Pacific Rim – La Rivolta

Pacific Rim – La Rivolta

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A cinque anni di distanza dal primo capitolo, Pacific Rim – La Rivolta cerca di rilanciare una saga intrinsecamente fracassona, infarcita di computer grafica e protesa verso una non scontata scalata del box office. Del Toro resta a debita distanza, tra i produttori. Il budget è calato. L’ambizione pure.

Mechagodzilla

Il conflitto che ha coinvolto il nostro pianeta tra mostri alieni e super macchine pilotate dall’uomo e costruite per annientarli è stato solo il preludio a un nuovo devastante assalto nei confronti dell’umanità. Il ribelle Jake Pentecost, un tempo promettente pilota Jaeger e figlio dell’eroe che ha salvato il pianeta, ha abbandonato il suo addestramento per ritrovarsi coinvolto nel mondo della criminalità: quando una minaccia ancora più inarrestabile rischia di abbattersi sulle nostre città e di mettere in ginocchio l’umanità, la sorella Mako Mori – a capo di una nuova e coraggiosa generazione di piloti cresciuti all’ombra della guerra – dà a Jake un’ultima possibilità per dimostrarsi all’altezza dell’eredità lasciata dal padre… [sinossi]

Non aveva raccolto i frutti sperati Pacific Rim, amabilissimo giocattolone dal poderoso impianto visivo, un po’ zoppicante su piano narrativo. Tagliato volutamente con l’accetta, forse un po’ troppo, ma in grado di mescolare abilmente le carte di un immaginario spesso frainteso o sottostimato come quello delle serie robotiche nipponiche. I samurai d’acciaio di Gō Nagai, i kaijū di Ishirō Honda, l’evoluzione cyberpunk di Hideaki Anno e la grandeur produttiva hollywoodiana tornano quindi, in un superfluo 3D, col sequel Pacific Rim – La Rivolta, ma in tono decisamente minore. Minore nel budget, nelle ambizioni estetiche e (persino) narrative. Minore nelle prospettive future. La saga si è già spostata su altri binari, accodandosi (senza speranza) ai Transformers. Resta la suggestione di un crossover con il MonsterVerse, ovvero Godzilla, Kong: Skull Island e quel che seguirà. Vedremo.

Come spesso accade, più che di sequel si dovrebbe parlare di reboot. La continuità con l’originale è infatti legata al background del protagonista Jake Pentecost (John Boyega, meno efficace rispetto a Star Wars – Gli ultimi Jedi, Star Wars – Il risveglio della Forza e Attack the Block – Invasione aliena), che regala quantomeno un convincente incipit, ma delle idee, dello spirito e del cast di Pacific Rim resta poco. Troppo poco. I protagonisti diventano un gruppetto di ragazzi e ragazzini, con la conferma della strana coppia di scienziati Gottlieb (Burn Gorman) & Geiszler (Charlie Day) e l’aggiunta di qualche bella statuina orientale e occidentale. Se la presenza del personaggio affidato a Tian Jing ha quantomeno una ferrea logica produttiva e commerciale, e riesce a essere inserito nello script, lascia di stucco il trattamento riservato alla bella di turno, Adria Arjona, che sulla carta dovrebbe rappresentare una delle connessioni tra i due amici/rivali Pentecost e Nate Lambert (Scott Eastwood). Ma è forse proprio questo personaggio, così fastidiosamente meccanico e patinato, la cartina tornasole di una scrittura superficiale, scontata, persino svogliata – appena il ritmo accelera si aprono voragini di senso.

Torniamo all’incipit. L’eredità paterna, l’elaborazione del lutto, il rovesciamento dell’eroismo e dello spirito patriottico. E quel sottobosco di rottami, mercato nero e robot messi insieme illegalmente. Faceva ben sperare, ma dura poco, il tempo di ritrovarsi nel campo di addestramento di fronte a una serie di cliché poco oliati – si veda la contrapposizione tra Amara (Cailee Spaeny, volto e personaggio interessante) e Viktoria (Ivanna Sakhno) o l’escamotage che porta le reclute sugli jaeger.
Sul piano squisitamente spettacolare Pacific Rim – La Rivolta funziona, le sequenze di combattimento sono ben orchestrate dall’esordiente Steven S. DeKnight (con solida esperienza sul piccolo schermo: Angel, Smallville, Daredevil…) e l’imponenza degli jaeger e dei kaijū paga sempre [1]. Manca però il plusvalore estetico e drammatico deltoriano, che in Pacific Rim era impreziosito dal lavoro dell’altro Guillermo (Navarro, direttore della fotografia). L’assenza dei due cineasti messicani azzera qualsiasi afflato pittorico, normalizza scenari e sequenze action, perde di vista la grandeur dell’originale e getta al vento, sul piano emotivo/percettivo, tutto il discorso sulle dimensioni e la potenza degli jaeger e dei kaijū. I robot sembrano solo macchine, lontanissime dall’idea originale di samurai d’acciaio, di tutt’uno coi piloti, di sofferenza carne-metallo.
Tutto scivola tra le dita, a partire dall’elaborazione di un immaginario altro, che era la ragion d’essere del progetto deltoriano. DeKnight e soci hanno traslocato Pacific Rim – La Rivolta in una sorta di MarvelZone, restyling che potrebbe tornare utile per il box office, per futuri episodi, per il suddetto MonsterVerse. Tanti calcoli e poca anima. Peccato.

Note
1. Certo, in IMAX sarebbe un’altra cosa, ma è una visione riservata a una piccola fetta del pubblico italiano. Del tutto trascurabile il 3D, ma non è una novità.
Info
La pagina facebook di Pacific Rim – La Rivolta.
Il trailer italiano di Pacific Rim – La Rivolta.
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