Profondo

Profondo è il primo lungometraggio “in solitaria” diretto da Giuliano Giacomelli, già assistente anche di Lorenzo Bianchini. Prendendo l’abbrivio dalle suggestioni rilasciate da Moby Dick e Lo squalo il giovane regista italiano narra la storia di una solitudine, di un’ossessione e della ricerca di una liberazione. In concorso al Cinefantasy di San Paolo, in Brasile.

Com’è profondo il mare

Leonardo è un fotoreporter cinquantenne. Un uomo molto riservato, schivo verso il prossimo e ormai disilluso nei confronti della vita a causa di una serie di duri fallimenti che lo hanno profondamente segnato in modo irreversibile. Leonardo, ora, è alla ricerca di una personale redenzione. L’uomo vuole portare a termine un ultimo e importantissimo servizio, il più importante della sua carriera e della sua esistenza. Recatosi in un piccolo paesino balneare popolato quasi esclusivamente da pescatori, Leonardo si mette alla ricerca del Diavolo Rosso, un leggendario animale marino che anima il folclore locale da tantissimi anni. L’animale, reale o no, diventa per l’uomo un’autentica ossessione nonché l’ultima possibilità di riscatto nei confronti di una vita che non è mai stata vissuta fino in fondo. [sinossi]

Profondo è l’abisso in cui si cela il Diavolo Rosso, il mostro marino o supposto tale che molti pescatori dell’Adriatico a ridosso di Fano e Pesaro ammettono nell’incipit di aver visto, conosciuto. Un mostro marino temuto e rispettato, e sul quale è inutile mettersi a fare troppe domande, impelagandosi – verbo riflessivo che ha per radice, e non a caso, il greco πέλαγος, vale a dire “mare” – in questioni troppo grandi, ancestrali, quasi trascendentali.
Profondo è anche l’abisso in cui è sempre più facilmente il cinema italiano non allineato, non prono ai dettami dell’industria e in ogni caso non in grado di flirtare con l’industria stessa. In buona sostanza il cinema indipendente in Italia è oramai ridotto alla mera e disperata formula dell’autoproduzione, che diventa poi autopromozione (con tutti i limiti che ciò comporta) e quindi in ultima istanza autodistribuzione. Termine non così lontano, purtroppo, dall’autodistruzione. Anche evitando lo spiacevole gusto del sarcasmo, è impossibile non trarre una lezione amara dalla lettura del sistema italiano, una nazione in cui anche i nomi più conclamati all’estero, come ad esempio il sempiterno Lorenzo Bianchini, non hanno speranza alcuna di intercettare il pubblico, se non quello degli addetti ai lavori, spesso svogliato, e quello degli appassionati cultori del genere, troppo spesso ossessivo e ai limiti del fanatismo, con tutto ciò che comporta.

Prodondo è il primo film da regista “in solitaria” per Giuliano Giacomelli, già al lavoro a quattro mani poco meno di dieci anni fa con Lorenzo Giovenga per l’horror in odor di Pupi Avati (e di Bianchini, di cui non a caso Giacomelli fu assistente all’epoca di Oltre il guado) La progenie del diavolo, un “zero budget” non privo di ingenuità ma anche interessante nell’approccio investigativo al sovrannaturale. Ora che le strade di Giacomelli e Giovenga si sono divise – il secondo ha esordito a sua volta da solo nella commedia sui generis Daitona, premiata all’estero e uscita fugacemente anche nelle sale italiane lo scorso giugno grazie a Distribuzione Indipendente – il primo torna sulla questione della detection, allargando però il campo dell’inchiesta. Sta veramente cercando la verità su un mostro marino il fotoreporter Leonardo, uno che un tempo accumulava glorie professionali e introiti e ora fatica a convincere il suo caporedattore della bontà del suo lavoro? Certo, e in quella investigazione Profondo esaudisce i desideri narrativi e “spettacolari” dello spettatore. Ma, ed è qui la migliore intuizione di Giacomelli, la ricerca del mostro, dell’abisso, dell’orrido – nel significato naturale del termine – nasconde sempre al proprio interno la disperata e ossessiva ricerca di se stessi, dell’intimità perduta, del senso del vivere. Era così per Achab, alla caccia di Moby Dick nel capolavoro di Herman Melville, e anche per il terzetto Brody/Quint/Hooper ne Lo squalo di Steven Spielberg, per restare a due evidenti fonti di ispirazioni di Giacomelli. Ed è così perfino per il capitano Nolan de L’orca assassina di Michael Anderson, film con cui lo spleen di Profondo ha forse più punti in comune in assoluto.

Facendo del suo limite di budget un punto di forza, e di fatto raggelando l’azione pura a favore di uno scavo sempre più impietoso e doloroso del personaggio principale – affidato alle cure di un eccellente Marco Marchese, attore di straordinaria qualità che non ha ottenuto finora il successo e il riconoscimento che avrebbe meritato – Giacomelli evade dalle trappole del genere duro e puro e punta diritto verso il racconto per metafore, la descrizione di un male di vivere – interiore ed esterno a sé – che trova nella costruzione/definizione del concetto di mostruoso la propria valvola di sfogo. Ne viene fuori un racconto d’avventura di forte impatto psicologico, in cui la solitudine diventa elemento della scena e lo spazio aperto una sorta di prigione ineludibile. Il mare come rifugio e tomba, anelito di libertà che non trova condotti d’aria e resta rinchiuso nella mente, nella memoria, nell’ossessione di una verità che non potrà mai dare sollievo. La regia di Giacomelli dimostra di saper gestire lo spazio aperto, la sua illusione di potenza – illusione per l’uomo, ovviamente –, e semmai trova una maggiore difficoltà a muoversi sulla terraferma, un po’ come l’albatros di Charles Baudelaire. In effetti Profondo sembra pronipote del parnassianesimo, un po’ scapigliato un po’ maledetto, e il suo racconto possiede un lirismo ricercato, voluto, del tutto distante dalle derive cinematografiche dell’Italia di oggi.
Purtroppo il trentenne Giacomelli vive in un’Italia in cui l’alterità è vista con sospetto. Non appartenere al sistema è una debolezza, ma rifiutare anche l’agio del “genere” duro e puro, ricercando traiettorie personali, può essere il colpo definitivo. Intanto Profondo non è stato preso in considerazione da nessun festival italiano, e ha avuto a oltre un anno dalla sua realizzazione la sua prima mondiale a migliaia di chilometri da casa, ospitato nel concorso del Cinefantasy di San Paolo, in Brasile. Nemo propheta in patria, si sa. Ma è sempre difficile accettarlo.

Info
Il trailer di Profondo.

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