quella in cui più si voleva evidenziare la cesura tra il contesto bellico e una quotidianità impossibile da riconquistare, a soffrire maggiormente di convenzionalità: paradigma di ciò è il personaggio della sorella del protagonista, approssimativamente scritto, e interpretato da una Kristen Stewart più monocorde del solito.

Il climax emotivo che il regista organizza a partire dall’arrivo del gruppo presso lo stadio deflagra in una notevole, iperrealistica rappresentazione del concerto finale: qui, uno spaesato protagonista sembra portare (finalmente) su di sé tutto il peso di un conflitto di cui non si riesce a intuire il senso primo, men che meno la necessità. Il problema di Billy Lynn – Un giorno da eroe sta semmai nel modo in cui la sceneggiatura giunge a questo esito, nonché alla successiva, ridondante conclusione: un percorso costellato di figurine stereotipate (il produttore cinematografico interpretato da Steve Martin, emblema di un’accennata ed effimera stigmatizzazione di Hollywood), di decontestualizzate parentesi grottesche (i “sogni” durante la conferenza stampa, in cui il protagonista immagina le risposte più sincere date dai suoi compagni), di subplot ai limiti della pacchianeria (l’embrionale love story con la giovane cheerleader, forse volutamente effimera, ma priva di un qualsiasi sguardo che ne contestualizzi e giustifichi l’inconsistenza). L’ottimo montaggio, le finezze nella rappresentazione del teatro bellico (specie nello stridente contrasto tra il filmato dell’impresa del protagonista – parziale e naturalmente “bugiardo” – e l’esplicitazione, più concreta e terrigna, del suo reale svolgimento), la notevole prova dell’esordiente Joe Alwyn (volto che saprà far parlare ancora molto di sé) non riescono a cancellare del tutto le incertezze e gli scivoloni narrativi del plot.

Cineasta capace di muoversi tra mainstream e istanze autoriali, tra un gusto estetizzante che tradisce la sua provenienza asiatica, e le esigenze della macchina produttiva hollywoodiana, Ang Lee riesce anche in questo Billy Lynn – Un giorno da eroe a infilare alcune buone suggestioni, muovendo da un tema complicato e tutt’altro che agevole da riassumere in un singolo film. Il risultato è un prodotto affascinante e diseguale, non privo di uno sguardo generosamente partecipe (benché inevitabilmente “esterno”) sulle dinamiche di un paese capace di tradire e contraddire continuamente se stesso, su una storia recente di cui si cerca di offrire una visione che superi gli stereotipi mediatici di cui tutti ci siamo cibati. Nella sua scarsa compattezza, e nella sua frequente tendenza a perdere lucidità e focus del discorso, il risultato resta comunque da non disprezzare.

Info
Il trailer di Billy Lynn – Un giorno da eroe su Youtube.
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