Blinded by the Light – Travolto dalla musica

Blinded by the Light – Travolto dalla musica

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Dopo l’affresco storico de Il palazzo dei Viceré, Gurinder Chadha torna con Blinded by the Light – Travolto dalla musica a una vicenda dal taglio più piccolo, raccontando – con intelligenza e pregnanza – il coming of age di un adolescente di origini pachistane, folgorato dalla musica di Bruce Springsteen.

Sing it like Bruce

1987. Nel pieno del periodo thatcheriano, la vita è tutt’altro che rosea per Jared, sedicenne figlio di immigrati pachistani che vive nella cittadina inglese di Luton. Stretto tra il razzismo dei suoi concittadini e una famiglia tradizionalista, il giovane ha una folgorazione quando ascolta per la prima volta, grazie a un suo compagno di scuola, le canzoni di Bruce Springsteen: i testi di quell’americano che vive oltreoceano sembrano parlare proprio di lui, e della sua stessa voglia di scappare… [sinossi]

È a suo modo un film programmatico, Blinded by the Light – Travolto dalla musica, ed è difficile, anche per chi inevitabilmente – per ragioni musicali e affettive – ne resterà folgorato, negarlo. Il film di Gurinder Chadha, ispirato al libro di memorie del giornalista Sarfraz Manzoor Greetings from Bury Park, che racconta la divorante passione dell’autore per la musica di Bruce Springsteen, si rivolge direttamente (non esclusivamente, ma certo con un occhio privilegiato) proprio alla fetta di pubblico che ama la musica del rocker americano, cogliendo alla perfezione i tratti di quel rapporto così esclusivo, così personale e “intimo” malgrado il carattere di massa – e collettivo – di un rito come quello del rock, che la musica di Springsteen riesce a stabilire col fan. Chi scrive fu anch’egli accecato dalla luce a un’età molto simile a quella del protagonista del film; e certo il lavoro principale, in un pezzo come questo, è quello di limitare la voce del fan e cercare di mantenere un atteggiamento il più possibile obiettivo verso la materia trattata. Lavoro non facile, proprio perché il film di Gurinder Chadha parla all’ascoltatore di Springsteen in modo diretto e privo di mediazioni, stimolando la stessa emotività che le canzoni di Bruce contengono; ma la sua programmaticità – di cui si diceva in apertura – è per una volta qualcosa di dichiarato e onesto, e sullo schermo assolutamente funzionale.

Immergendosi nel decennio più frequentato dal cinema e dalla televisione recenti (quegli anni ’80 tanto fraintesi e mitizzati) Blinded by the Light – Travolto dalla musica mostra il coming of age di un giovane figlio di immigrati pachistani, in una cittadina scossa da un razzismo che, da strisciante che era, si fa sempre più esplicito e violento, e dai risultati di una politica thatcheriana che sta facendo tabula rasa di qualsiasi conquista sociale del passato – tanto per gli inglesi quanto per le comunità immigrate. La regista, dopo l’affresco storico (riuscito solo a metà) de Il palazzo del Viceré, torna quindi a una dimensione più piccola, al racconto della marginalità dell’immigrazione e al suo confronto con la comunità ospitante, al problema dell’identità e al dualismo tra la voglia di affermazione personale e la fedeltà alle origini. Il fatto che al centro del suo sguardo non ci sia più una famiglia indiana non ne modifica i tratti, né cambia le concretissime problematiche che il giovane protagonista si trova ad affrontare nella storia: non c’è nostalgia, nel film della Chadha, malgrado il suo carattere inevitabilmente elegiaco (più che altro verso un’idea e un sentire, quella che mantiene l’innocenza avendo già pronti gli strumenti della maturità), ma c’è al contrario una cittadina descritta dal giovane Javed come “un cesso”, una trappola da cui fuggire, coerentemente con quanto raccontano tante canzoni di Springsteen. La dolcezza della memoria si esplica qui a dispetto (e non in virtù) del degradato contesto abitato dal protagonista.

