Kunstkamera

Kunstkamera

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Presentato nella sezione Harbour dell’IFFR 2023, Kunstkamera è un viaggio nella casa-castello-museo di Jan Švankmajer, la cui collezione di opere d’arte riflette la sua personalità artistica, surrealista e grottesca. Un viaggio tra sculture, statue, tassidermie, un mondo inanimato che idealmente prende vita, senza più bisogno della stop-motion del suo proprietario.

The Fall of the House of Švankmajer

Una serie sorprendente di dipinti, disegni, sculture, stampe, oggetti e materiali riempiono una dimora del Settecento boemo, stanza dopo stanza. Ma questo non è un museo aperto al pubblico. È la casa della celebre coppia di artisti Jan Švankmajer con la sua defunta moglie Eva, situata nel castello di Horní Staňkov nella Repubblica Ceca. [sinossi]

Un allestimento di opere d’arte, per un museo, una galleria, un’esposizione temporanea, è, o può essere, esso stesso un’opera d’arte, per la disposizione, l’estetica di pannelli e cartelli, ecc. Se pensiamo poi alle case museo, le abitazioni private di collezionisti poi lasciate alle collettività, la composizione delle opere riflette i gusti, eccentrici o meno, del proprio proprietario, la giustapposizione di quadri, magari per contrasto con un effetto di montaggio dialettico ėjzenštejniano, la composizione rispetto a mobili o altri oggetti. Così è per la collezione costruita nei decenni da Jan Švankmajer insieme alla defunta moglie Eva, artista e poetessa surrealista, collaboratrice di molte opere del marito. Il grande genio d’animazione surrealista apre ora le porte del suo castello-museo, a Horní Staňkov, in Boemia, nel film Kunstkamera, presentato nella sua versione lunga da 114′ nella sezione Harbour dell’IFFR 2023. Una prima versione ridotta, di 55′, era stata proiettata alla Summer Film School Uherské Hradiste. Se il modo in cui una collezione d’arte è organizzata rappresenta, come si diceva, un’ulteriore idea creativa, una superiore macrostruttura artistica è quella di un film che scelga come filmare quella collezione, attraverso movimenti, o meno, di macchina e l’organizzazione delle immagini al montaggio. Kunstkamera è un viaggio, un flusso, di coscienza, attraverso le raccolte della collezione dei coniugi Švankmajer. Una partitura di immagini abbinate a musiche wagneriane, senza parole, senza didascalie. Una sinfonia la cui overture è rappresentata dagli esterni del castello e dal suo ingresso.

Tutto ciò riflette quella tensione di tutto il cinema del Maestro dell’animazione ceco, tra animato e inanimato. Tante tassidermie, quindi creature una volta animate fissate in figure statuarie, fanno parte di quel gabinetto delle curiosità. E con il montaggio e i movimenti di macchina, tutti quegli oggetti feticcio si dotano di un movimento, che rimpiazza la tradizionale stop motion del regista. Il cinema, come la musica, è una forma d’arte che possiede una coordinata temporale fissata, mentre il tempo di fruizione di un quadro o una scultura è quello soggettivo dello sguardo dell’osservatore, o del suo percorso nel caso di un’architettura. Švankmajer usa tutti gli approcci possibili di interfaccia tra cinema e altre arti: quadri ripresi con o senza cornice, movimenti di macchina che attraversano gli spazi, entrano in cassetti o armadi che si aprono, movimenti stile critofilm, sui quadri o loro scomposizioni in close-up, panoramiche a schiaffo che collegano varie opere, soggettive claudicanti che rivelano il passo di un soggetto. L’apice di questa tensione alla vita, palpabile in tutta l’opera del regista, si ha con l’improvvisa e magica apertura degli occhi di una tartaruga imbalsamata, evidentemente unico ricorso, per un attimo, alla tecnica di animazione.

Švankmajer ci porta nella sua casa-museo come Sokurov ci faceva entrare nell’Ermitage in Arca russa, un Ermitage che si ibrida con una Casa Usher dell’orrore, come nella lettura che l’animatore ha fatto dell’opera di Poe nel suo corto The Fall of the House of Usher del 1982. La sua collezione rispetta fedelmente il suo straordinario immaginario visivo, surreale e grottesco, con una componente di erotismo. Kunstkamera si rifà, già dal titolo, al museo di Pietro il Grande di Russia, o a quello di Rodolfo II d’Asburgo, e quindi ai wunderkammer, i gabinetti delle curiosità. A quelle collezioni del passato dove trovavano posto oggetti naturali e opere d’arte, manufatti e feticci eterogenei, mescolati tra di loro. Ci riporta a un mondo dove ancora non si erano ancora distinti saperi e discipline, il mondo dell’alchimista e stregone Švankmajer.

Creature fantastiche, statue etniche, nature morte, minerali, conchiglie, tassidermie artistiche, chimere, opere d’arte di latta o materiali da riciclo, bottoni, sagome del teatro d’ombra indonesiano, alambicchi alchemici, bambole meccaniche, animali conservati in barattoli di formalina. E poi opere di Brueghel, Dalí, Durer, Ernst, Miró, e degli stessi coniugi Švankmajer. Significativi i dipinti dell’Arcimboldo, espressione di quella cultura del wunderkammer e artista che non può non piacere a Švankmajer, e le illustrazioni di Ulisse Aldrovandi, fondatore della museologia scientifica in epoca rinascimentale. E in tutto ciò appaiono qua e là anche oggetti della vita quotidiana del maestro, ulteriori nature morte, la tazza sporca lasciata su un tavolo, le ciabatte consunte. Švankmajer dichiara che non farà altri film dopo Kunstkamera. Dopo la sua metariflessione di Insects e il documentario su di lui Athanor: The Alchemical Furnace di Jan Danhel e Adam Olha, le stanze vuote del suo museo, destinato a diventare probabilmente un museo pubblico, testimonianza della sua ricchezza immaginifica e del suo eclettismo, dove però manca la sua figura, rappresentano il testamento del grande artista.

Info
Kunstkamera sul sito di Rotterdam 2023.

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