In tutto questo, la regista inserisce un’integrazione continua, mantenuta lungo tutto il corso del racconto, tra i testi springsteeniani e i principali snodi narrativi, integrazione che ha ovviamente il suo cuore nelle parti musicate ma non si limita a esse: nel film è evidenziato molto bene – e riportato costantemente alla realtà vissuta dal protagonista – il carattere cupo e a tratti disperato di un’epica musicale che solo una critica disattenta ha voluto esclusivamente “muscolare”, il carattere di un american dream che tuttavia è per sua natura runaway, ovvero sfuggente. Proprio a questo proposito, si rivela molto felice la scelta compiuta dalla Chadha per la rappresentazione della prima “folgorazione” da parte del giovane protagonista per la musica springsteeniana, vera e propria epifania in un momento di crisi: a inondare le cuffie del walkman di Javed (e il film) c’è quella Dancing in the Dark che i più i distratti continueranno a considerare solo un altro easy listening anni ’80, in realtà perfetta espressione di un’inquietudine esistenziale che trova il suo sbocco in una danza nel buio, autosufficiente eppure necessaria; oppure in una passeggiata nella tempesta, quella che minaccia di spazzare via (e forse è un bene) tutto il mondo finora conosciuto dal protagonista. E la scelta della regista, per mettere in scena questa come altre sequenze in cui l’integrazione tra immagini e musica è più forte, è perfetta pur nel suo carattere didascalico: sullo schermo scorrono sovrimpressioni e parole fluttuanti, a sottolineare una sorta di “realismo magico” che informa di sé tutto il film.

Proprio sul doppio binario realismo/fiaba vive costantemente tutto Blinded by the Light – Travolto dalla musica, con passaggi anche disinvolti tra un registro e l’altro: ne sono esempio alcune ardite – e a nostro avviso riuscitissime – sequenze musical, in cui (a differenza di quanto accade nel musical classico) la realtà viene fatta slittare solo quel tanto che basta da rendere giustificata la sequenza: a volte, in questi frangenti, la verosimiglianza viene sfidata apertamente (ne è esempio il confronto del protagonista e del suo amico, in un ristorante, con un gruppo di bulli razzisti) con la consapevolezza che la più generale credibilità della storia non può restare dipendente (e ingabbiata) da una singola scena. Perché il film della Chadha vuole fortemente mantenere l’ancoraggio con la realtà e la descrizione puntuale del periodo, cesellando tutt’intorno al protagonista uno spaccato sociale dal carattere esplosivo: sia nella rappresentazione della dura realtà di una famiglia immigrata, tra uffici di collocamento e lavori precari, sia nella rappresentazione della più generale realtà britannica del periodo, il film non fa sconti. Come nelle canzoni di Springsteen, il sogno sfugge, e quelli che lo perseguono si ritrovano spesso a terra (metaforicamente e fisicamente), a sanguinare: al termine della scena che mostra gli scontri in un corteo di estremisti di destra, a questo proposito, c’è un’immagine assolutamente esplicita, e assolutamente dirompente nel suo voler riassumere tutto un periodo – e quella che è evidentemente l’opinione della regista su di esso.

Qualcuno tirerà in ballo, ed è inevitabile, il film della regista Sognando Beckham (risalente a quasi un ventennio fa), come termine di confronto per questo Blinded by the Light – Travolto dalla musica; ma a nostro avviso il nuovo lavoro di Gurider Chadha, se paragonato al film del 2002, mostra contemporaneamente una maggior credibilità – proprio per la sua attenzione alla descrizione storica, sociale e antropologica del contesto che circonda il protagonista – e un maggior trasporto verso la materia trattata (risultato probabile, anche, della presenza dello stesso autore del libro in fase di sceneggiatura). Si può soprassedere, in questo senso, su qualche passaggio narrativo un po’ forzato (la vacanza del protagonista nel New Jersey arriva grazie a una svolta poco credibile), sul mancato approfondimento di alcuni subplot (il “mentore” sprinsgteeniano Roops l’avremmo preferito più presente) o su alcuni anacronismi, nell’uso del commento musicale diegetico, che i fans più pignoli non mancheranno di rilevare – e a cui quelli più intelligenti eviteranno di dare un peso eccessivo. L’integrazione della musica – e delle tematiche – delle canzoni di Springsteen all’interno del film mostra una naturalezza, e una sempre presente attenzione alla funzionalità narrativa, che porta all’intero lavoro un equilibrio quasi magico. Se per il fan di Bruce, dunque, il film di Gurinder Chadha è ovviamente un’esperienza irrinunciabile, per tutti gli altri è un esempio di spaccato sociale (e umano) fresco e di assoluta pregnanza, innervato dalla presenza dell’elemento musicale. Non si può volere di più.

Info
Il trailer di Blinded by the Light – Travolto dalla musica

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